Omelia nella solennità di San Paolino (Cattedrale di Senigallia, 4 maggio 2009)

Senigallia, 4 maggio 2009

Gentili Autorità, cari Confratelli nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle nel Signore!
La Solennità di San Paolino ritorna per alimentare la nostra fede, l’amore alla nostra Chiesa locale e il senso di responsabilità verso la comunità civile del nostro territorio.
Il nostro Patrono nella sua ricca esperienza umana e cristiana ha amato la Chiesa come pure la comunità degli uomini, ricoprendo incarichi di significativa responsabilità per il bene di entrambe: è stato un buon pastore della Chiesa, ad imitazione di Gesù che nel Vangelo di oggi si definisce come il Buon Pastore (Gv 10,11); allo stesso tempo è stato un saggio e buon amministratore della cosa pubblica, costantemente preoccupato di promuovere il bene comune.
Alla sua scuola vogliamo porci anche quest’anno per far tesoro di quanto ha da suggerirci per il bene di questo nostro territorio affidato alla sua protezione. Che cosa ha da dire San Paolino alla nostra città di Senigallia e agli altri 17 Comuni che compongono il nostro territorio diocesano?

1. Credo anzitutto che San Paolino ci chieda di confrontarci con il problema di Dio. E’ questa la questione seria per la vita di ognuno, perché nessuno può sfuggire alla domanda sul senso dell’esistenza umana. Certo tutti vorremmo che la vita non finisse mai, ma poi capita un incidente, una malattia, una calamità naturale, un terremoto come quello in Abruzzo, un lutto e ci troviamo di fronte a domande ineludibili: perché questo? e dopo? che sarà di noi? Ci diamo tanto da fare nella vita, nell’economia, nella politica, nel divertimento: qual è il senso di tutto ciò?
Questo è il momento di recuperare la fede. E’ la fede che ci garantisce di essere stati creati per l’immortalità. E’ la fede che ci rivela la nostra intangibile dignità di figli di Dio e ci fa riconoscere fratelli tra di noi. E’ la fede che ci sollecita ad assumere le nostre responsabilità verso gli altri, verso il bene comune, verso la costruzione della città dell’uomo.
La politica non deve avere paura della fede. Certo è fondamentale insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso. Lungi da noi il fondamentalismo, l’integralismo, il fanatismo religioso. Ma la giusta e positiva laicità della politica non può fare a meno dei valori, e la fede è il valore fondamentale che dà senso e luce a tutto l’agire umano.
Occorre prendere una più chiara coscienza della funzione della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso di fondo nella società.
Non è vero, come vorrebbe insinuare una certa pubblicità, che irride e ferisce il comune sentire del nostro popolo, secondo la quale “le religioni dividono, l’ateismo unisce, meno male che Dio non esiste!”. Nonostante le guerre di religione, storicamente sono le ideologie e i regimi atei quelli che hanno creato le più grandi divisioni, i più grandi massacri dell’umanità, le più grandi violazioni dei diritti dell’uomo. In Europa è la fede cristiana che ha unito popoli diversi e in lotta tra di loro. Gli Stati Uniti d’America sono nati sulla Bibbia. Nella Messa, che è il centro della vita cristiana, ci scambiamo il segno della pace per affermare appunto che la fede ci unisce, ci affratella, e ci spinge alla solidarietà verso gli altri. Ricordiamo tutti gli incontri ad Assisi, promossi da Giovanni Paolo II, dei responsabili delle più grandi religioni del mondo: uniti tutti insieme per invocare dall’unico Dio il bene supremo della pace.

2. Ad una seconda considerazione ci invita il nostro Patrono. Vediamo come nella nostra Città e nel territorio della Diocesi sta crescendo il numero di persone che provengono da altri paesi, da altre culture e da altre convinzioni religiose. Si stima che la presenza di immigrati nella nostra realtà locale sta ormai avvicinandosi intorno al 10%. E’ comprensibile come questo fenomeno possa suscitare sentimenti di incertezza, di smarrimento e forse anche di paura. Alla luce della fede dobbiamo procedere ad un serio discernimento che ci aiuti a capire che il futuro della nostra città e dei nostri paesi va costruito “insieme” e con “contro”, nella logica evangelica del bene comune. L’incontro con lo straniero non può eludere la dignità dell’altro, specie se costretto a fuggire da conflitti e da situazioni di estrema povertà. Dobbiamo fare in modo da costruire tutti insieme una città che sia “casa accogliente”, dove nessuno si senta straniero e ospite. Da un lato, noi che accogliamo, dobbiamo coltivare il dialogo e la tolleranza; dall’altro coloro che vengono da noi devono sentirsi impegnati a vivere i propri doveri di cittadinanza nel rispetto della nostra cultura, delle persone e della collettività.

3. La festa del Patrono è per me anche occasione per invitare tutti a prendere coscienza della crisi economica che sta colpendo molte persone e famiglie del nostro territorio. Preoccupa la situazione di coloro che perdono il lavoro o vivono nell’incertezza di conservarlo o trovarlo. Le categorie più colpite sono purtroppo le persone più svantaggiate: i lavoratori precari, le donne, gli immigrati.
Come Chiesa di Senigallia sentiamo di avere una parola di speranza da dire a quanti vivono in queste situazioni. A questo riguardo, attraverso la Caritas Diocesana, abbiamo costituito un “fondo di solidarietà”, dotato di risorse personali, anche del Vescovo, e di una somma derivante dall’otto per mille destinato alla carità; il fondo sarà alimentato dalla generosità di quanti vorranno dare una mano per venire incontro alle famiglie in difficoltà per motivi di lavoro.
Dobbiamo tutti sentirci solidali verso coloro che sono privi del necessario. Come Vescovo, guida spirituale del nostro popolo, sento il dovere di sollecitare e incoraggiare gli amministratori pubblici a porre ogni sforzo per farsi carico, il più direttamente possibile, delle nuove povertà che sono in campo. Non ci deve mai mancare il coraggio di mettere i poveri al centro dell’attenzione: è il Vangelo che ce lo chiede.
Peraltro questa situazione di crisi dovremmo interpretarla come un richiamo educativo per la vita di tutti. Il Signore ci chiede di ritrovare la saggezza di riscoprire il valore della sobrietà e di stili di vita più essenziali: riscopriamo il valore di una vita meno orientata su cose materiali e più attenta ai bisogni dei nostri fratelli più bisognosi.

San Paolino interceda per noi. Ci aiuti tutti a guardare al futuro con maggiore speranza. Rafforzi la nostra fede, allontani da noi le nostre paure, apra il nostro cuore alla fraternità e alla solidarietà. Ci ottenga la capacità di essere costruttori, ciascuno per la sua parte, di una comunità che sia per tutti casa bella e accogliente.
Il Santo Patrono interceda anche per il nostro Sinodo Diocesano. I cristiani della nostra Diocesi non abbiano timore nel mettersi in ascolto delle attese e delle sfide del mondo contemporaneo, dei bisogni del nostro territorio; attese, sfide e bisogni che dovranno essere interpretati alla luce della parola di Dio. Conceda alla nostra Chiesa di rinnovarsi perché sia sempre più fedele e conforme al disegno del suo Signore, tenda sempre più ad essere “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32) per poter servire l’uomo annunciandogli ciò di cui ha più bisogno: Gesù Cristo morto e risuscitato, unica speranza di salvezza che non delude.