III domenica di Quaresima. Pellegrinaggio giubilare alla Cattedrale delle parrocchie della Vicaria di Senigallia

Siamo qui in tanti a questa celebrazione dell’Eucaristia nel giorno del Signore. Abbiamo lasciato le nostre case e siamo convenuti presso la chiesa di S. Martino. Da lì abbiamo proseguito insieme verso la Cattedrale, nella quale siamo entrati per la porta giubilare, la porta santa. Noi sappiamo che la Porta santa è il Signore Gesù, la Porta che ci consente di accedere alla salvezza. E il Signore Gesù, il Risorto, dona anche a noi, come ai discepoli quella sera del primo giorno dopo il Sabato, la sua pace, quella pace che dà serenità al nostro cuore e slancio nuovo alla nostra vita.

Abbiamo ripetuto più volte, come ritornello del salmo responsoriale, dopo la prima Lettura, che: “Il Signore ha pietà del suo popolo”. Sapere che il Signore ha pietà, ha misericordia di noi, non può che rasserenarci. Poi però è arrivata la “doccia fredda del vangelo”, dove Gesù ammonisce i suoi anonimi interlocutori a convertirsi, perché, diversamente, sarebbero periti come quei Galilei massacrati da Pilato e le sfortunate 18 persone, uccise dal crollo della torre di Siloe. “Doccia fredda” perché temiamo che anche Gesù ceda alla tentazione che sperimentiamo nella nostra esistenza, di ricattare con la minaccia gli altri, se non accolgono le nostre richieste.

Come accogliere l’ammonimento di Gesù, come una minaccia di cui avere paura? La parabola raccontata da Gesù, subito dopo l’ammonimento a convertirsi, esclude una minaccia da parte di Gesù e suggerisce di interpretare la parola di Gesù come una forte segnalazione della posta in gioco: si tratta della nostra vita, del compimento della nostra vita.

La parabola ci sollecita a non diventare come quell’albero di fichi che delude le attese dell’agricoltore, il quale decide a un certo punto il suo abbattimento. La parabola però non si chiude con questa decisione, ma prosegue nel segnalare la determinazione del vignaiolo a fare una altro tentativo, l’ultimo, perché la pianta dia i frutti tanto attesi.

Chi è questo vignaiolo così determinato a ricuperare la pianta di fico?  Il vignaiolo è Gesù, il quale, proprio perché venuto tra noi per offrirci la vita in abbondanza, cioè una vita che non appaia sterile come il fico, non si rassegna alla nostra sterilità e chiede al Padre di concederci ancora del tempo. L’anno richiesto dal vignaiolo è il tempo della vita, tempo concesso perché noi portiamo frutti buoni e generosi.

Il messaggio complessivo della parola di Dio potrebbe essere questo: Dio ci dà tempo e ha tempo per noi, perché portiamo i frutti di una vita buona; per questo ci sollecita a non sciupare il tempo concesso.

Proprio perché anche noi desideriamo portare “frutti di vera e continua conversione”, cioè i frutti di una vita buona, gradita a Dio, abbiamo chiesto al Signore, all’inizio della celebrazione, di vincere le nostre resistenze, di rimuovere gli ostacoli posti da noi alle sue attese (“infrangi la durezza della mente e del cuore”). Perché la preghiera non si riduca a esercizio verbale, ma giunga a buon esito, proviamo a individuare dove la durezza (la resistenza) della nostra mente e del nostro cuore si manifesta e impegniamoci a scioglierla, a rendere la nostra mente e il nostro cuore più permeabili all’azione di Dio, a convertire il nostro modo di pensare e di agire al modo di pensare e di agire proprio di Dio, così come è mostrato da Gesù e dal suo vangelo.

L’anno giubilare della misericordia ci ricorda che il modo di pensare e di agire proprio di Dio è ispirato dalla misericordia, da un amore che si prende cura degli uomini, che non resta indifferente alla loro situazione, che fa argine al male.

Il pellegrinaggio, compiuto nell’anno della misericordia, dalle parrocchie della Vicaria di Senigallia dice il desiderio che la nostra esistenza offra i frutti buoni attesi da Dio. E i frutti buoni, indicati da papa Francesco per questo anno sono sostanzialmente due: che noi ci rendiamo sempre più conto che Dio ci ama con inesauribile misericordia, che Dio ci ama “a prescindere” e che questo fatto ci renda persone serene.

L’altro frutto è che, proprio perché siamo raggiunti dalla misericordia di Dio, diventiamo sempre più uomini e donne di misericordia, capaci di esprimere nella nostra esistenza un amore ricco di misericordia che supera ogni indifferenza, pacifica il cuore e ci fa attenti agli altri, soprattutto a quelle persone ferite dalla vita.

Noi conosciamo bene le resistenze e le durezze in noi che possono privare la nostra vita di questi frutti buoni e renderla sterile come il fico della parabola. Abbiamo ascoltato però la parola di Dio che ci ha rivelato la cura appassionata con cui Gesù, il vignaiolo, è determinato a fare uscire la nostra vita dalla sterilità che la avvilisce. Diamo ascolto a questa Parola e lasciamo operare Gesù

Print Friendly, PDF & Email