Epifania del Signore (6 gennaio 2019)

Nelle preghiere che aprono e chiudono la celebrazione eucaristica dell’Epifania rivolgiamo a Dio la stessa richiesta, quella di condurci, di accompagnarci, nel nostro cammino di fede. Nella preghiera iniziale l’approdo del cammino di fede: “contemplare la grandezza della gloria di Dio”. Nella preghiera conclusiva: “contemplare con purezza di fede e gustare con fervente amore, il mistero di cui Dio ci ha fatto partecipi”.

Nella seconda Lettura (Ef 3,2-3a.5-6) l’apostolo Paolo ci ha svelato il contenuto del mistero di Dio, di cui Dio stesso ci ha fatto partecipi, dicendo, anzitutto, che vi sono coinvolte tutte le genti e che ha in Gesù Cristo la sua manifestazione e il suo compimento, quello di consentire a tutte le genti (a tutti gli uomini e a tutte le donne di ogni epoca, di ogni luogo e di ogni cultura) di beneficiare della stessa promessa che Dio ha fatto, ancora prima della creazione del mondo: considerare tutte le persone suoi figli, al pari di Gesù.

Il cammino della fede non è un cammino parallelo rispetto alla quello della nostra vita quotidiana, dove si mescolano le gioie e le amarezze, la serenità e le preoccupazioni, i traguardi raggiunti e quelli falliti, le relazioni serene e quelle che s’inceppano e a volte si rompono, ma è lo stesso cammino della vita percorso nella fede, cioè dando credito alla promessa di Dio.

Guardiamo al cammino dei Magi, così come lo racconta l’evangelista Matteo (2,1-12) per apprendere da loro come percorrere il cammino della vita, come raggiungere il Signore e come provare nel cammino della fede la grandissima gioia che hanno provato loro.

Anche quello dei Magi è un viaggio interamente percorso nella fede, in fiducia. Inizia provocato da una stella, intravista tra le milioni di stelle che trapuntano il cielo d’oriente di notte e riconosciuta come “la stella del re dei Giudei”; si conclude con un sogno che li espone a un’eventuale ritorsione da parte di Erode, che aspettava informazioni su dove si trovava il re dei giudei appena nato, per eliminarlo, contrariamente a quanto aveva affermato.

Quello dei Magi non è un viaggio turistico, né di studio, nemmeno un viaggio, come ce ne sono tanti oggi, alla ricerca di nuove esperienze, di particolari emozioni, ma un viaggio per onorare un re, il capo di un popolo insignificante nello scenario internazionale di quel tempo. I Magi onoreranno questo re, adorandolo (letteralmente, “cadendo ai suoi piedi”) e offrendogli dei doni.

Adorare è il gesto dell’intelligenza dell’uomo che si apre a una realtà più grande di lui e che riconosce come risorsa affidabile per la propria vita.

Il prostrarsi dei Magi davanti al re-bambino non è la resa dei vinti di fronte al proprio vincitore, ma la disponibilità di chi riconosce in quella persona una possibilità unica per la propria vita. A suggerire questa interpretazione del gesto dei Magi è lo stesso evangelista Matteo, il quale segnala che i Magi “provarono una gioia grandissima” quando rividero la stella che li avrebbe condotti al luogo dove si trovava il bambino.

Noi rispetto ai Magi partiamo avvantaggiati, perché conosciamo già questo bambino appena nato, sappiamo che è molto più di un re, è il Figlio che Dio ha mandato nel mondo perché tutte le genti, quindi anche noi, potessero, come scrive l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso, “condividere la stessa eredità” di figli amati; sappiamo che questo bambino è Gesù, il Risorto che condivide con noi il cammino quotidiano della vita.

Noi non dobbiamo più scrutare il cielo per individuare la stella che ci potrebbe parlare di Lui, né lasciarci suggerire da qualche sogno la strada da percorrere nella nostra vita, perché abbiamo la sua parola che, con il Libro delle Scritture Sante illumina e guida i nostri passi sui sentieri buoni della giustizia, della pace e dell’amore solidale; abbiamo quel pane che è il suo corpo dato per noi, che ci sostiene nel cammino quotidiano della vita, perché non venga meno in noi il desiderio della giustizia, della pace e dell’amore, che abita le nostra relazioni e si prende cura di chi è in difficoltà nella vita e perché la stanchezza, le delusioni per le resistenze in noi e attorno a noi e le sconfitte non costringano alla resa questo desiderio.

Anche noi però come i Magi dobbiamo percorrere il nostro cammino della vita nella fede in questo bambino nato per noi, in Gesù, il Figlio di Dio che ha dato la sua vita per noi, in quella fede che non ci conduce altrove, su sentieri che ci portano lontano da lui, in quella fede che può farci provare la stessa gioia dei Magi e che, come pregheremo a conclusione di questa Eucaristia dell’Epifania, ci mette nelle condizioni di “contemplare e gustare il mistero di cui Dio ci  ha fatto partecipi”.

Per questo la richiesta che, prima fra le altre, abbiamo rivolto a Dio Padre di condurci a contemplare con la fede la grandezza del suo amore nel cammino della vita, che dismessi i segni della festa, riprenderà il suo corso quotidiano, è stata una richiesta saggia e resta una richiesta da ripresentare, con fiducia, a Dio Padre ogni giorno della nostra esistenza.