Omelia nel pellegrinaggio a Roma per l’anno della fede (Basilica di San Paolo, 13 aprile 2013)

Roma, 13 aprile 2013

1. In occasione dell’Anno della Fede, indetto dal Papa Benedetto XVI, siamo qui convenuti dalle diverse parrocchie della nostra Diocesi di Senigallia per confessare, rafforzare e testimoniare la bellezza della nostra fede.
E’ la fede che si basa sulla testimonianza degli apostoli: essi per primi hanno conosciuto il Signore Gesù e hanno sperimentato il suo amore: sono stati in sua compagnia, lo hanno visto con i loro occhi, ascoltato con i loro orecchi, lo hanno toccato con le loro mani (cf. 1 Gv 1ss); sono stati testimoni dei miracoli da lui compiuti, soprattutto sono stati testimoni della sua morte e risurrezione. Prima di salire al cielo lo stesso Gesù ha affidato loro la missione di rendergli testimonianza, facendolo conoscere a tutto il mondo.
Gli apostoli, afferrati dall’amore di Cristo, hanno svolto questa missione con grande impegno e coraggio fino al sacrificio di sé.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura la testimonianza di Pietro (At 10,34.36-43): nel suo primo discorso a Gerusalemme egli attesta con forza che Gesù di Nazaret è stato ucciso, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e aggiunge: noi l’abbiamo visto, abbiamo mangiato e bevuto con lui. Pietro, costituito roccia su cui Gesù ha fondato la Chiesa, ha avuto l’incarico di confermare i fratelli nella fede ed ha concluso la sua testimonianza qui a Roma, pagando con il martirio la sua fedeltà al Signore.
Anche Paolo, come ci ricordava la seconda lettura (2 Cor 4,5-11), ha reso testimonianza al Crocifisso risorto. Egli è stato il più grande missionario di tutti tempi: dopo aver conosciuto l’amore del Signore che gli si è rivelato in maniera straordinaria si è convertito ed ha cominciato ad annunciare il Vangelo in ogni ambiente, attraversando città e villaggi, solcando i mari e giungendo finalmente a Roma, capitale dell’Impero. Nel suo apostolato Paolo ha attraversato numerose prove e ha fatto esperienza della propria fragilità, sentendosi come una vaso di argilla. Ma la grazia del Signore gli ha dato la forza di sopravvivere a diversi pericoli e avversità; gli ha dato la forza di affrontare anche lui, come Pietro, il martirio: è in questo stesso luogo dove siamo riuniti che si trova la sua tomba.
Pietro e Paolo, i principi degli apostoli, con la loro predicazione e con la loro testimonianza ci hanno trasmesso la fede. Noi siamo qui ora per dire che crediamo quello che loro ci hanno trasmesso: e cioè che Gesù di Nazaret è veramente morto e risuscitato e perciò lo riconosciamo come Figlio di Dio, Dio stesso insieme con il Padre e lo Spirito Santo, nostro unico Salvatore. Allo stesso tempo confessiamo di credere in tutto ciò che Gesù ci ha rivelato con le sue parole e con le sue opere..

3. Perché la fede è così importante, tanto che gli apostoli hanno dato la vita per testimoniarla e anche oggi non pochi cristiani pagano lo stesso alto prezzo per conservarla e comunicarla? A che cosa serve la fede?
La fede non è una sorta di polizza di assicurazione contro i rischi della vita, non ci mette al riparo dalle croci che inevitabilmente si presentano.
La fede è il fondamento della nostra speranza, è ciò che dà un senso alla nostra vita. Ci dice che Dio c’è, ci vuol bene fino al punto di aver sacrificato per noi il suo Figlio unigenito, non ci abbandona, ci è vicino nelle nostre difficoltà.

Ma soprattutto la fede è la porta della salvezza, è la porta che ci introduce nella vita eterna, come ci ricorda il Papa Benedetto XVI nel suo documento di indizione dell’Anno della fede (Porta fidei 1). La vita è il bene più prezioso; vita eterna vuol dire che dura per sempre, ed è bella, buona, beata. Dice infatti Gesù nel Vangelo: “chi vede il Figlio e crede in lui ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,40). Ecco a che cosa serve la fede, ecco perché vale la pena credere, ecco perché la fede è il bene più prezioso.

4. Dobbiamo ringraziare il Signore per i tanti doni che ci ha elargito, ma soprattutto dobbiamo ringraziarlo per il dono della fede. Allo stesso tempo sentiamo il bisogno di dirgli: Signore, custodisci ed aumenta la nostra fede. La fede è una grazia: dobbiamo chiedere tutti i giorni, che sia forte, coraggiosa, luce ai nostri passi, sostegno nei momenti della prova. Dobbiamo prenderci cura della nostra fede con profondo senso di responsabilità perché la fede è come una pianta viva che, se non è custodita, alimentata e curata, è destinata a morire. La custodia e la maturità della fede è sempre un traguardo al quale continuamente tendere attraverso l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, l’Eucaristia e la carità fraterna, le opere di solidarietà e misericordia.

5. Peraltro, Giovanni Paolo II ci insegna che la fede cresce donandola, e solo donandola si rafforza (Redemptoris missio 2). Questo tesoro che è la fede non può essere nascosto o trattenuto solo per sé: siamo chiamati a condividerlo con gli altri perché anche agli altri possano partecipare alla nostra gioia. E non dimentichiamo che trasmettere la fede è l’atto di carità più grande che possiamo fare ai nostri fratelli. La fede ci spinge ad uscire continuamente da noi stessi, dallo stesso recinto delle nostre case, delle nostre parrocchie, dei nostri gruppi ecclesiali per andare incontro al mondo che ci circonda e che attende l’annuncio del Vangelo, una parola di speranza, una luce che indichi il cammino per una vita buona e bella. In particolare ci sono le nuove generazioni e la folla dei bisognosi, vittime dell’attuale crisi che pervade ogni ambiente, che attendono la nostra testimonianza di fede e di amore per dare un senso alla vita.

L’apostolo Paolo, presso la cui tomba siamo qui radunati, e l’apostolo Pietro, il cui sepolcro avremo modo di visitare più tardi, come pure i cristiani primi martiri, che visiteremo nelle catacombe, ci spronano ad avere coraggio nel testimoniare la fede. Intercedano per noi: ci ottengano la forza di essere cristiani convinti, cristiani che non si vergognano del Vangelo, cristiani che mentre ringraziano il Signore per il dono della fede si sforzano di viverlo con coerenza per poterlo comunicare, con gioia ed entusiasmo, agli altri.
O Maria, donna beata perché hai creduto, modello e madre dei credenti, insegnaci a credere e ad amare come te. Benedici le nostre famiglie: i piccoli, i giovani, gli anziani, gli ammalati, i bisognosi. Benedici la nostra Chiesa diocesana e benedici anche me che oggi stesso ricordo il 16° anniversario del mio ingresso a Senigallia per dare inizio al ministero episcopale a cui sono stato chiamato. Così sia.