Meditazione nel Ritiro spirituale per le consacrate nell’Ordo virginum – 10 giugno 2019

“Diffondi… i doni dello Spirito Santo”

«Diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo e continua oggi, nella comunità dei credenti i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo».
Le due richieste avanzate al Padre dicono alcune cose. La prima dice che i doni dello Spirito sono per tutti, non sono a disposizione solo di alcuni, limitati in alcuni confini (territoriali, culturali, razziali, religiosi). I doni dello Spirito Santo non sono delle cose, ma spiegano l’azione dello Spirito nel cuore e nella vita delle persone, un’azione che tiene conto delle situazioni di vita delle persone.
La seconda richiesta dice che quanto è successo “agli inizi della predicazione del vangelo” non resta confinato nei luoghi e nel tempo di quegli inizi, ma si distende nel tempo, fino a raggiungere l’oggi dei luoghi, dei tempi e delle situazioni nei quali vive la comunità dei credenti.
Le due richieste si saldano insieme perché agli inizi della predicazione del Vangelo sta proprio lo Spirito Santo, promesso da Gesù ai discepoli e ai quali affida il compito di “andare in tutto il mondo e proclamare il Vangelo a ogni creatura” (cfr Mc 16,15) e per questo “manda su di loro” lo Spirito Santo che il Padre suo aveva promesso (cfr Lc 24,47-49).
Le due richieste convergono pure nel desiderio, che is da domanda, che lo Spirito Santo “entri in azione” anche oggi, operi anche nell’oggi della nostra esistenza personale, nella comunità dei credenti (la Chiesa universale, la nostra Chiesa diocesana, le nostre comunità parrocchiali).
Il testo della Lettera ai Romani proclamato nella Messa (Rm 8,22-27), chiarisce che cosa opera lo Spirito Santo nell’oggi della nostra esistenza. Lo Spirito “libera” la nostra vita dal “dominio” della carne perché la guida verso quella verità che rende liberi, che consente alla nostra esistenza di non risultare un’esistenza fallita.
Una precisazione. Quando Paolo parla di “carne” o di “opere della carne” non si riferisce principalmente al corpo, a un esercizio disordinato della sessualità o ad altri comportamenti scorretti della nostra corporeità (anche se tali comportamenti oggi sono stati sdoganati e sono ampiamente giustificati in nome di una libertà personale ritenuta insindacabile). Per l’Apostolo la “carne”, l’uomo “carnale”, rappresenta la persona che resta prigioniera di se stessa, autoreferenziale, che dialoga solo con se stessa, che tiene in conto solo se stessa, il proprio punto di vista, i propri diritti, una persona che confida solo in se stessa, nelle proprie risorse e possibilità.
Lo Spirito Santo ci restituisce la libertà originaria, quella donata dal Dio Creatore e che abbiamo perso con il peccato. “ricordandoci tutto quello che Gesù ci ha detto” (cfr Gv 14,26), con le sue parole e, soprattutto, con la sua esistenza.
Lo Spirito Santo “ci ricorda” quanto ha detto e compiuto Gesù, non tanto nel senso che lo richiamerà alla nostra mente, quanto piuttosto che ci guida a riconoscere in Gesù Cristo quella verità che rende liberi, che propizia una libertà non fragile, apparente, ma forte e reale.
Lo Spirito inoltre ci guida a riconoscere che la verità di Gesù fa per noi, per la nostra vita e ci conduce a deciderci ogni giorno per questa verità, a costruire la nostra esistenza su questa verità, a valutare persone, situazioni, a prender decisioni a partire da questa verità diventando in questo modo persone sapienti.
Lo Spirito forti di una libertà, che non si manifesta in modo arrogante, prepotente, ma mite, capace di testimoniare ogni situazioni della vita, anche in quelle più complesse e oscure, che quella offerta da Gesù è la verità che realmente salva la nostra vita, ci rende liberi, perché risponde pienamente a quel desiderio di vita piena, compiuta, che ogni persona porta nel cuore.
Lo Spirito Santo, infine, rende possibile anche oggi, quanto racconta il testo degli Atti degli Apostoli, proclamato nella prima Lettura della Messa (At 2,1-11), che le persone appartenenti alle diverse etnie e r5eligioni, presenti a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, udivano gli Apostoli “parlare nelle loro lingue delle grandi opere di Dio”.
Quel “miracolo delle lingue” non va inteso come la capacità degli Apostoli di parlare in molte lingue, ma piuttosto come una comunicazione di Gesù Cristo Risorto arriva alla mente e al cuore di quelle persone , fino a “trafiggerlo” come segnalano gli Atti degli Apostoli (“All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore”, 2,37) e fino a spingerle a porre a Pietro e agli altri apostoli la domanda “che cosa dobbiamo fare, fratelli” (2,37).
Lo Spirito Santo, ancora oggi, ci dona, le lingue nuove della comunione, che tutti possono comprendere, pur nel gioco delle tante differenze. E quelle della comunione sono le lingue della gratuità e della carità.
Questo è quanto abbiamo chiesto e che non smettiamo di chiedere a Dio Padre per noi personalmente, per la Chiesa universale, per la nostra Chiesa diocesana e per le noste comunità parrocchiali.

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