Omelia nella Messa di ringraziamento per l’elezione di S.S.Benedetto XVI (Cattedrale di Senigallia, 22 aprile 2005)

Senigallia, 22 aprile 2005

La scomparsa del Santo Padre Giovanni Paolo II ha lasciato nella Chiesa e nel mondo un profondo senso di vuoto e di rammarico. Le manifestazioni che si sono avute in occasione dei suoi funerali hanno rivelato quanto grande fosse l’affetto, la stima, il rispetto per questo grande Papa, che la folla vorrebbe fosse proclamato “Santo subito”. Veramente la morte di Giovanni Paolo II ha radunato intorno a sé il popolo cristiano e ha fatto sentire più unita la famiglia umana.

Per qualche giorno ci siamo sentiti come orfani. Ma il Signore non ha abbandonato la sua Chiesa. Del resto, come poteva farlo se la Chiesa è il suo stesso corpo? Fedele alla sua promessa “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), ci ha donato un nuovo Pastore e Padre nella persona del Cardinale Joseph Ratzinger, che ha preso il nome di Benedetto XVI.
Noi siamo qui radunati stasera per rendere grazie al Signore per questo suo immenso dono.

In realtà la Chiesa e il mondo hanno bisogno del Papa. In che cosa consiste la missione di colui che S.Caterina da Siena chiama “il dolce Cristo in terra”, quali sono le radici profonde dell’ufficio petrino? Il Vangelo di Matteo 16 che è stato or ora proclamato è illuminante. Alla domanda di Gesù sulla sua identità – chi dite che io sia? – Simone Pietro, superando le risposte semplicemente umane e differenziate che provenivano dalla gente, dichiara “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). E’ la sbalorditiva professione di fede che riconosce in Gesù il Messia atteso da secoli, il Figlio naturale di Dio.
Gesù apprezza la professione di fede di Pietro, professione che poteva venire soltanto da una superiore ispirazione e rivelazione, e in forza di tale fede affida a Pietro un compito essenziale nella sua Chiesa: “Tu sei pietra e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Gesù intendeva edificare la sua Chiesa, che è come la Casa di Dio, su un fondamento solido, roccioso, proprio come quella roccia su cui ogni costruzione diventa resistente ad ogni tempesta.
Pietro è perciò costituito pietra, roccia, baluardo e garanzia dell’unità della Chiesa di Cristo, fondamento della “casa di Dio”. Tutto questo è Pietro in virtù della sua fede.
Il compito essenziale di Pietro e perciò la missione fondamentale del Papa, di ogni Papa, è inerente alla fede: consiste nel confermare i fratelli nella fede. Il Papa, successore di Pietro, unitamente ai Vescovi, successori degli apostoli, è colui che promuove, difende, garantisce la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio per noi morto e risuscitato, il salvatore dell’uomo.
Il Card. Ratzinger, ora Benedetto XVI, già alla vigilia della sua elezione al soglio pontificio, aveva chiara consapevolezza di questa missione, che ora diventa l’obiettivo essenziale, la priorità più urgente, del suo pontificato: aiutare i fratelli ad avere fede e, anzi, ad acquisire una fede adulta, una fede cioè che non segue le onde della moda e delle ultime novità, ma è profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. Una fede che non si lascia contagiare dal relativismo, e cioè non si lascia portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”. Una fede matura che consiste nel coniugare la verità e la carità, verità e carità che coincidono e si identificano con la persona di Cristo.
Benedetto XVI è stato strettissimo collaboratore e sincero amico di Giovanni Paolo II. Nessuna meraviglia che, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo e nel segno della continuità, i Cardinali abbiano eletto proprio lui, Joseph Ratzinger, alla guida della barca di Pietro. Benedetto XVI si sente incoraggiato da Giovanni Paolo II a non avere paura e a continuare con coraggio il cammino da lui intrapreso.
All’inizio del suo pontificato, come egli stesso ha dichiarato, il Papa Benedetto XVI assume l’impegno di considerare il Concilio come “bussola” con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio. Egli considera altresì suo impellente dovere lavorare senza risparmio di energie per la promozione dell’ecumenismo e cioè per il raggiungimento dell’unità di tutti i cristiani. Egli è ugualmente e pienamente determinato a coltivare, sulla scia dei suoi predecessori, ogni opportuna iniziativa per promuovere il dialogo tra le religioni e le civiltà, per contribuire alla costruzione della pace, per cooperare ad un autentico sviluppo sociale che sia rispettoso della dignità di ogni essere umano. Raccogliendo l’eredità di Giovanni Paolo II, il nuovo Pontefice intende continuare a rivolgersi in particolare ai giovani, dialogando con loro, ascoltando le loro attese e aiutandoli a incontrare il Cristo vivente, Colui che solo può dare un senso compiuto alla vita.

Un compito immane, una responsabilità enorme quella che è posta sulle spalle del Successore di Pietro. Per questo motivo noi vogliamo esprimergli filiale devozione e affetto. Soprattutto vogliamo assicurargli la nostra costante preghiera perché il Signore lo sorregga nel suo non facile ministero.
Abbiamo sentito nella prima lettura che durante la persecuzione di Erode Pietro fu fatto arrestare e mentre si trovava in carcere “una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui”. Anche oggi siamo chiamati a pregare costantemente per il Successore di Pietro perché sia libero dai condizionamenti dei potentati di questo mondo, non si senta imprigionato dalle critiche corrosive, dagli schemi ideologici o dalle etichette in cui altri vorrebbero rinchiuderlo, abbia il coraggio di proclamare con la parola e la testimonianza di vita la fede integra e cristallina del pescatore di Galilea: “Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivente”.
Il nome con il quale il nuovo Papa ha scelto di essere chiamato – nome che si collega da un lato al santo fondatore del monachesimo occidentale e patrono nonché evangelizzatore dell’Europa e dall’altro al suo predecessore Benedetto XV, il papa che dichiarò la guerra “un’inutile strage” – sia segno di benedizione per la Chiesa e l’intera famiglia umana.