Omelia nella Messa di suffragio per Giovanni Paolo II (Cattedrale di Senigallia, 4 Aprile 2005)

Senigallia, 4 aprile 2005

Eccellenze, confratelli sacerdoti, gentili autorità, sorelle e fratelli carissimi!
Siamo qui riuniti per fare memoria del nostro Papa che ci ha lasciati. Lo vogliamo raccomandare al Signore; allo stesso tempo vogliamo cogliere il messaggio che ci ha trasmesso.
Ringrazio tutti voi per la vostra presenza. Ringrazio le autorità civili e militari che si uniscono al nostro cordoglio. In particolare ringrazio il Sindaco di Senigallia e i Sindaci dei Comuni nel territorio della Diocesi che sono qui a testimoniare la vicinanza e la solidarietà di tutte la comunità civili che rappresentano.

In questo giorno la Chiesa celebra la solennità dell’Annunciazione, il mistero che segna l’inizio della nostra redenzione. L’angelo del Signore fu mandato per portare l’annuncio a Maria. Dio cercava una madre per il suo figlio e la scelta cadde proprio su di lei, Maria di Nazareth. Dio aveva rivestito Maria di ogni grazia e benedizione; ora toccava a lei dare il suo libero consenso; con trepidazione, ma fidandosi completamente di Dio, Maria pronunciò il suo SI: eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me secondo la tua parola. La disponibilità di Maria ha reso possibile il fatto più straordinario di tutti i tempi: Dio è entrato nella storia, si è fatto uomo, è venuto ad abitare in mezzo a noi, è morto ed è risuscitato per noi, per la nostra salvezza.

Karol Woityla sin da ragazzo e da giovane prete è rimasto colpito e affascinato da questa figura di Maria. Per la Madre di Gesù ha nutrito una devozione tenera, filiale e profonda che ha plasmato tutta la sua vita di cristiano, sacerdote, vescovo, papa. A Maria ha voluto affidare tutto se stesso: da qui la scelta del motto episcopale “Totus tuus”. All’intercessione materna di Maria ha attribuito la grazia dello scampato pericolo nell’attentato come pure l’ispirazione, la forza, la luce per lo svolgimento del suo ministero. Sull’esempio di Maria ha voluto orientare tutta la sua vita, il suo ministero, la sua sofferenza, all’insegna della piena disponibilità alla volontà di Dio. Ha voluto fare di tutta la sua esistenza un SI continuamente rinnovato al piano di Dio.

Al termine della sua vita terrena, l’altro giorno possiamo immaginare che anche il nostro compianto Pontefice abbia ricevuto la visita di un angelo del Signore il quale gli avrà detto: vieni ed entra nella casa del Padre, nel gaudio della luce senza fine, per condividere così la gloria del Signore risorto, per ricevere il premio riservato ai servi buoni e fedeli.
Il distacco da una persona a cui si è voluto bene e che ci ha amato è doloroso e sanguinante. Ma la fede cristiana ci rassicura: ci offre la serena e fiduciosa certezza che con la morte, come recita il Prefazio della Messa dei defunti, “la vita non è tolta, ma trasformata”. Giovanni Paolo II non è morto, è vivo; accompagnato da Maria, è andato incontro al Signore per entrare nella sua casa. Non era perciò fuori luogo il canto e l’applauso che si levò dalla folla in Piazza San Pietro, soprattutto da parte dei giovani, al momento della notizia della morte del Papa. Si canta e si applaude con il cuore gonfio e le lacrime agli occhi: dolore e gioia, tristezza e serenità, ecco i sentimenti dei cristiani di fronte alla morte.

Con sincera persuasione questa sera vogliamo innalzare al Signore la nostra preghiera di ringraziamento per il dono che ci ha fatto di questo incomparabile padre e maestro nella fede, di questo instancabile apostolo del vangelo, di questo indomito difensore dell’uomo e della vita, di questo coraggioso costruttore di pace, che è stato Giovanni Paolo II.
Dal suo esempio e dal suo insegnamento vogliamo cogliere l’invito a vivere la nostra vita cristiana non accontentandoci della mediocrità, di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale, ma camminando con convinzione e con gioia sulla via della santità intesa come “misura alta della vita cristiana ordinaria” (NMI, 31).
Risuona ancora una volta, per noi e per il mondo l’appello pressante che Giovanni Paolo II ha rivolto a tutti all’inizio del suo pontificato e che è stato il leit-motiv di tutto il suo ministero: “Non abbiate paura!, Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”.
E’ aprendo il cuore a Cristo, principe della pace, la nostra stessa pace, che si avverte il bisogno e l’urgenza di adoperarsi per costruire la pace, così come lo stesso Pontefice ci ha testimoniato. Non possiamo non essergli tutti profondamente grati per il suo tenace, strenuo e costante impegno per abbattere muri e costruire ponti, per promuovere la pace tra i popoli, per dare impulso al dialogo tra le religioni. Se si aprono le porte a Cristo, allora lo si riconosce nei poveri e nei più bisognosi: questo spiega perché il nostro Papa ha dato voce a chi non ha voce, ha dato speranza a chi è senza prospettive, ha dato dignità a chi è umiliato dall’arroganza dei potenti e dalle ingiustizie sociali.
I giovani lo hanno capito e lo hanno amato. Il Papa li ha cercati, li ha amati sul serio, non li ha blanditi, è stato esigente; per loro ha avuto il suo ultimo pensiero: loro lo hanno contraccambiato e sono andati a cercare lui.
La Chiesa di Senigallia ha un motivo particolare per esprimere gratitudine al compianto Pontefice. A lui si deve la decisone di elevare agli onori degli altari, nel 1993, la religiosa vissuta a Ostra Vetere, Sr.Maria Crocifissa Satellico; nell’anno del Giubileo, ha fatto poi il dono alla nostra Senigallia e alla chiesa universale della beatificazione del nostro grande concittadino, il Papa Pio IX, beatificazione che suona riconoscimento delle sue eroiche virtù ed anche riconoscimento delle sue opere di bene, comprese quelle realizzate nella nostra città a beneficio dei più deboli e bisognosi.
Da ultimo, c’è anche un motivo mio personale per esprimere gratitudine al nostro compianto Papa. E’ stato Giovanni Paolo II a chiamarmi alla successione apostolica, nominandomi otto anni fa Vescovo di questa cara Diocesi. Il mio servizio episcopale, a cui indegnamente sono stato chiamato, è intimamente e profondamente legato a lui.

Conclusione
Mentre ci fermiamo in orante silenzio di fronte al Papa defunto vorremmo accogliere l’appello a “prendere il largo”, appello che lo stesso Giovanni Paolo II ha rivolto a tutta la Chiesa al termine del Grande Giubileo del Duemila. Duc in altum! Prendete il largo! Andiamo avanti con speranza. Il Signore non abbandona la sua Chiesa. Lui stesso ha deciso di restare per sempre con noi. E’ presente soprattutto nell’Eucaristia. Mentre innalziamo al Signore la nostra preghiera per il pastore della Chiesa che ha chiamato a sé, lo preghiamo anche di darci presto un nuovo Pastore che con bontà e sapienza sappia guidare la Chiesa in un nuovo tratto del suo cammino verso la patria del cielo. Interceda per noi tutti la Beata Vergine Maria, madre della speranza.