“Rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio”. Questa la richiesta rivolta a Dio all’inizio della nostra azione liturgica. Si tratta di una richiesta importante, per diverse ragioni, perché rimanda alla decisione di Dio, il quale, come scrive più volte l’apostolo Paolo, ci ha predestinati, scelti, creati “ad essere conformi all’immagine del Figlio; perché giustifica l’azione di Dio nella storia degli uomini per restituire loro la condizione originaria (“essere conformi all’immagine del Figlio”) tragicamente rifiutata, con la conseguente consegna alla morte della nostra esistenza sulla terra e del nostro futuro; spiega anche la decisione di Gesù di “patire per noi”, di “lui che non commise peccato, portare i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (cfr 1Pt 2,21-25); conferma, infine, l’intenzi0one di Dio di rinnovarci a immagine di Gesù, suo Figlio, in questa celebrazione della passione del Signore Gesù.
La parola di Dio, appena proclamata, delinea i tratti dell’immagine di Gesù: è il giusto che “giustificherà molti”, che “si addosserà le loro iniquità (cfr prima lettura, Is 52,13-53,12), che, cioè, si mette al nostro posto (quello del rifiuto, del peccato) per farci ritrovare il nostro posto originario (quello di figli, della fiducia in Dio); è il “sommo sacerdote” e il “Figlio di Dio”, solidale con gli uomini, perché “sa comprendere le nostre debolezze”, prova compassione per quelli (noi) che si trovano nella prova, per il fatto che anche lui “è stato messo alla prova” (seconda lettura, Eb 4,14-16.5,7-9); il crocifisso, al quale i soldati non spezzano le gambe, ma gli aprono il fianco (vangelo Gv 18,1-19), dal quale escono sangue (la vita donata da Gesù nel suo amore, “fino alla fine”) e acqua (la vita donata di Gesù che disseta e rigenera).
Proseguendo l’azione liturgica, chiederemo al Padre, nella Preghiera universale, che il mondo intero possa trarre beneficio dalla morte di suo Figlio, condividendo con Gesù risorto la sua preghiera d’intercessione in cielo.
Compiremo poi il gesto che rappresenta il cuore della celebrazione: l’adorazione di Gesù crocefisso, “volgeremo il nostro sguardo a colui che hanno trafitto”, come aveva anticipato un passo della Scrittura..
Tutti possiamo accostarsi al Figlio di Dio crocifisso, con le nostre debolezze, fragilità e con le prove che avviliscono la nostra esistenza; tutti possono andare da Lui che diventa per tutti il “trono della grazia”, per “ricevere la misericordia” di Dio che riscatta la nostra esistenza dal male del peccato che ci ha allontanati dal “trono della grazia” di Dio Padre.
In questo giorno noi, i discepoli di Gesù, andiamo dal Figlio di Dio crocifisso, perché ci riporti a casa, perché noi, che siamo venuti in un mondo che porta i segni del peccato di Adamo (“l’immagine dell’uomo terreno”), possiamo abitare questo mondo, trascorrere la nostra esistenza “portando l’immagine dell’uomo celeste”, quella del Figlio che sta presso “il trono della grazia”.
Il nostro è un gesto che riconosce la portata dell’amore del Signore verso di noi che non possiamo esibire titoli di merito, rivendicarlo; un gesto che dice la nostra gratitudine e la nostra fiducia nel Figlio di Dio crocifisso che ha dato la sua vita per gli uomini, pe noi, perché gli uomini, perché noi non soccombiamo al male.
La comunione al pane eucaristico, consacrato ieri, nella celebrazione della Cena del Signore ci consentirà di restare ancora più uniti a lui, che è la nostra vita, di proseguire nel rinnovamento della nostra vita, a sua immagine, come abbiamo chiesto a Dio all’inizio dell’azione liturgica.