III domenica di Pasqua 2016. Pellegrinaggio giubilare alla Cattedrale delle Parrocchia della Vicaria di Ostra

Gesù è il Signore che raccoglie attorno a sé i suoi amici doppiamente sconfitti, nella loro fede in lui (tanto che tornano alla professione di pescatori) e nella loro fatica di provvedere alla loro vita («In quella notte non presero nulla»). Gesù li raccoglie attorno a sé per condurli al riconoscimento di lui come Signore, per dar frutto alla loro fatica («La [rete] gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci») e per offrire loro il pane che accompagna il cammino della vita («Prese il pane e lo diede loro»). In questi gesti c’è l’amore di Gesù che si prende cura dei suoi amici, un amore che non è mai venuto meno, che nemmeno la morte ha potuto spegnere. Un amore che però ha bisogno di essere riconosciuto. Il discepolo amato opera questo riconoscimento, perché ama il Signore, anche perché il suo amore non è venuto meno, ma ha saputo stare ai piedi della croce, ha letto la morte di Gesù in modo diverso dai suoi amici.

Quanto Gesù, il Risorto, ha fatto un giorno per i suoi discepoli, continua a compierlo per i suoi amici, per me: si prende cura di me, anche quando non lo so riconoscere presente nei miei giorni, perché segnati da tante fatiche infruttuose e da tante sconfitte; crea le condizioni perché la fatica della vita non resti senza frutto, m’invita a mangiare il “pane” che lui mi offre, perché di nuovo riprenda a seguirlo. Anch’io, come il discepolo amato, sarò in grado di riconoscere, con stupore e gioia, che è il Signore, che il Signore continua a prendersi cura di me, se non abbandonerò il mio amore per lui, anche se fragile, incostante.

Il richiamo all’amore ritorna nel dialogo tra Gesù e Pietro. La domanda di Gesù a Pietro è insistente, ripetuta tre volte. La prima volta Gesù chiede a Pietro: “Mi ami più di costoro?”. Nel testo greco il verbo utilizzato (agapao) indica un amore totale, gratuito e fedele. Gesù interroga Pietro su questo tipo di amore (totale, gratuito e fedele) e superiore a quello degli altri discepoli (“più di costoro”).

La seconda volta conserva l’interrogazione sull’amore totale, gratuito e fedele (“mi ami?”), ma non viene più istituito alcun paragone (“più di costoro”). La terza volta cambia il tipo di richiesta: non più “mi ami?”, ma “mi vuoi bene?”. Nel testo greco il verbo utilizzato non è più agapao, ma fileo, il verbo che indica un amore costruito su una reciprocità (come l’amicizia).

Perché Gesù introduce delle varianti nella sua domanda? La variazione della domanda da parte di Gesù è data dal fatto che alla richiesta di un amore totale, gratuito e fedele (“mi ami?”), Pietro risponde con l’offerta di un amore che sta un gradino sotto, quello dell’amicizia (“ti voglio bene”). Inoltre nelle prime due volte la risposta è sicura (“Certo, Signore, tu sia che ti voglio bene”). Nella terza volta sparisce la sicurezza (“Certo”), resta solo la constatazione (“Signore, tu conosci tutto; tu sa che ti voglio bene”). L’abbandono della sicurezza dice il riconoscimento da parte di Pietro che il suo amore per Gesù, alla prova dei fatti, non solo non si è rivelato totale e fedele, ma nemmeno capace di custodire il legame amicale.

A conclusione del dialogo, Gesù non licenzia Pietro perché è venuto meno alla fiducia accordatagli, perché non sembra in grado di amarlo con un amore gratuito, fedele, ma lo “ri-chiama”, lo invita nuovamente a seguirlo, a stare con lui, a condividere la sua cura pastorale («Detto questo aggiunse: “Seguimi”»). L’incontro tra Gesù e Pietro che, come è iniziato, sembrava destinato a fallire, riprende e rilancia la relazione tra il Maestro e il discepolo. Questo perché Gesù va incontro a Pietro: lo interpella e lo accoglie nella sua (limitata) disponibilità ad amarlo, lo tiene con sé; perché Pietro va incontro a Gesù: si lascia interpellare su ciò che resta decisivo per la relazione con il Maestro, l’amore per Lui, non continua a nascondere la propria fragilità dietro una sicurezza ostentata, ma la riconosce, affidandola al Signore che “conosce tutto”, con il sapere dell’amore.

Gesù in ci ha attesi qui, preparando il cibo per il nostro cammino. Noi siamo arrivati fin qui, attraversando la Porta Santa, forse come i discepoli al rientro dalla pesca con le loro barche vuote, senza pesce, dopo una notte di dura fatica. E Gesù ci invita a mangiare il pane che Lui ha preparato per noi, il pane che è Lui stesso che offre la propria vita per noi, perché sempre di nuovo lo riconosciamo come il Signore, il Vivente.

Qui Gesù ci interpella sempre di nuovo sulla qualità del nostro amore per Lui; lo fa non per metterci in difficoltà, né per segnalarci la sua intenzione di interrompere la sua relazione con noi, ma per rinnovarci sempre di nuovo l’invito a seguirlo.

Chiediamo al Signore lo sguardo del discepolo amato che lo riconosce e l’umile, ma anche fiduciosa, ammissione di Pietro, che ci sentiamo conosciuti da Lui come discepoli che lo amano di un amore sincero, ma ancora bisognoso di essere sostenuto da Lui.

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