La terza domenica di Avvento è caratterizzata da un’insistente riferimento alla gioia. L’antifona d’ingresso della Messa ripete più volte l’invito a rallegrarsi, a gioire, (“Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”).
Nella Colletta si parla di un Dio, “Padre degli umili e dei poveri”, che “chiama tutti gli uomini a condividere la pace e la gioia del suo regno”.
Il profeta Isaia (61,1-2.10-11) riferisce di una persona che “gioisce pienamente nel Signore”, perché Dio s’interessa a lui (“mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia”). Per dire la rilevanza che questa azione di Dio ha, si ricorre a un riferimento sponsale (“come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”).
Il Magnificat, proposto come salmo responsoriale, ci mostra la gioia di Maria: si rallegra con il Signore, è contenta di Lui, perché l’ha guardata con benevolenza nella sua povertà e perché si prende cura delle persone più deboli nella storia degli uomini.
L’Apostolo Paolo nella sua Lettera ai cristiani di Tessalonica (1Ts 5,16-24) riprende l’invito dell’antifona d’ingresso: “Siate sempre lieti!”, aggiungendo che “questa è volontà di Dio”.
La vita ci dice che non si può essere felici a comando né perché qualcuno ci sollecita a esserlo; ci dice anche che non è possibile essere sempre felici. Dalla vita, inoltre, abbiamo scoperto che la felicità, la serenità dell’esistenza è assicurata più dalla presenza amica, affidabile, delle persone che da un’ampia disponibilità di beni, di cose.
La parola di Dio della domenica conferma quest’ultima lezione della vita: l’inviato del Signore di cui parla il profeta Isaia nella prima lettura “gioisce pienamente”, perché il Signore Dio si occupa di lui; l’invito di Paolo ai cristiani di Tessalonica (“siate sempre lieti”) è motivato dal fatto che il Dio della pace sta dalla loro parte, è un Dio fedele; nelle parole del vangelo (Gv 1,6-8.19-28) con cui Giovani Battista chiarisce di non essere il Messia, ma testimone di un Messia, indicato come la luce, portatore di luce.
Detto altrimenti: il Signore che attendiamo, nell’imminente Natale e nella seconda venuta e che viene ogni giorno, è portatore di gioia, è in grado di assicurarci gioia, serenità. Questo perché colui che viene a noi non è semplicemente un maestro di vita, un insigne interprete dell’esistenza umana, ma la verità della nostra esistenza, la ragione ultima, perché prima, del nostro esistere e colui che ne propizia il compimento.
La stessa orazione iniziale (Colletta) riferisce di Dio Padre che “chiama gli umili e i poveri a entrare nel suo regno di pace”. Ora, quando Dio chiama, invita, non lascia mai sola la persona, ma la accompagna (“non temere, sono con te”) perché giunga là dove è invitata; non lascia mai a metà o incompiuto ciò che inizia.
Ci stiamo avvicinando al Natale. Questi sono giorni in cui corriamo il rischio di occuparci più delle cose che fanno da contorno alla festa che di Colui che rappresenta il motivo per cui facciamo festa. Impegniamoci a dare spazio al Signore, all’ascolto della sua parola che è luce per il nostro cammino, che garantisce l’esperienza di una pace profonda e duratura, che nessuna cosa, anche quella più affascinante e seducente, è in grado di garantirci.