II anniversario della Consacrazione episcopale (Cattedrale di Senigallia, 22 novembre 2017)

Nella Coletta della scorsa domenica abbiamo chiesto al Signore che il suo aiuto ci “rendesse sempre lieti nel suo servizio”, indicando come motivazione il fatto che “solo nella dedizione a lui, fonte di ogni bene, possiamo avere felicitò piena e duratura”.

Di questi tempi la letizia nel servizio di Dio, nel ministero, non è di tutti i giorni, anzi incontra crescenti difficoltà, in riferimento anche al fatto che tante persone sembrano non riconoscere più il Signore come “fonte”  di ogni bene e garante di una “felicità piena e duratura”. Una situazione del genere finisce per generare in noi tristezza, che, a sua volta, alimenta quel pessimismo che amareggia il cuore e blocca l’azione.

E’ possibile vivere con letizia il nostro ministero anche in una situazione simile o dobbiamo rassegnarci che triste pessimismo corroda il nostro servizio?

Cecilia che onoriamo oggi e la parola di Dio proposta dalla celebrazione eucaristica ci consentono di trovare una risposta positiva alla nostra domanda.

Cecilia, una giovane donna appartenente a una ricca famiglia romana del III secolo, in un ambiente fortemente ostile ai cristiani (è in atto una persecuzione), non cerca di mettere al riparo la propria vita e quando si trova in una circostanza complessa, non favorevole (la decisione della famiglia di darla in sposa a Valeriano un giovane nobile pagano), non si abbatte, non lascia spazio al compromesso, non si rassegna, anzi con la sua tenace fedeltà al Signore, conduce il marito e il fratello del marito alla conversione al cristianesimo e si lascia condurre al martirio. Cecilia appare ai nostri occhi una donna, una credente serena; mostra una serenità che si esprime nel canto, tanto da essere considerata la patrona delle persone che praticano la musica e il canto.

Anche la mamma dei 7 fratelli torturati e uccisi da Antioco ci offre una ragione forte per vivere con letizia e serenità il nostro ministero. Questa donna, costretta ad assistere a ciò che per un genitore va al di là di ogni sopportazione (la bestiale tortura ed esecuzione dei propri figli), non solo non accoglie l’incito del re a “farsi consigliera di salvezza” per il figlio più giovane, ma addirittura esorta il ragazzo a non temere né il carnefice e ad affrontare la morte. A sostenere questa donna è la fede nel Dio Creatore, che, come dice lei, “avrebbe restituito ai figli il respiro della vita” e avrebbe consentito a lei “di riavere i figli nel giorno della misericordia”.

Infine i primi due servi della parabola evangelica, impegnati ad accogliere l’invito del padrone a far fruttare le monete ricevute L’esito positivo della loro azione è riconosciuto e apprezzato dallo stesso padrone: non si sono lasciati scoraggiare dal poco che avevano ricevuto (“bene servo buono… ti sei mostrati fedele nel poco”), ma hanno avuto fiducia nel loro padrone, hanno accolto il dono non come una provocazione, ma come un gesto di fiducia, di stima. Per questo si sono dati da fare con profitto.

Cecilia, la mamma dei 7 fratelli martiri, i due servi della parabola ci suggeriscono di conservare sempre nel nostro ministero, anche quando conosce la fatica, si svolge in circostanze che appaiono proibitive, la fiducia nel Signore, nella sua fedeltà alle promesse, quel Signore che ha chiamato me due anni fa all’episcopato, don Mario Mancini, don Giuseppe Nicoli 65 anni fa, P. Rolando Maffoli, 60 anni fa, don Andrea Baldoni 10 anni fa, al Sacerdozio e che ha chiamato anche voi presbiteri e diaconi permanenti al ministero nella Chiesa di Senigallia. Spero che abbiamo tutti motivo per ringraziare il Signore per il dono ricevuto e per il servizio che ci è stato affidato, in particolare, don Giuseppe, don Mario e P. Rolando, per i quali il dono del Signore dura ormai da molti anni. Da pare mia, sono grato al Signore, non solo per l’’episcopato, ma anche per il dono della Chiesa di Senigallia.

Questa sera rinnoviamo la nostra richiesta: «Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura». Così sia.