Funerale di don Irio Giuliani (18 dicembre 2023)

All’inizio dell’Avvento, tempo che ci prepara a “fare memoria” dell’incarnazione del Figlio di Dio, della sua venuta tra gli uomini, la liturgia non ci ha parlato del Natale, ma della nuova venuta, la seconda, di Gesù, il Signore risorto, il quale “tornerà” per “chiamarci a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli”. Da qui l’invito, più volte ripetuto, ad attendere vigilanti la sua gloriosa venuta, svolgendo quel compito assegnato da lui a ciascuno.

L’apostolo Paolo nel testo della Lettera ai Filippesi, proclamato nella prima lettura di questa liturgia funebre (3,20-21) chiarisce che per noi, discepoli di Gesù, “possedere il regno dei cieli” avrà come conseguenza che il Signore “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. E Gesù, nel vangelo (Lc 12,35-40) assicura che lui, “il padrone”, “si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a sedere e passerà a servirli”, quei servi che troverà ancora svegli, dediti al compito loro assegnato.

Le parole dell’Apostolo e quelle di Gesù consentono di comprendere perché la morte di una persona credente un tempo era considerata come il suo vero “dies natalis”, il giorno della sua vera e definitiva nascita alla vita.

Per don Irio il tempo dell’attesa del Signore che viene nella sua gloria, il tempo di una lunga esistenza, 93 anni, si è concluso. Anche il compito che il “padrone della messe” gli aveva assegnato è giunto al termine. Un ministero sacerdotale lungo 69 anni che, come scrive don Irio nel suo testamento «ho cercato di vivere con tutte le mie forze e con il cuore, pur nei tanti limiti che mi riconosco». E quando, dopo 35 anni di servizio come parroco a Monteporzio, si è ritirato presso l’ “Opera Pia Mastai”, scrive sempre nel testamento, quella «dolorosa decisione di lasciare la parrocchia per ragioni di salute l’offro al Signore». Una sofferenza che non ha inaridito il suo cuore né spento il suo zelo, se ha scritto ancora nel testamento: «Ringrazio tanto il Signore per la salute riacquistata prima del previsto e anche della gioia di servire tutte le parrocchie e i sacerdoti che me lo chiedono, senza alcuna prepotenza e in particolare all’ospedale e in soccorso ai confratelli anziani e malati».

Don Irio ci lascia l’esempio di un ministero che, anche nelle situazioni più problematiche e sofferte, ha conservato il desiderio di servire il Signore, di prestare attenzione alle persone, soprattutto a quelle maggiormente in difficoltà.

Don Irio, ora che per te si compie il tuo “dies natalis” e che prendi parte alla gioia del Signore per il tuo lungo e fedele servizio, accompagna i pastori della nostra Chiesa di Senigallia, perché il nostro ministero non si lasci svilire dalle difficoltà, personali e epocali, ma conservi lo slancio e la determinazione dei servi che attendono con fiducia la venuta del Signore risorto, per sedersi a tavola con lui e da lui ricevere in dono la vita nuova, quella che conformerà la nostra fragile persona a Gesù, il Signore risorto.