Nel racconto evangelico La 19,1-10), che è aperto e chiuso dallo stesso verbo “cercare”, Zaccheo e Gesù si cercano («Zaccheo cercava di vedere quale fosse Gesù…«Il Figlio dell’uomo è venuto infatti a cercare e a salvare ciò che era perduto»). In questo cercarsi tra Zaccheo e Gesù scorgiamo la ricerca dell’uomo da parte di Dio («Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”», Gn 3,9) e la ricerca di Dio da parte dell’uomo («Il tuo volto, Signore, io cerco», Sal 27,8). I due verbi “cercare” e “salvare” sono in parallelo e significano contemporaneamente l’azione di Dio e il bisogno dell’uomo. Ciò di cui l’uomo ha bisogno è oggetto della ricerca da parte di Dio, il quale andando incontro all’uomo, gli dona la sua stessa vita (lo salva) che è la pienezza del suo desiderio. Gesù, che in un primo momento, sembra essere l’oggetto della ricerca risulta, in realtà, essere il protagonista, tanto da far pensare alla ricerca di Zaccheo, come preceduta, suscitata e resa possibile da quella di Gesù.
La ricerca di Gesù («Il Figlio dell’uomo è venuto infatti a cercare e a salvare ciò che era perduto»). Gesù è colui che cerca e salva chi appare perduto, irrecuperabile. A chi lo contesto perché mangia con i pubblicani e i peccatori, Gesù risponde: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9, 10-13).
Anch’io come Zaccheo sono cercato dal Signore e per questo posso mettermi alla sua ricerca. La mia ricerca del Signore, il mio incontro con lui, hanno un antefatto che li rende possibili: io cerco il Signore perché lui viene a cercarmi, fissa il suo sguardo su di me, mi rivolge per primo la sua parola. Prima di essere un “cercatore” del Signore io sono un “cercato” da lui, sono “conosciuto” da lui. Cfr S. Agostino: «Io non ti cercherei, se tu non mi avessi trovato».
La mia ricerca di Gesù. Il Signore passa nella mia vita, “alza lo sguardo” su di me, sulla mia situazione, mosso dal desiderio d’incontrarmi, di stare con me perché la salvezza (la comunione liberante e pacificante con Dio) entri nella mia casa e la abiti. Gesù è colui che si pone alla mia ricerca, prende sul serio la mia ricerca, non la squalifica, la purifica, la fa maturare, offrendole il porto sicuro per l’approdo, che non è semplicemente nella linea del mio pensiero, dei miei desideri e del mio bisogno, ma che va oltre, perché si apre su Dio, il Padre che sorprende, che rivela una dimensione nuova di ciò che spero e desidero da lui.
Anche nell’incontro con il Signore Gesù resta decisivo quello che è decisivo in ogni incontro: sentirsi preceduti, interpellati con simpatia, con amore; scoprire che qualcuno s’interessa a me, mi viene a cercare.
La mia ricerca non può considerarsi conclusa perché dice la verità di me, di ogni uomo e di ogni donna; ha la durata dell’intera esistenza. Si tratta di vivere cercando il Signore. E’ una ricerca che deve far fronte a ostacoli che provengono da più parti: dalla mia persona, con la sua storia passata e attuale; dall’ambiente in cui vivo; dalla cultura che spesso fa breccia anche nella mia esistenza di credente; da una “folla” di pensieri, desideri, stati d’animo, che disturbano, aggrovigliano e bloccano la mia ricerca del Signore, il mio cammino di fede.
L’incontro con il Signore avviene nella vita, nel vissuto personale, in quell’insieme di attimi, di eventi, di incontri, di persone, di attese e speranze, cui cerco di dare significato. Ciò che decide di un incontro, quindi anche dell’incontro con Dio, con Gesù, è la possibilità che l’incontro offre di aggregare tutti i gesti della vita – le parole, i sentimenti, i desideri, le relazioni – a qualcosa di più grande, a un significato più profondo che da’ valore e gusto (senso) a quanto faccio e desidero.
L’incontro con il Signore, è possibile solo con una libertà che non rinvia, non si ritrae di fronte alle opportunità, non si lascia bloccare dalla paura, dalla folla che sta attorno a me (la mentalità, il costume) e dentro di me (il cuore), una libertà pacificata, contenta del Signore, del suo passaggio nella mia vita, dei suoi inviti.