XXXI domenica Tempo Ordinario (3 novembre 2024)

La richiesta a Dio, “l’unico Signore”, nella Colletta: la grazia (il dono) di un ascolto che coinvolge, impegna tutta la nostra persona (”i cuori, i sensi e le menti”). Nella preghiera si specifica anche che cosa ascoltare: “la sola parola che salva, il vangelo del Figlio”.

La richiesta è fondamentale, per varie ragioni. Anzitutto perché ascoltare non è facile, non è sempre scontato; poi perché tra le tante e diverse parole che ascoltiamo ogni giorno, non sempre siamo in grado di riconoscere nel Vangelo di Gesù “la sola parola che salva”, l’unica parola in grado di mostrare la verità sulla nostra vita, di indicare al nostro cuore, ai nostri sensi, alla nostra mente, quel percorso che ci consente di essere persone felici, in grado di costruire una vita bella, buona e felice (come promette Mosè, per conto del Signore, al popolo d’Israele nella prima Lettura, Dt 6,2-6): «Ascolta, o Israele, e bada di metterli (tutte le leggi e tutti i comandi del Signore), perché tu sia felice…».

Nel vangelo (Mc 12,28-34) Gesù, rispondendo allo scriba che lo interroga sull’essenziale della Legge che regola la vita del credente ebreo («Qual è il primo di tutti i comandamenti?»), indica due disposizioni. La prima è l’invito ad ascoltare («Ascolta, Israele!»). Ascoltare costituisce il gesto inaugurale della fede, senza il quale non si avvia alcun cammino. Di fronte al Signore la prima cosa da fare è ascoltare, lasciarlo parlare, lasciarsi guidare da Lui. Nell’ascolto quanto viene udito dalle orecchie passa nel cuore, dove, come esemplarmente fa Maria (cfr Lc 2,19.51) è custodito, meditato.

Ascoltare nel cammino della fede dice la nostra apertura piena di fiducia al Signore, alla sua parola, disponibilità a lasciar plasmare il nostro cuore, a lasciarci guidare nelle scelte della nostra vita. Una disponibilità che consente di conoscere che siamo amati, scelti da Dio, che per primo vuole attiraci a sé.

Chiediamoci se e come ascoltiamo il Signore che ci rivolge la sua parola? Proviamo a individuare gli ostacoli che in noi e attorno a noi impediscono un ascolto del Signore, della sua parola, pacato, capace di incidere profondamente sulla nostra vita, di darle la “forma” cristiana.

La seconda disposizione (“amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza…amerai il tuo prossimo come te stesso») riguarda “il comandamento più grande”, quello ciò capace di esprimere la volontà di Dio e di dare unità alla nostra esistenza di credenti. La disposizione è costituita dall’intreccio di due comandamenti, che fanno entrambi riferimento all’amore: il primo all’amore per Dio, che ha i tratti della totalità (“con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza”), il secondo all’amore per il prossimo, che ha come riferimento l’amore per se stessi (“come te stesso”).

Se il gesto inaugurale della fede è l’ascolto del Signore, il cammino della fede, che è il cammino della vita quotidiana, resta (deve restare) ispirato dall’amore per il Signore e per gli altri. Da quello che Gesù dice emerge che l’amore per Dio e per gli altri, non è un fragile sentimento, ma una disposizione che ci coinvolge totalmente e profondamente (“con tutto…come se stesso”).

Nell’unità che Gesù stabilisce tra di due comandamenti – quello dell’amore per Dio e quello dell’amore per il prossimo – l’amore per il prossimo è indicato come “secondo”, non perché subordinato all’amore per Dio come minore, ma perché l’amore per il prossimo è originato dall’amore di Dio: noi amiamo gli altri perché siamo amati a nostra volta da Dio (“In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”, 1Gv 4,10). Al tempo stesso l’amore per il prossimo certifica la verità del nostro amore per Dio, come ci ricorda l’evangelista Giovanni nella  sua prima Lettera «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello», 4,20-21).

Verifichiamo se il nostro amore per Dio e per gli altri esprime la “qualità” indicata da Gesù e proviamo a individuare dove intervenire nel nostro cammino di credenti per ricuperare alla pratica dell’amore – per Dio e per il prossimo – quanto raccomandato da Gesù.