Senigallia, 9 dicembre 1999
Ai Sacerdoti della Diocesi
Carissimi Confratelli,
Vi consegno con grande fiducia la Nota pastorale sul Sovvenire alle necessità della Chiesa perché ciascuno di voi, dopo averne fatto oggetto di riflessione, la proponga agli organi collegiali (Consiglio pastorale e Consiglio per gli affari economici) e ai fedeli affidati alle proprie cure.
Nella prospettiva di tale Nota desidero qui richiamare la Vostra attenzione su un’altra questione di grande rilievo e di estrema delicatezza: le offerte in occasione della celebrazione della S. Messa e degli altri Sacramenti.
Già Paolo VI, di v.m., aveva trattato questo argomento dicendo: “È nella costante tradizione della chiesa che i fedeli, spinti dal loro senso religioso ed ecclesiale, vogliano unire, per una più attiva partecipazione alla celebrazione eucaristica, un loro personale concorso, contribuendo così alle necessità della chiesa, e particolarmente alla sostentazione dei suoi ministri” (“Firma in traditione”)
La S. Congregazione per il Clero è ritornata sull’argomento (“Mos iugiter”, decreto sulle “Messe collettive” del 22.2.1991) invitando ad evitare ogni parvenza di lucro o simonia, causa di scandalo.
Per questo, essendo venuto a conoscenza di alcuni modi di fare non del tutto appropriati, sento il dovere di richiamare gli orientamenti della Chiesa e fare alcune puntualizzazioni.
1) Innanzitutto ricordo che non è in alcun modo lecito chiedere per la S. Messa una offerta superiore a quella sinodale (attualmente lire 15.000). Il sacerdote può accettare una offerta maggiore solo nel caso in cui sia il fedele a darla spontaneamente.
2) Nel caso delle S. Messe binate l’offerta viene consegnata in Curia e servirà per le attività previste dal Diritto. Il Celebrante può trattenere un terzo dell’offerta.
A questo proposito alcuni Sacerdoti non hanno ancora consegnato l’offerta delle Ss. Messe binate di anni passati. Il fatto riveste particolare gravità. Nel caso in cui un sacerdote si trovi in difficoltà, non può in questa materia decidere da solo, ma deve risolvere la questione con il Vescovo.
3) Si va diffondendo l’uso, secondo una prassi abbastanza recente, di Sante Messe per intenzioni chiamate “collettive”.
Si assumono una grave responsabilità morale i sacerdoti che ricevono da più persone offerte per la celebrazione di Messe secondo le intenzioni di ciascun offerente e vi soddisfano con la celebrazione di un’unica S. Messa secondo un’intenzione collettiva.
Leggiamo cosa dice in merito la S. Congregazione per il Clero (cf. Mos iugiter, 1-3):
Art.1 – § 1. A norma del can 948 devono essere applicate “messe distinte secondo le intenzioni di coloro per i quali singolarmente l’offerta data, anche se esigua, è stata accettata”
Art.2- § 1. Nel caso in cui gli offerenti, previamente ed esplicitamente avvertiti, consentano liberamente che le loro offerte siano cumulate con altre in un’unica offerta, si può soddisfarvi con una sola santa messa, celebrata secondo un’unica intenzione “collettiva”.
§ 2. In questo caso è necessario che sia pubblicamente indicato il giorno, il luogo e l’orario in cui tale santa messa sarà celebrata, non più di due volte per settimana.
§ 3. I pastori nelle cui diocesi si verificano questi casi, si rendano conto che questo uso, che costituisce un’eccezione alla vigente legge canonica, qualora si allargasse eccessivamente – anche in base a idee errate sul significato delle offerte per le sante messe – deve essere ritenuto un abuso e potrebbe ingenerare progressivamente nei fedeli la desuetudine di offrire l’obolo per la celebrazione di sante messe secondo intenzioni singole, estinguendo un’antichissima consuetudine salutare per le singole anime e per tutta la chiesa.
Art.3- § 1. Nel caso di cui all’art. 2 § 1, al celebrante è lecito trattenere la sola elemosina stabilita nella diocesi (cf. CIC can. 950).
§ 2. La somma residua eccedente tale offerta sarà consegnata all’ordinario di cui al can. 951 § 1, che la destinerà ai fini stabiliti dal diritto (cf. CIC can. 946).
4) Dobbiamo avere la stessa delicatezza per quanto riguarda le offerte in occasione delle altre celebrazioni. Non dobbiamo mai dare l’idea di commercializzare i Sacramenti.
Per questo non sono opportune “tariffe fisse”, soprattutto se sono esose.
E’ vero che ci sono matrimoni, cresime ecc. in cui le spese superflue sono tante e tanto grandi e della Chiesa ci si ricorda poco. Ma è anche vero che quando manca una certa sensibilità è facile scambiare il nostro servizio liturgico-pastorale o la parrocchia per una “bottega”.
Certamente l’educazione dei fedeli al “sovvenire alle necessità della Chiesa” non passa attraverso questa strada.
5) E’ compito del Vescovo vigilare perché la vita delle nostre Comunità sia serena e non ci siano motivi veri o presunti di scandalo. Per questo chiedo accoratamente e con fermezza che in occasione dei sacramenti siano evitate richieste di denaro tali che offuscano la gratuità della grazia divina e del nostro ministero: risultando scandalose, costituiscono un serio ostacolo all’evangelizzazione.
La Chiesa nella sua sapienza, prudenza ed esperienza ci dà delle norme che dobbiamo accogliere in spirito di sincera obbedienza. E’ per il bene delle anime!
Nel ringraziarvi per la vostra comprensione e collaborazione vi benedico di cuore.