I testi della parola di Dio appena proclamata ci aiutano a comprendere la portata per una comunità cristiana della dedicazione di una nuova chiesa.
La prima lettura (Neemia, 8,2-4.5-6.8-10) parla del raduno d’Israele, tornato libero dall’esilio in terra babilonese; un popolo che, dopo l’iniziale entusiasmo, appare sfiduciato, perché la ricostruzione di Gerusalemme e la ripresa della vita libera risultano imprese ardue.
A radunare queste persone sfiduciate è il libro della Legge di Dio, letto ad alta voce dal sacerdote Esdra e dai leviti. Il raduno avviene nel giorno “consacrato al Signore”. Quelle persone non ascoltano impassibili e distratte la lettura del libro, ma con attenzione (“tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire il libro della legge”); si lasciano coinvolgere da quella lettura (“tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore”). Esdra, Neemia e i leviti invitano gli uomini e le donne nella piazza a non cedere allo sconforto (“non fate lutto e non piangete”), ma a fare festa con “carni grasse e vini dolci” e a condividere il cibo con i poveri, con chi ne è privo (“mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato”).
La ragione dell’invito a fare festa e a condividere il cibo: “la gioia del Signore è la vostra forza”, cioè “potete contare sul Signore, ben disposto nei vostri confronti”.
Il salmo responsoriale (salmo 18) ci ha sollecitato a non restare uditori passivi della parola di Dio, ma a dichiarare il nostro apprezzamento per una parola riconosciuta capace di “far gioire il cuore” e “illuminare gli occhi” (“Le tue parole, Signore sono spirito e vita”).
L’apostolo Pietro nella seconda lettura (1Pt 2,4-9) parla di noi con espressioni che non ci devono lasciare indifferenti: noi siamo “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”. Siamo tutto questo perché ci avviciniamo al Signore, a Gesù risorto, la pietra viva, testata d’angolo che non delude né inganna chi li dà fiducia. L’avere con noi il Signore ci rende “pietre vive”, “edificio spirituale”, in grado di offrire a Dio “sacrifici spirituali, a lui graditi” e impegnati a “proclamare le opere ammirabili compiute da Dio”.
Nel vangelo (Gv 4,19-24) Gesù ci ricorda che il riconoscimento gradito a Dio (è questo il senso della adorazione) non è legato a un luogo (“né su questo monte né a Gerusalemme”, risponde Gesù alla samaritana), ma a un’esistenza vissuta “in spirito e verità”, un’esistenza cioè dove Dio è riconosciuto come il datore di ogni bene e il custode del senso di tutti i beni, un riconoscimento che diventa ascolto fiducioso, disponibilità a compiere la sua volontà, a prendersi cura delle persone, come è stata la vita di Gesù.
Oggi la comunità di Marotta vive un momento particolarmente significativo del suo cammino, un cammino da proseguire perché questa comunità diventi sempre più consapevole di quello che già è (“stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”), perché sia sempre più una comunità che adora Dio “in spirto e verità”, che offre a Dio, con l’esistenza delle persone e con la stessa vita comunitaria, il culto che Lui gradisce più di ogni altro. E Gesù ci ha detto con la sua vita che il culto gradito a Dio è quello di un’esistenza che non resta prigioniera delle paure e della ricerca esclusiva dei propri interessi, ma si apre, si fa attenta e solidale nei confronti di chi, come ricordava la prima lettura “non ha nulla di preparato”.
L’augurio che mi sento di fare e che tutti accompagniamo con la preghiera: le persone che frequenteranno questa nuova chiesa che sorge in un quartiere di Marotta, tra le case dove la gente conduce la propria esistenza, alimentino, soprattutto celebrando l’Eucaristia, memoria della Pasqua di Gesù, il desiderio e l’impegno di fare della propria vita un “offerta gradita a Dio”. Proprio come è stata l’esistenza di S. Pio da Pietrelcina, a cui è dedicata questa chiesa: «Questo umile frate cappuccino – come disse Papa Francesco nel suo pellegrinaggio a Pietrelcina e a S. Giovanni Rotondo (19 marzo 2018) – ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all’ascolto paziente dei fratelli, sulle cui sofferenze riversava come balsamo la carità di Cristo… Imitando il suo eroico esempio e le sue virtù, voi possiate diventare pure strumenti dell’amore di Dio, dell’amore di Gesù verso i più deboli».