Le due orazioni che aprono e chiudono la celebrazione della Messa presentano la stessa richiesta, anche se formulata con espressioni diverse. Nella Colletta che apre la celebrazione abbiamo chiesto a Dio di “poter condividere la vita divina del suo Figlio che oggi ha assunto la nostra natura umana”; nella preghiera conclusiva abbiamo domandato che il Salvatore, cioè Gesù, ci “comunichi il dono della sua vita immortale”.
Questa insistente richiesta potrebbe apparirci un po’ astratta, meno concreta, urgente della pace, della giustizia, dell’amore e della gioia, che la stessa liturgia collega alla nascita del Figlio di Dio. in realtà non è così, perché la pace, la gioia, la giustizia, l’amore sono in “dotazione” al Figlio di Dio, sono vissute da lui nella forma più altra, unica, insuperabile. A Gesù questo è possibili per il legame filiale che ha con Dio Padre, un legame riconosciuto dal Padre stesso, come ci ha ricordato il testo della Lettera agli Ebrei, proclamato nella seconda lettura («A quale degli angeli Dio ha mai detto: “Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?” E ancora: “Io sarò per lui padre ed egli sarà per me Figlio?”», Eb 1,5), tanto da decidere di comunicare con noi non più tramite i profeti, ma per mezzo del Figlio («Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo», Eb 1,1-2).
Chiedere in dono la vita stessa di Gesù, il Figlio di Dio, non è una richiesta poco concreta, perché è chiedere di essere considerati, amati da Dio come figli, al pari di Gesù e perché anche noi diventiamo capaci di amare come Gesù, di sperimentare la gioia e la pace godute da Gesù e di essere a nostra volta portatori, in questi tempi così travagliati e drammatici, di quella pace, di quella giustizia che il Figlio di Dio, con la sua nascita di uomo tra gli uomini, ci offre.
Che noi possiamo godere della stessa vita filiale di Gesù, con quanto questa comporta, sta a cuore a Gesù stesso, è il dono che Lui stesso vuole fare agli uomini, come scrive l’evangelista Giovanni nel Prologo del suo vangelo: «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12.13).
Siamo disposti ad accogliere Gesù, il Figlio di Dio che è nato per noi, perché conduciamo la nostra esistenza con la consapevolezza che da Dio siamo amati come figli, con la disponibilità a lasciarci amare da Lui e a lasciarci indicare da Lui il percorso di una vita bella, buona e felice?