Veglia di Pentecoste – 8 giugno 2019

Nel dialogo notturno con Nicodemo Gesù parla a più riprese di una “nascita dall’alto”: “se uno non nasce dall’alto non può vedere il regno di Dio (Gv 3,3); “dovete nascere dall’alto” (Gv 3,7) e indica un collegamento tra questa “nascita dall’alto” con lo Spirito Santo (“se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio”,Gv 3,5).

Che cosa significa questa “nascita dall’alto”?. Gli esegeti segnalano che nella espressione di Gesù l’evangelista Giovanni usa due parole greche che hanno un doppio significato: la prima, oltre che “dall’alto” significa anche “di nuovo”; la seconda, oltre che “nascere” in senso spirituale significa anche “essere generati” in senso fisico.

Il collegamento con lo Spirito Santo dice che è lo Spirito l’operatore di questa “rinascita”, non nel senso fisico, come sembra intenderla Nicodemo (“Come può nascere un uomo quando è vecchio?  Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” , Gv 3,4), ma nel senso di una ri-creazione della persona. Come intendere questa ri-creazione della persona ad opera dello Spirito Santo? La risposta ci è offerta dalla prima strofa di un inno allo Spirito Santo, il Veni Creator Spiritus, dove, dopo aver chiesto allo Spirito Creatore di “venire”, gli si chiede ancora di “visitare” l’intimità dei sui fedeli e di “riempire” della sua grazia divina il cuore che Lui ha creato.

L’azione dello Spirito Santo ha quindi come destinatario il “cuore” della persona. Nel linguaggio biblico il “cuore” non indica una parte, un organo, dell’uomo, ma la persona nella sua completezza, nella sua totalità. Lo Spirito Santo crea e ricrea l’uomo che spesso si trova nella situazione di quelle ossa senza vita, di cui parla il profeta Ezechiele (3, 1-10), sulle quali lo Spirito è invitato a soffiare perché ritornino in vita (cfr vv 9-10).

Lo Spirito Santo ci ricrea plasmando il nostro cuore, la nostra persona  come “cuore di carne”, che a differenza del “cuore di pietra”, impenetrabile ad ogni parola, ad ogni invito, accoglie, come scrive il profeta  Ezechiele, “le leggi del Signore, “osserva e mette in pratica le sue norme” (Ez 36,24-26).

La persona che lo Spirito santo “ri-crea” non è autoreferenziale, ripiegata su di sé, prigioniera dei propri interessi, ma “aperta”, disponibile a lasciarsi guidare da quel “Maestro interiore” che è lo Spirito Santo stesso. E lo Spirito ci guida verso Gesù, ci parla di Lui, ci persuade che la sua parola, a differenza delle tante e rumorose parole degli uomini non inganna, non viene meno alle promesse, non ostacola la comunicazione; ci persuade che il modo con cui Gesù ha condotto la propria esistenza è il migliore e il più conveniente, anche se spesso appare il più impegnativo.

Lo Spirito Santo ci ricrea a immagine di Gesù, il Figlio che si è fidato di Dio, che si è lasciato guidare da Lui nella propria  vita, che ha condiviso in tutto, perfino la morte, la nostra vicenda umana. Lo Spirito ci ricrea a immagine di Gesù, modellando sempre di nuovo  il nostro “cuore” sul suo.

Quello di Gesù è un “cuore di carne”, che si è lasciato interpellare dalla parola di Dio Padre, un cuore “ospitale” nei confronti di tutte le persone che la vita gli faceva incontrare, persone con loro vissuti spesso molto diversi e lontani dal suo. Gesù non ha mai scelto chi incontrare, non ha mai selezionato le persone, ha accolto chi lo incontrava per strada, chi lo invitava a casa propria, chi cercava in ogni modo di entrare in contatto con lui anche con gesti goffi o ritenuti ambigui, chi pochi istanti prima di morire  gli ha chiesto di essere ricordato da lui.

Questa sera abbiamo chiesto con insistenza allo Spirito Santo, lo Spirito d’amore, di venire da noi, nel nostro cuore, nella nostra vita, perché il nostro diventi sempre di più quel “cuore di carne”, modellato sul cuore di Gesù, un cuore ospitale, che non cede alle paure che lo chiudono, che lo spingono a selezionare le persone da accogliere. E’ una richiesta questa che estendiamo anche per la nostra Chiesa diocesana e per le nostre comunità parrocchiali.