Messa di ringraziamento (31 dicembre 2019)

L’ultimo giorno dell’anno dirige il nostro sguardo verso il tempo trascorso, quello dell’anno che si chiude e verso il tempo che si distende davanti a noi, quello dell’anno che sta per cominciare.

Lo sguardo sul tempo trascorso ci consente (dovrebbe consentirci) un bilancio del nostro personale cammino, delle scelte che abbiamo compiuto o che non abbiamo compiuto, di quanto ci è accaduto di positivo e di meno positivo. Un bilancio che ci auguriamo con un saldo attivo, ma potrebbe anche non essere così.

Per noi credenti lo sguardo sul tempo trascorso include (dovrebbe includere) il riconoscimento dell’azione di Dio Padre, un’azione ispirata dal suo amore (dalla sua grazia) per noi, a nostro favore. Un riconoscimento che si fa rendimento di grazie, che ci porta a confermare la nostra fiducia in Lui.

Ci auguriamo di essere disposti a questo riconoscimento, alla conferma della nostra fiducia in Dio; ma potrebbe anche non accadere.

Lo sguardo sul tempo che ci sta di fronte, quello del nuovo anno imminente, è segnato da un’attesa, dal desiderio che risulti un tempo buono, un tempo propizio per noi, per la nostra vita, per le persone che ci sono care. Gli auguri che ci scambieremo tra qualche ora e domani, attestano questa nostra attesa, il nostro desiderio.

Per noi credenti il desiderio di un tempo buono, di un tempo propizio può contare sulla buona disposizione di Dio Padre verso di noi, confermata, come c’informa la prima lettura (Num 6,22-27) dal suo mandato ai sacerdoti (i figli di Aronne) di comunicare ai pellegrini che giungevano al Tempio la sua intenzione di benedirli, di custodirli, di fare loro grazia e di concedere loro la pace.

Può contare, inoltre, sulla sua decisione di “adottarci” come figli, come scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati (4,4-7); per questo ha mandato il Figlio “nella pienezza del tempo” e lo Spirito Santo, il quale ci ricorda che agli occhi di Dio non siamo più schiavi, ma figli e ci suggerisce di chiamare Dio con il nome con cui lo chiamava lui e che indica la sua buona disposizione verso di noi – Padre, Abbà.

Come vivere questo passaggio da un anno che si conclude a un anno che sta per iniziare?

La risposta alla domanda la possiamo trovare nel vangalo proclamato (Lc 2,16-21). Sono i pastori e Maria, appena diventata mamma, che ci suggeriscono come entrare nel nuovo anno.

I pastori, gente che per la lor condizione di vita, il loro duro lavoro, non avevano dimestichezza con i testi delle Scritture Sante, che erano catalogati nel folla dei pubblicani, perché non erano nelle condizioni di frequentare la liturgia del Tempio né di osservare le numerose prescrizioni della Legge, danno credito alle parole di un Angelo, che parlano di un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia, luogo inadatto per qualsiasi neonato, un bambino che è il Salvatore atteso. Pastori che senza indugio vanno da questo bambino e che tronano ai loro pascoli raccontando di lui e lodando Dio.

I pastori ci invitano a dare credito nell’anno che sitiamo per iniziare alla parola che Dio ci rivolgerà in tanti modi e in diverse circostanze, anche in quelle che possono apparire le più improbabili per la comunicazione di Dio. I pastori ci invitano anche ad andare dal Signore “senza indugio”, a non lasciarci frenare dalle nostre paure, dalle nostre pigrizie, dalle tante occupazioni della vita che ci distraggono.

Di Maria l’evangelista Luca scrive che “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Le cose, gli avvenimenti che Maria custodisce nel cuore riguardano le circostanze della nascita di Gesù: il Figlio di Dio che nasce nel luogo dove vengono alla luce i piccoli degli animali; il salvatore d’Israele visitato solo da alcuni pastori, le persone meno titolate a rappresentare il popolo eletto. Maria  cerca con pazienza di comprendere il senso di tutto questo lasciandosi guidare dalla parola di Dio a cui aveva già dato credito. Da Maria impariamo a scoprire il senso di quanto ci accade nella nostra vita, a quanto accade nella storia dei nostri giorni, lasciandoci guidare dal Signore, dalla sua parola, quella parola che rivela il senso degli avvenimenti, “è lampada per i nostri passi luce sul nostro cammino” (Sal 118,105). Questo anche e soprattutto quando accadranno cose che ci sorprenderanno, ci turberanno, perché non saremo in grado di comprenderne da soli il significato, la buona destinazione per noi.