4°anniversario di ordinazione episcopale del vescovo Franco (22 novembre 2019

L’ambasciatore e l’amico dello sposo, sono le due figure proposte dai testi della parola di Dio appena proclamata nell’Eucaristia che celebriamo nella memoria di S. Cecilia, martire e nel giorno anniversario (il 4°) della mia ordinazione episcopale, circostanza nella quale ricordiamo anche l’ordinazione sacerdotale di don Irio Giuliani (65°), don Mario Camborata (25°), di don Davide Barazzoni e don Francesco Berluti (10°).

La figura dell’ambasciatore è evocata da S. Paolo (cfr 2Cor 5,14-20) per illustrare alla comunità di Corinto il suo ministero, condiviso con altri: “siamo ambasciatori della riconciliazione”, operata da Dio in/con Gesù Cristo. Ambasciatori, ricorda l’Apostolo, non per propria iniziativa, ma per mandato di Dio (“tutto questo viene da Dio”, il quale ha “affidato a noi la parola della riconciliazione”). E “la parola della riconciliazione”, affidata da Dio ai suoi “ambasciatori”, è Gesù, che “muore per tutti”. Una morte quella di Gesù che riconcilia gli uomini con Dio e che ricrea le persone (“se uno è in Cristo, è una nuova creatura”). Paolo può svolgere il compito di ambasciatore della riconciliazione perché lui per primo ne ha beneficiato (“l’amore di Cristo ci possiede”): proprio perché raggiunto dall’amore di Gesù, la parola di Dio che riconcilia, l’Apostolo può dar voce all’invito pressante di Dio ad accogliere il suo dono (“lasciatevi riconciliare con lui”).

Nel vangelo (cfr Gv 3,25-30) Giovanni Battista non si mostra dispiaciuto per quanto sta accadendo “dall’altra parte del Giordano”, anzi è contento (“la mia gioia è piena”), perché sta accadendo proprio quanto lui, l’amico dello sposo, desidera: che lo sposo accolga la propria sposa, sia amato da lei e la sposa sia amata dallo sposo. La conclusione di Giovanni (“lui deve crescere e io diminuire”) non maschera un disagio, ma rivela una grande serenità.

Il ruolo dell’ambasciatore e dell’amico dello sposo consente di comprendere il senso del nostro ministero, il mio, di vescovo e il vostro, di presbiteri: favorire una relazione forte, come è forte la relazione avviata e alimentata dall’amore, tra le persone e Dio Padre e Gesù suo Figlio. Noi pastori siamo chiamati ad acconsentire a Dio di realizzare il desiderio, che abita il suo cuore di Padre, di riconciliarsi con tutte le persone, un desiderio che nasce dalla sua passione per gli uomini, un amore rappresentato e offerto dalla morte di Gesù, il Figlio.

Anche noi, come l’apostolo Paolo, siamo consapevoli che all’origine del nostro ministero non sta una nostra decisione, ma il mandato del Signore, un mandato non giustificato dalle nostre abilità, ma dal suo amore, dalla sua fiducia nei nostri confronti.

Anche noi come l’apostolo Paolo siamo stati raggiunti dall’amore di Dio, siamo “posseduti” da questo amore. Ricordare questo ci consente di rendere grazie al Signore, con le stesse parole di Maria, perché “ha compiuto e continua a compiere grandi cose nella nostra vita”; ci impegna a vivere il nostro ministero come ambasciatori non di noi stessi, ma di un Altro, di quel Dio che ama le persone, che desidera colmare ogni distanza, dar vita a una relazione riconciliata dall’amore.

Anche noi, come Giovanni Battista, riconosciamo di essere amici di Gesù, come lui stesso considera i suoi discepoli («Non vi chiamo più servi… ma amici», Gv 15,15), amici che condividono il suo amore che presenta i tratti dell’amore sponsale, che non trattiene nulla per sé, nemmeno la propria vita (“muore per tutti”, scrive l’apostolo Paolo). Ricordare questo ci aiuta a vivere il nostro ministero liberi dalla tentazione, sempre in agguato, di affermare noi stessi, di legare le persone a noi, di cercare le soluzioni più gratificanti per noi, di coltivare la consapevolezza che noi siamo chiamati a essere “collaboratori” dell’amore di Gesù Cristo, lo sposo, per la sua sposa e collaboratori della gioia della sposa che si senta amata dal suo sposo («Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi», 2Cor 1,24).

In questa Eucaristia v’invito a ringraziare insieme il Signore per il dono che abbiamo ricevuto, a chiedere insieme di confermarci nel desiderio e nell’impegno di essere con il nostro ministero ambasciatori dell’amore di Dio che riconcilia e amici di lui che desidera rendere bella con il proprio amore che non si risparmia per la propria sposa.