Se abbiamo la pazienza di scorrere i testi della celebrazione eucaristica di Natale della mezzanotte notiamo il ricorso insistente a una realtà insostituibile nella nostra vita, decisiva per la sicurezza e la serenità della nostra esistenza, per dire l’impatto della nascita di Gesù sulla nostra vita: si tratta della luce.
Nella preghiera iniziale – la Colletta – abbiamo parlato di una “notte illuminata dallo splendore di Cristo, vera luce del mondo”; nella prima lettura il profeta Isaia ci ha informato che «il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse»; l’evangelista Luca scrive che i pastori, impegnati, come tutte le altre notti, a vigilare il loro greggi, nella notte della nascita di un bambino, che loro troveranno “avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, dove venivano adagiati gli agnellini appena nati, “la gloria del Signore li avvolse di luce”. Nella preghiera sulle offerte si parlerà di “questa notte di luce”.
Senza luce i nostri movimenti risultano impacciati e, spesso bloccati. Inoltre la luce accompagna i momenti di festa (vediamo in questi giorni come la nostra città è illuminata da tante luci).
Dalla vita, tuttavia, abbiamo imparato che non basta la luce che illumina le nostre case e le nostre strade; nemmeno bastano le luci che accendiamo in occasione delle feste, per dare serenità e sicurezza alla nostra esistenza. Abbiamo bisogno di un altro tipo di luce, quella che illumina il nostro pensiero, fa chiarezza nel nostro cuore, nei nostri desideri e progetti, quella che indica alla nostra libertà un percorso sicuro, non deludente.
Quando questo tipo di luce viene meno o è troppo debole, l’altra luce ci appare inadeguata, se non addirittura importuna (come è successo nei giorni scorsi, quando davanti alla drammatica morte dei sei persone, cinque adolescenti e una mamma, abbiamo spento le luci della festa).
La liturgia del Natale fa ricorso alla luce per parlarci della nascita di una persona, di un bambino; una nascita, che se è anche ormai molto distante da noi, tuttavia continua ad assicurarci quella luce di cui abbiamo bisogno per camminare lieti e sicuri sulle strade della vita, anche quando queste appaiono buie, impraticabili, mettono paura.
Questo perché il bambino che è nato per noi è il Figlio del Dio Altissimo, l’Emanuele, il Principe della pace (come lo chiama il profeta Isaia), Colui che “ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità”, che è in grado “di consolidare e rafforzare il diritto e la giustizia”, Colui che “ci insegna a rinnegare l’empietà (che si esprime in tanti modi, nella prevaricazione sui più deboli, nella violenza dei gesti e nella aggressività delle parole, nella menzogna costruita ad arte, nella manipolazione dei fatti…) e a vivere in questo mondo con sobrietà (che ci impedisce di diventare schiavi delle cose, del denaro, del piacere; di continuare a saccheggiare il mondo, a dilapidare le risorse che la natura mette a nostra disposizione), con giustizia (che garantisce relazioni serene e piene di fiducia, che mette un freno al nostro desiderio di onnipotenza). Avvertiamo di avere sempre più bisogno di essere aiutati a prendere le distanze da ogni empietà, a non perdere la fiducia nelle pratiche buone della vita, a praticare la giustizia, l’onestà, la solidarietà tra le persone.
Se questa notte non siamo altrove, ma qui, a celebrare l’Eucaristia di Natale, è perché riconosciamo che la luce di cui abbiamo bisogno viene da Gesù, il Figlio dell’Altissimo, che tanti anni fa ha posto la sua dimora tra le nostre case e da allora non ci ha più lasciati soli nel provveder alla nostra vita, con le sue luci e il suo buio e a quelle delle persone che ci sono care. Anche quest’anno, anche dopo i lutti e il dolore grande dei giorni scorsi, possiamo riascoltare, come rivolte a noi, le parole che l’angelo del Signore ha rivolto ai pastori, quella notte di molti anni fa: «Non temete, ecco vi annuncio una gioia grande… è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore».
L’augurio che rivolgo a voi e alle persone che vi sono care è che quelle parole trovino da parte vostra lo stesso ascolto dei pastori e perché come loro decidiate di “andare senza indugio” da questo Bambino “nato per noi”, perché la sua luce illumini i nostri giorni, quelli sereni e pieni di luce e quelli che appaiono bui e provocano nel nostro cuore tristezza, sofferenza e paure.