Epifania del Signore (6 gennaio 2018)

Il racconto evangelico della visita dei Magi a Gesù, a ben guardare, è un racconto drammatico, lontano dal clima un po’ sentimentale delle nostre rappresentazioni dell’arrivo dei Magi. Nel racconto emerge con chiarezza che di fronte a Gesù la gente si divide. Questo accade non quando Gesù ha già compiuto miracoli che stupiscono e pronunciato discorsi che suscitano interrogativi impegnativi, ma da subito, prima ancora che Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore, sia in grado di pronunciare parole, muovere i primi passi, compiere le prime azioni.

Di fronte a Gesù troviamo il re Erode e “tutta Gerusalemme”, uniti nel turbamento provocato da quella nascita e troviamo i Magi, che vengono da “Oriente a Gerusalemme”, per cercare “il re dei Giudei”, mossi da una stella, che hanno identificato come la sua (“Abbiamo visto spuntare la sua stella”) e dalla decisione di adorarlo (“siamo venuti ad adorarlo”).

Il “turbamento” di Erode e dell’intera Gerusalemme” appare inspiegabile, perché entrambi sanno molte cose sulla nascita di quel bambino: conoscono il luogo (“Betlemme, terra di Giuda”) e l’identità del bambino (“un capo, che sarà pastore del mio popolo, Israele”). Eppure patiscono un turbamento che paralizza la città e che spinge Erode a preparare un piano per eliminare il bambino nato a Betlemme.

Anche l’atteggiamento dei Magi appare sorprendente. Si lasciano convincere a intraprendere la ricerca di una persona a loro estranea da un segno “fragile”, come è una stella, perché aperto a tante e diverse letture. Quello dei Magi è un coinvolgimento impegnativo, che non riguarda semplicemente la curiosità di studiosi (scoprire a chi appartiene quella stella intravista in cielo), che si esprime in un rischioso viaggio, dall’esito incerto e che prende soprattutto la forma di una decisione seria: adorare quel bambino conosciuto come “re dei Giudei”. Ora adorare è il gesto dell’intelligenza dell’uomo che si dispone – “cade” (così va tradotto il “si prostrarono” dei Magi di fronte a Gesù) – e sta in silenzio davanti a una realtà più grande, accolta, ospitata nella propria vita.

Il vangelo non dice nulla di quanto è rimasto dell’incontro col “re dei Giudei” nella vita di quegli uomini “venuti da Oriente a Gerusalemme”; dice soltanto che “fecero ritorno al loro paese”. Possiamo immaginare che tornarono trattenendo nel proprio cuore la “grandissima gioia” provata al termine di quella ricerca guidata da una stella (“Al vedere la stella essi provarono una gioia grandissima”).

Il mancato coinvolgimento di Gerusalemme ci deve far riflettere, perché vi ritroviamo un atteggiamento largamente diffuso tra i cristiani. Si tratta di un modo di vivere la fede ripetitivo, che non si lascia “colpire” dalla “buona/bella notizia” di Gesù, che non è mosso dal desiderio di “andare a vedere” il Signore, di cercarlo.

La ricerca coraggiosa e insistente dei Magi invita ad abbandonare questo tipo di pratica della fede cristiana, per assumerne una, dove Gesù Cristo suscita interesse e desiderio di cercarlo, di riconoscerlo come il Signore. Un interesse capace di far superare paure e pigrizie, di strapparci alla superficiale ripetitività dei gesti cristiani. Un monaco, S. Massimo il Confessore scrive che Gesù, «Il Verbo di Dio fu generato secondo la carne una volta per tutte (cioè, quella nascita non si ripete più ogni anno, quando celebriamo il Natale). Ora (cioè oggi, ogni giorno), per la sua benignità verso l’uomo (cioè, verso ciascuno di noi) desidera ardentemente nascere secondo lo spirito di coloro che lo vogliono (cioè, che lo desiderano) e diviene bambino che cresce con il crescere delle virtù…saggia, quasi misurandola, la capacità di coloro che desiderano vederlo»

I Magi c’insegnano a non abbandonare la ricerca appassionata del Signore, a lasciarci guidare dai segni della sua presenza, a scoprire dove si trova, a gioire ogni volta che lo ritroviamo, a riconoscerlo come Signore della nostra vita; ci richiamano a una fede vivace, che non si stanca di cercare il Signore, nella consapevolezza che quanto sappiamo ed esperimentiamo di lui non esaurisce la ricchezza di quello che Lui è e di quanto intende offrirci.

Nei prossimi giorni smonteremo i presepi nelle nostre case e saranno tolte le luci in città e nei nostri paesi; torneremo alla vita quotidiana, con i suoi impegni, le sue fatiche le sofferenze e speranze.

Perché anche noi possiamo provare “una grandissima gioia” nel vedere i segni della sua presenza, i quali, anche se a volte appaiono fragili, sono però capaci di guidare il nostro cammino, abbiamo chiesto a Dio, il Padre di Gesù di condurre anche noi a contemplare Colui che rappresenta “la grandezza della sua gloria”, Gesù.

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