L’antifona d’ingresso della celebrazione eucaristica della seconda domenica di Avvento ci avverte che il Signore “verrà a salvare i popoli e farà sentire la sua voce potente per la gioia del nostro cuore”.
Rassicurati da questo annuncio, nella Colletta abbiamo chiesto a Dio, Padre di ogni consolazione: “parla oggi al cuore del tuo popolo”, un popolo composto da uomini e da donne “pellegrini nel tempo”. La richiesta riguarda una parola che non si arresti alle nostre orecchie, come succede per tanti suoni e per tante nostre parole, ma che prosegua il suo cammino fino al cuore, là dove decidiamo ogni giorno (l’oggi) della nostra vita, dove lasciamo entrare e custodiamo le parole che ci aprono un futuro di vita e ci indicano il percorso per abitarlo, ma dove compaiono le nostre paure e registriamo le nostre resistenze e chiusure.
La parola che Dio Padre ci rivolge in questa domenica di Avvento è una parola che consola e che impegna.
Consola perché promette “nuovi cieli e nuova terra”, un mondo nuovo dove finalmente la giustizia sia “di casa”, perché rende possibile una più equa distribuzione dei beni tra i popoli, tra le persone, perché impedisce il saccheggio delle risorse naturali, guarisce il cuore di chi agisce con violenza e inganno, libera dalla paura che alimenta chiusure e alza barriere, dà coraggio e tenacia nel promuovere le buone pratiche che garantiscono a tutti una vita serena e dignitosa.
La parola di Dio Padre ci dice che “i nuovi cieli e la nuova terra” non appartengono al mondo delle fiabe, ma sono possibili, anzi sono già in corso, perché il Signore “viene con la potenza del suo braccio” (come scrive il profeta Isaia), che non semina distruzione e morte, né provoca dolore e rancore, ma riporta la vita, rilancia la speranza, perché “raduna il gregge” disperso e si prende cura con delicatezza “degli agnellini e delle pecore madri”.
Giovanni Battista ci rivela che questo Signore che viene è “il più forte”, perché l’unico in grado di sradicare il male alle sue radici, quelle che ritroviamo e spesso alimentiamo nel nostro cuore e quelle che sono prodotte, alimentate dalle strutture di peccato che feriscono la vita di troppe persone e inquinano le relazioni tra gli umani.
La consolazione che questa parola ci offre non è simile a quella che cercano di offrire le nostre parole, che attestano più una resa di fronte al male che appare invincibile, perché ci prospetta un futuro di vita, di cui il Signore stesso si fa garante con “la potenza del suo braccio”.
La parola che Dio Padre ci rivolge è anche una parola che impegna. Con il profeta Isaia il Signore ci sollecita a “dar voce con forza” alla sua promessa che ci consola nelle nostre tribolazioni; con l’apostolo Pietro a “fare tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia”, mentre “attendiamo e affrettiamo la venuta del giorno di Dio” e con Giovanni Battista a “preparare la via del Signore, raddrizzare i suoi sentieri”, a creare cioè le condizioni che consentono al Signore di entrare nella nostra vita e di compiere le sue promesse.
Andrea, nella preghiera di ordinazione che tra poco rivolgerò al Padre, gli chiederò che la parola del Vangelo, mediante la tua predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini e raggiunga i confini della terra”.
Noi sappiamo che la parola del Vangelo è Gesù Risorto, colui che “è più forte” delle nostre fragilità, delle nostre paure, il pastore che raduna e conduce al pascolo della vita piena le pecore disperse di questi tempi sofferti, con “il braccio potente” del suo amore che si prende cura di chi è più fragile, di chi fa più fatica a tenere il passo della vita.
Gesù, nel mandato conclusivo ai discepoli prima di separarsi da loro, ci avverte che la parola del Vangelo è per tutti, perché è una Parola che attesta e realizza le promesse di Dio, quelle dei “cieli nuovi e della terra nuova”, destinate a tutti.
Per questo “da’ voce con forza” a questa Parola; “fa di tutto” perché questa Parola, che apre un orizzonte di speranza alla vita, sia ascoltata e accolta dalle persone che il ministero ti farà incontrare, nelle diverse situazioni della loro vita, anche in quelle che a prima vista appaiono le meno opportune, le più problematiche o le più lontane.
Sarai in grado di “dar voce con forza” alla parola del Vangelo, se per primo affiderai ad essa la tua vita, se ti farai suo uditore attento, se la custodirai nel cuore, come ha fatto Maria di Nazareth, se ogni giorno le consentirai di tracciare il cammino del tuo ministero, come hai riportato sull’immagine che annuncia la tua ordinazione.