Omelia nella Santa Messa Crismale (Cattedrale di Senigallia, Giovedì Santo, 28 Marzo 2002)

Senigallia, 28 marzo 2002

1. Con la celebrazione della Messa crismale la Chiesa ci invita a ricordare in maniera tutta particolare il dono del sacerdozio. Il Giovedì Santo è il giorno per eccellenza dei sacerdoti, e cioè di coloro che, consacrati con l’unzione crismale, sono stati scelti e inviati per annunciare il Vangelo, per celebrare l’eucaristia e gli altri sacramenti, per guidare la comunità ecclesiale sulla via della salvezza.
E’ in questo mirabile giorno che Gesù ha istituito l’Eucaristia e allo stesso tempo ha istituito il sacerdozio: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo…;prendete e bevete: questo è il mio sangue…; fate questo in memoria di me”. Noi sacerdoti siamo nati in quella sera memorabile dell’ultima cena: ciascuno di noi era presente nel pensiero, nella volontà, nel cuore di Gesù; tra gli apostoli, seduti alla tavola pasquale, Gesù vedeva il volto di ciascuno di noi e ci pensava come suoi ministri, ministri della salvezza.

2. Il Giovedì Santo ci chiede di prendere rinnovata consapevolezza del dono del sacerdozio fatto a ciascuno di noi, della sua bellezza per la nostra vita personale e della sua importanza e necessità per la vita della Chiesa e dell’umanità. Non dovremmo mai stancarci di lodare e benedire il Signore per avere posato il suo sguardo di amore su di noi, ritenendoci degni, al di là di ogni nostro merito, di partecipare alla sua vita e alla sua missione.
Un dono così grande ha peraltro bisogno di essere continuamente ravvivato, perché si conservi perennemente la sua freschezza e bellezza. E’ questo il forte monito di Paolo al discepolo Timoteo: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te” (2 Tim 1,6). Si tratta di riaccendere, come si fa per il fuoco sotto la cenere, il dono divino, nel senso di accoglierlo e di viverlo senza mai perdere quella sua radicale novità.
Aiutati dall’invito della Chiesa, oggi vogliamo ravvivare tale dono con una particolare intensità, rinnovando le promesse che al momento dell’ordinazione abbiamo fatto davanti al vescovo e al popolo santo di Dio. Riaffermiamo con la stessa generosità e determinazione di allora la nostra volontà di essere fedeli, incondizionatamente fedeli, al dono ricevuto.
Il dono si ravviva vivendolo con gioia ed entusiasmo. Si ravviva manifestandolo in tutta la sua bellezza ai nostri ragazzi, tra i quali il Signore certamente intende chiamare alcuni al suo servizio. Quest’anno ci rallegriamo per la presenza di alcuni nostri ragazzi in Seminario; ci rallegriamo soprattutto per la prossima Ordinazione sacerdotale dei nostri due diaconi, don Andrea Franceschini e don Francesco Savini, ordinazione che, a Dio piacendo, avverrà il 5 ottobre e sarà preceduta da una Missione giovani.
In questa circostanza desidero consegnarvi, cari sacerdoti, una lettera, in cui vi esorto a prendere a cuore la pastorale vocazionale. Aiutiamo i nostri ragazzi a scoprire la bellezza del dono del sacerdozio: è un dono che dà senso pieno alla vita personale e allo stesso tempo risponde ad un bisogno urgente della comunità ecclesiale: la comunità non può vivere senza pastore e senza il nutrimento dell’eucaristia.

3. Un altro motivo che sollecita noi sacerdoti a “ravvivare il dono di Dio che è in noi” è il senso di fatica, di stanchezza, di delusione, di inadeguatezza che possiamo sperimentare nelle circostanze attuali. C’è una stanchezza fisica e morale dovuta all’età avanzata, alla malattia o alla salute malferma, alla solitudine. C’è una forma di fatica e di stanchezza legata all’esercizio del ministero pastorale: quanta fatica per accendere la fede e la carità di Cristo in cuori distratti, superficiali, indifferenti, preoccupati soltanto o quasi dell’avere, del potere e del piacere! quanta fatica per far comprendere l’esigenza di una vita coerente con la fede e con l’eucaristia! quanta fatica per suscitare partecipazione e collaborazione! quanta fatica per perseverare nella missione popolare, che abbiamo indicato come compito permanente dei nostri cristiani.
Nel corso della Visita pastorale sto toccando con mano le difficoltà che si incontrano per la pastorale giovanile e quella familiare. Pochi sono i giovani che troviamo nelle nostre assemblee. Impressionante è la crescita dei casi di famiglie in crisi o di situazioni matrimoniali irregolari. Non a caso i Vescovi italiani hanno indicato nei giovani e nella famiglia le due priorità pastorali per il prossimo decennio. In particolare la situazione dei giovani richiama la nostra primaria sollecitudine. Il problema dell’accompagnamento e dell’evangelizzazione dei giovani dobbiamo ormai considerarlo come il problema pastorale numero uno. Essi rappresentano il futuro e costituiscono la categoria più esposta agli influssi della società secolarizzata, edonista, consumistica. E’ giunto il momento che anche nella nostra Diocesi ci si coinvolga tutti quanti, nel dialogo, nel confronto, nella proposta, nella sperimentazione, per affrontare questo vitale problema. Un problema che è già stato posto all’ordine del giorno del nuovo Consiglio Pastorale Diocesano, ma dovremmo affrontarlo con urgenza nei programmi pastorali delle parrocchie, delle aggregazioni ecclesiali, di tutta la diocesi.
Certamente quello dei giovani è un problema arduo e complesso, che potrebbe spaventare alcuni, creando un senso di angoscia, di frustrazione, di scoraggiamento. Teniamo presente, tuttavia, che anche il momento della fatica, della stanchezza, della prova, nel disegno di Dio è sempre provvidenziale, in quanto offre a noi sacerdoti l’occasione, la grazia, per una fede più pura e profonda, per un abbandono più fiducioso al Signore Gesù: Egli è il solo Salvatore del mondo, noi siamo soltanto suoi strumenti. Nel riconoscimento umile del nostro essere strumenti poveri, ma docili, ci è dato di scoprire e di godere le “meraviglie di Dio”.

4. Per rinnovare il dono di Dio che è in noi, infine, siamo tutti chiamati, come ci invita il Papa nella sua lettera ai sacerdoti in occasione di questo Giovedì Santo, a riscoprire personalmente e a far riscoprire la bellezza del Sacramento della Riconciliazione. “Viviamolo innanzitutto per noi stessi, come un’esigenza profonda e una grazia sempre nuovamente attesa, per ridare vigore e slancio al nostro cammino di santità e al nostro ministero”.
L’esperienza della vita ci mostra che veramente noi portiamo un tesoro in vasi di creta (cf. 2 Cor 4,7): sebbene chiamati ad una missione altissima e consacrati con l’unzione dello Spirito, condividiamo la fragilità che è propria della condizione umana. Come sacerdoti non possiamo presumere di essere al riparo dal mysterium iniquitatis che opera nel mondo. Ma non possiamo nemmeno dimenticare che le infedeltà di un pastore – in quanto chiamato ad essere “forma gregis” – sono di scandalo per il popolo di Dio, ponendo seri ostacoli al cammino della salvezza. Da qui la necessità di accostarci noi stessi con frequenza al Sacramento della riconciliazione, lasciandoci avvolgere dall’amore misericordioso del Padre e ritrovando così un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo che stanno alla base del ministero sacerdotale.

A tutti i collaboratori dei sacerdoti – persone di vita consacrata, ministri ausiliari dell’Eucaristia che tra poco sarete istituiti o confermati nell’incarico, ragazzi e ragazze che quest’anno riceverete il sacramento della Confermazione con l’olio del Sacro Crisma che oggi sarà consacrato, tutti voi catechisti e collaboratori parrocchiali – a tutti voi fedeli qui riuniti rivolgo l’invito a pregare per i sacerdoti. Se desiderate sacerdoti santi, sacerdoti secondo il cuore di Dio, pregate per loro.
A tutti auguro di vivere con sensi di stupore e gratitudine, nella pace del cuore, in profonda comunione tra noi, questo giorno santissimo, in cui il Signore ci ha donato l’Eucaristia e il Sacerdozio, giorno che prepara e anticipa la sua Pasqua e la nostra Pasqua.