Non tutti gli anniversari hanno la stessa risonanza nel nostro cuore. Ci sono anniversari che celebriamo con un certo distacco; altri invece che ci coinvolgono profondamente, che rinnovano la gioia o il dolore provocati dall’avvenimento ricordato.
L’anniversario che celebriamo oggi non ci lascia indifferenti, perché rinnova il dolore e lo smarrimento patiti quattro anni fa.
Diversi i luoghi dove ricordiamo le persone che hanno perso la vita in quella tragica sera; diversi anche i gesti e le parole che caratterizzano il nostro ricordo.
Ci siamo raccolti, in chiesa, nella Cattedrale della Diocesi di Fano, non per fare un dibattito né per condividere considerazioni, ma per pregare il Signore datore e custode della nostra vita.
Pregare, prima di essere un atto religioso, proprio dei credenti, è un gesto umano, proprio di ogni persona e rivelatore di tante cose.
Quando nel corso della vita ci rivolgiamo a qualcuno con un “ti prego”, è per segnalare una richiesta, di aiuto, di ascolto. Una richiesta che rivela l’impossibilità da parte nostra a provvedere da soli alla vita e, al tempo stesso, la nostra fiducia nella persona a cui chiediamo ascolto e aiuto.
Siamo qui per pregare il Signore. A condurci in questo luogo, nella casa di Dio, è il dolore, la sofferenza per la morte di persone care, un figlio, una figlia, un fratello, una sorella, una sposa, una mamma, un amico, un’amica.
La sofferenza è profonda, non solo perché non possiamo più godere della loro presenza, del loro affetto, ma anche perché siamo nell’impossibilità di riaverli tra noi, di ridonare loro la vita interrotta tragicamente.
Siamo qui per dire al Signore il nostro dolore, cha a distanza di quattro anni, resta forte, a tratti insostenibile. Siamo qui anche per richieder al Signore di custodire i nostri cari nella vita risorta, quella che Lui ha ricevuto dal Padre, dopo la propria tragica morte.
A incoraggiare la nostra richiesta è la fede in Dio, il Padre di cui Gesù ci ha parlato, un Padre che come racconta con stupore l’apostolo Paolo nella seconda lettura (cfr Ef 1,3-6. 11-12) della Messa di questa solennità che onora Maria, come la “piena di grazia”, perché beneficia in modo singolare dell’amore di Dio Padre, che ha scelto nella notte dei tempi (“prima della creazione del mondo”) di amarci per sempre, come da sempre ama Gesù, suo Figlio. Quello del Padre di Gesù e nostro è un amore che non perde la sfida con la morte. E’ stato così con la morte di Gesù, è così per Asia, per Daniele, per Benedetta, per Mattia, per Emma e per Eleonora, sarà così anche per ciascuno di noi.
La nostra fiducia in questo Dio è confortata dalla parola di Gesù, il quale ripete anche a noi che Dio suo Padre non vuol perdere nessuno dei suoi figli.
Proprio questa parola di Gesù suggerisce di fare al Padre un’altra richiesta: consolare il nostro dolore, perché sappiamo che Asia, Daniele, Benedetta, Mattia, Emma ed Eleonora sono nelle sue mani, stanno presso il Padre con Gesù, il primogenito di coloro che risorgono dai morti e con Maria, la giovane donna di Nazareth, raggiunta in modo singolare dal suo amore e che ha voluto come Madre di suo Figlio.