II domenica di Quaresima. Pellegrinaggio giubilare alla Cattedrale delle parrocchie di Arcevia, Barbara, Ostra Vetere e Serra de Conti

In questa II domenica di Quaresima ci viene rivolto un duplice invito, il primo da parte dell’apostolo Paolo, il secondo da parte di Dio, il Padre di Gesù.

L’invito dell’apostolo (“rimanete saldi nel Signore”) giunge al termine di un confronto tra due tipi di persone: “i nemici della croce di Cristo” e coloro che “hanno cittadinanza nei cieli”. A qualificare queste persone sono

  • il loro comportamento: i primi “non pensano che alle cose della terra”, i secondi “aspettano come Salvatore il Signore Gesù”;
  • la loro destinazione futura: per i primi la perdizione, per i secondi la trasfigurazione della propria persona a immagine del Signore risorto.

A sostegno dell’invito Paolo rivela la sua intensa sofferenza (“con le lacrime agli occhi”) per il comportamento di “molti” cristiani di Filippi: “Si comportano da nemici della croce di Cristo”, perché “non pensano che alle cose della terra”. Queste persone sono servitori di se stesse, prigionieri dei propri interessi e delle proprie ambizioni, ispirati da progetti effimeri, perché l’orizzonte del loro investimento è quello terreno. Tragica la loro sorte: pensare esclusivamente alle cose delle terra li conduce alla perdizione (“la perdizione sarà la loro fine”), perché le cose della terra si rivelano precarie, non all’altezza di quanto il nostro cuore cerca. Queste persone si perdono, perché smarriscono il senso di se stessi (si sfigurano),  delle cose, della vita.

L’invito dell’Apostolo ci ricorda che la condizione del cristiano è definita dal rapporto con il Signore Gesù: il cristiano è una persona che vive la propria esistenza nel/con il Signore. L’approdo di questa relazione con il Signore Gesù è la “trasfigurazione” della nostra fragile persona (“il nostro misero corpo”) secondo l’immagine di Gesù (“conformarlo al suo corpo glorioso”). Una trasfigurazione che ci fa assumere i tratti di Gesù, della sua esistenza, del suo modo di ascoltare il Padre, di pregarlo, di cercare la sua volontà, di trattare le persone, di prendersi cura di loro, di dare fiducia e di offrire loro il perdono. Una trasfigurazione che si distende per tutto il tempo della nostra vita e che avrà pieno compimento quando Lui ci assocerà pienamente e definitivamente alla sua condizione di Risorto («E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore», 2Cor 3,18).

L’invito del Padre: («Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!», Lc 9,35) è rivolto ai tre discepoli, portati da Gesù su quel monte, dopo che aveva registrato la reazione negativa dei discepoli all’annuncio della sua morte. Il senso dell’invito: quel Gesù che ha deciso di andare a Gerusalemme, di offrire la propria vita, è mio Figlio e io condivido la sua decisione. Non abbiate paura a condividere anche voi questa decisione, a seguirlo sulla strada verso Gerusalemme. L’invito raggiunge i discepoli proprio mentre questi tentano di bloccare il cammino di Gesù («Maestro, è bello per noi stare qui»).

Il cammino quaresimale alla luce del duplice invito, di Paolo e del Padre di Gesù, si presenta come cammino di trasfigurazione della nostra persona e della nostra vita, passaggio da un’esistenza “sfigurata”, a un’esistenza “trasfigurata” (questo è il senso della conversione), un cammino in cui ci si lascia trasfigurare nella immagine che costituisce la nostra originaria e autentica identità, quella di Gesù, il Figlio, perché prima ancora che il mondo esistesse e noi venissimo alla luce, Dio Padre “ci ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29), quel Figlio che nel brano evangelico di questa domenica quaresimale ci invita ad ascoltare (Lc 9,28-36).

Gesù “si trasfigura” mentre prega («Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante»). Anche noi veniamo trasfigurati nella preghiera: «Senza un continuo pregare la nostra vita è sfigurata» (J. Corbon, La gioia del Padre). La preghiera, in particolare la preghiera di ascolto (“ascoltatelo!”) è esperienza di “trasfigurazione” del cuore e dello sguardo.

Ascoltare Gesù: lasciare a lui l’iniziativa di dare il nome giusto alle cose, di indicare la direzione per una realizzazione non deludente dei nostri desideri, di smascherare le nostre connivenze con il male, di fare luce sulle zone d’ombra del nostro cuore e della nostra esistenza. Per questo abbiamo chiesto a Dio “un cuore docile”, che ci consenta “seguire come discepoli il Cristo suo Figlio”.

Questo ascolto lo vogliamo vivere con la stessa fede con cui Abramo ha creduto alla promessa di Dio, di una discendenza numerosa come le stelle del cielo, lui, che era ormai molto avanti negli anni e sua moglie Sara, sterile.

I testi della parola di Dio di questa domenica illuminano il gesto compiuto dalle comunità di Arcevia, Barbara, Ostra Vetere e Serra de Conti. Con il vostro cammino verso la Cattedrale, passando per la porta santa, avete accolto l’invito del Padre ad ascoltare suo Figlio, Gesù, la Porta che conduce alla salvezza, cioè a un’esistenza “trasfigurata”, conforme cioè all’immagine originaria – quella del Figlio – che Dio ha pensato, ancora prima della creazione del mondo, per ciascuno di noi e che Gesù stesso intende fin da ora realizzare fino al suo compimento definitivo.

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