Ordinazione sacerdotale di don Riccardo Lenci (7 settembre 2019)

Le parole di Gesù nel vangelo appena proclamato (Lc 14,25-33), rivelano la sua grande lealtà nei nostri confronti, il profondo rispetto delle nostra libertà. Gesù non fa alcuna pressione per averci tra i suoi discepoli (“se uno viene a me”, come a dire: “se una persona prende la decisione di seguirmi, di condividere la mia vita, di dare ascolto alla mia parola”). Proprio perché non ossessionato dal numero dei discepoli (nel linguaggio moderno, diremmo, dal numero dei fans, dei tifosi, dei sostenitori che osannano, applaudono, sempre e comunque), Gesù non fa promesse seducenti, immediatamente realizzabili, non maschera la serietà delle sue richieste, non nasconde quanto è impegnativo l’esercizio della libertà nei suoi confronti. Anzi, sembra che Gesù sia più interessato a scoraggiare le superficiali adesioni, prese senza la consapevolezza della posta in gioco né senza valutare le risorse della propria libertà.

Cosa vuol farci comprendere Gesù con le sue parole? Gesù connette la decisione di seguirlo all’amore per lui che rivendica un “di più” rispetto all’amore per le persone più care, come i propri familiari e rispetto perfino alla cura della propria vita (“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”). Chiarisce, inoltre, che la sua sequela richiede di “portare la propria croce”, cioè di condividere la sua scelta di vita, quella di amare, di prendersi cura delle persone, fino a dare la propria vita sulla croce.

Gesù è consapevole che le condizioni indicate per seguirlo sono impegnative; per questo invita, con le due brevi parabole, della costruzione di una torre e dei preparativi per una guerra, a “sedersi e a valutare” le possibilità di successo della decisione.

Nella applicazione delle parabole Gesù non fa riferimento alla verifica delle risorse disponibili, di ciò che si possiede, ma a ciò che si è disposti a lasciare per seguirlo (“Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”). Nei propri averi da lasciare va inclusa la esclusiva fiducia in se stessi, nelle proprie capacità, di provvedere (salvare) la vita.

Quello che Gesù chiede non è un lasciare fine a se stesso, ma motivato dal riconoscimento che lui è in grado di provvedere alla nostra vita meglio di noi stessi, delle nostre risorse, delle nostre capacità.

Riccardo, nell’immagine con la quale hai annunciato la tua ordinazione sacerdotale hai scritto “a causa di Gesù e del vangelo”. Con quelle parole dici a tutti noi che la decisione presa da te di seguire Gesù come presbitero è proprio a motivo di lui e del suo vangelo, cioè perché apprezzi Gesù, il suo amore per te, l’amicizia con lui, come la risorsa più preziosa per la tua vita, bene d’inestimabile valore, investimento non deludente del tuo cuore e fondamento sicuro della tua libertà. Poi, perché ritieni che impegnare la propria vita per il vangelo, a servizio del vangelo di Gesù, non è buttare al vento la tua esistenza, rinunciare a realizzare il desiderio di una vita bella, buona e felice, che abita il cuore di ogni persona, ma ritrovarla arricchita, pienamente compiuta.

Per questa tua decisione siamo tutti grati al Signore e a te. Siamo grati noi, Vescovi e i presbiteri di questa Chiesa, perché ancora una volta ci viene ricordato quanto il Signore è stato generoso con noi e perché siamo confermati, senza rimpianti, né delusioni, nella bontà della decisione che un giorno anche noi abbiamo preso di seguirlo, di dedicare la nostra vita al servizio del suo vangelo; è grato il popolo di Dio della chiesa di Senigallia, perché ancora una volta si rende conto che può contare sul Signore risorto che cammina con i suoi amici; sono grati i tanti giovani qui presenti, perché vengono a sapere che non hanno motivo di temere l’invito del Signore a seguirlo, a mettere la propria giovane esistenza a servizio del suo vangelo, per il mondo, per la Chiesa.

La nostra gratitudine diventa preghiera, richiesta al Padre che sia generoso nel donarti “la sapienza dello Spirito Santo”, perché accompagni e sostenga ogni giorno il tuo cammino di pastore, di discepolo del Risorto, anche nei giorni in cui avvertirai della croce di Cristo più il peso faticoso da sostenere che il “giogo dolce e leggero” che ti sostiene. Sappiamo che la nostra preghiera è accompagnata e sostenuta in cielo da intercessori che il Padre ascolta volentieri: da Gesù, il Figlio amato, il primogenito di molti fratelli; da Maria, la madre di Gesù e nostra; da S. Maria Goretti, piccola per i suoi 12 anni, ma grande per il suo coraggio e il suo amore; e dalla tua mamma, che con la gioia di essere con Gesù risorto prova anche quella di vederti sacerdote del Signore.