Al Padre, “sapiente e misericordioso” abbiamo chiesto di “donarci un cuore umile e mite”. Due le ragioni della richiesta, la prima “per ascoltare la parola del suo Figlio”, la seconda “per accoglierlo e servirlo (il Figlio di Dio) come ospite nella persona dei nostri fratelli”. Le due richieste non sono estranee l’una all’altra e tanto meno possono essere messe in conflitto, perché si richiamano e si integrano a vicenda. Ce lo conferma l’episodio di Betania.
Nel racconto di Luca Marta si comporta come una donna intraprendente e generosa: ospita Gesù in casa e provvede a Lui con “molti servizi”. E’ proprio la sua generosa intraprendenza a crearle difficoltà ad amareggiarla e a indispettirla, tanto da diventare aggressiva nei confronti dell’ospite Gesù, prima con una domanda che risuona come rimprovero (“non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?”) e poi con un’intimidazione (“Dille dunque che mi aiuti”). Marta invece di godere serenamente della presenza di Gesù, un caro amico suo, di Maria e di Lazzaro, appare come una persona arrabbiata, scontrosa e sola.
Gesù aiuta Marta a ricuperare la serenità del cuore e il giusto rapporto con “i molti servizi” richiesti dal suo desiderio di ospitare Gesù nella propria casa. Fa’ questo invitando Marta ad abbandonare l’esclusivo ascolto di se stessa, del proprio disagio, delle proprie difficoltà, all’ascolto della sua parola, come sta facendo la sorella Maria, la “sola cosa di cui c’è bisogno”, che è necessaria e che non le verrà tolta, nemmeno dalle molte occupazioni domestiche.
L’invito di Gesù a Marta risulta prezioso anche per noi, perché anche noi, come Marta, spesso ci troviamo in difficoltà proprio nei molti servizi richiesti dalla cura degli altri, da quelli di casa nostra, delle nostra amicizia, della nostra comunità, dei luoghi di lavoro. Anche noi, come Marta, siamo inclini a mettere al centro noi stessi, il nostro modo di vedere le situazioni, considerare le persone, le loro esigenze, il nostro modo di darci tanto da fare per gli altri, e finiamo per rimanere vittime di quella agitazione e di quell’affanno tipici di chi vuole arrivare dappertutto, di chi si ritiene indispensabile e di chi pretende troppo da se stesso.
Mettersi in ascolto del Signore, della sua parola, come Maria (“seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola”) significa collocare Lui, non la nostra persona, al centro della nostra vita, delle nostre relazioni e di quei servizi con i quali provvediamo a costruire relazioni ospitali, serene.
Questa è l’ospitalità che Gesù ci chiede, quella di un ascolto di Lui, della sua parola, dove ci lasciamo educare da Lui, dalla sua parola, a un ascolto degli altri, del loro bisogno, a un’attenzione a ciò che si attendono da noi, desiderano realmente, che non ci faccia sentire soli e ci tolga la serenità del cuore e dei nostri servizi.