Epifania del Signore (6 gennaio 2020)

“O Dio… conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria”. La richiesta a Dio Padre fa riferimento alla nostra fede e avanza una richiesta per noi che già conosciamo Dio. La richiesta ci fa comprendere che la “conoscenza” della fede non riguarda tanto alcune verità, su Dio, sull’uomo, sulla sua esistenza, sul mondo, ma il riconoscimento di quanto Dio sia decisivo per la nostra vita, della sua azione a nostro favore (“la grandezza della sua gloria”). La grandezza della gloria di Dio si manifesta nell’offrire all’uomo la possibilità di un’esistenza compiuta, libera dall’aggressione del male che la mortifica. Lo ricorda il profeta Isaia, nella prima lettura (Is 60,1-6), dove parla della luce, della “gloria del Signore che brilla su Israele, una luce che allontana dal popolo eletto “la tenebra che avvolge la terra” e la “nebbia fitta che avvolge gli altri popoli”. Lo ricorda anche l’apostolo Paolo (Ef 3,2-3a.5-6) che parla del “mistero della grazia di Dio” che riguarda tutte le genti chiamate a condividere in Cristo la stessa eredità. Lo ricorda infine con acutezza S. Ireneo: “La gloria di Dio è l’uomo che vive”.

Il riconoscimento della fede non avviene una volta per sempre, ma chiede, come le decisioni più importanti della vita, di essere rinnovato nelle concrete situazioni dell’esistenza, soprattutto in quelle situazioni che sollecitano prese di posizioni decisive. La fede non smette di andare alla ricerca di Dio, per riconoscerlo ogni volta come il Signore, il liberatore della nostra vita.

Quello della fede è un riconoscimento che ha bisogno di essere sostenuto dal Signore stesso, dalla sua grazia, perché con la sola nostra sapienza, con la sola nostra libertà son siamo in grado di attivarlo e di conservarlo a fronte della vita, soprattutto quando questa mette alla prova la nostra fede nel Signore, la nostra fiducia nella sua parola, nella sua sapienza.

I Magi, di cui ci parla il vangelo di Matteo (2,1-12), con la loro ricerca di Gesù, esprimono al meglio la ricerca di Dio, una ricerca coraggiosa, insistente, che si lascia guidare e che approda all’incontro con quel bambino, che giace in una mangiatoia, riconosciuto come re e Signore.

Anche quello dei Magi è un viaggio interamente percorso con fiducia. Inizia provocato da una stella, intravista tra le milioni di stelle che trapuntano il cielo d’oriente di notte e riconosciuta come “la stella del re dei Giudei”; si conclude con l’ascolto di un sogno, dove ricevono istruzioni per il loro ritorno, diverse da quelle date da Erode.

I Magi ci invitano a fare come loro, ad andare da Gesù, mossi da desiderio appassionato di conoscerlo sempre meglio, d’incontrarlo e di manifestargli tutta la nostra fiducia. Perché anche noi come loro “proviamo una grandissima gioia”, riceviamo in dono da lui quella gioia che resta una risorsa preziosa per la  nostra vita, per questo nuovo anno che sta muovendo i suoi primi passi e perché in Gesù possiamo contemplare, riconoscere la gloria di Dio e beneficiare appieno della sua  azione a nostro favore.

Noi “andiamo da Gesù” quando partecipiamo con fede all’Eucaristia, quando riserviamo tempo a Lui nella preghiera e nell’ascolto della sua parola, quando il suo vangelo educa il nostro cuore e ispira le nostre scelte di vita, quando ci facciamo attenti a chi soffre e a chi ha bisogno di aiuto, quando prendiamo le distanze dal male, di cui possiamo diventare complici in tanti modi.

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