- Il titolo del messaggio – “Ecco saliamo a Gerusalemme…” (Mt 20,18) – riprende il terzo annuncio della passione che Gesù fa ai discepoli “mentre saliva a Gerusalemme”, come segnala l’evangelista Matteo.
Il terzo annuncio rivela un particolare: mentre nei primi due (cfr. Mt 16,21-23; 17,22-23) Gesù parla al singolare, qui il riferimento è al noi (“saliamo a Gerusalemme”).
Il riferimento potrebbe essere inteso come l’intenzione di Gesù, non solo d’informare i discepoli sul senso di quel viaggio, ma anche come l’invito a condividere con lui quanto sarebbe successo a Gerusalemme. Del resto Gesù, dopo il primo annuncio aveva indicato tra le condizioni per seguirlo proprio il “prendere la croce” (cfr. Mt 16,24-28), cioè condividere la sua missione.
A Gerusalemme Gesù vive la sua Pasqua di morte e risurrezione. I discepoli sono invitati a entrare nella sua Pasqua, a parteciparvi, perché quella Pasqua Gesù la vivrà per loro, a loro favore.
Il Papa, nel ricordarci lo stretto collegamento tra il cammino della Quaresima e la Pasqua («Nel percorrere il cammino quaresimale, che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” [Fil 2,8]»), qualifica il tempo quaresimale come tempo di conversione, tempo in cui ci disponiamo a entrare, a partecipare alla Pasqua di Gesù, a metterci nelle condizioni di decidere nuovamente di seguire il Signore risorto.
Una decisione la nostra che si manifesterà nel rinnovo delle promesse battesimali nella Veglia pasquale.
- Il sottotitolo del Messaggio (“Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità”) esplicita quella conversione che, è bene ricordare, non è propria solo del tempo quaresimale, ma dell’intero anno liturgico, perché rappresenta, con la fede la risposta sollecitata da Gesù nel suo iniziale annuncio: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15).
La fede, la speranza e la carità rappresentano il “tessuto” della vita cristiana. Nella loro identificazione come “virtù teologali”
- L’aggettivo “teologali” indica la loro “provenienza”: sono doni di Dio.
- Il sostantivo “virtù” segnala il “felice approdo” di questi doni: la nostra disponibilità ad accoglierli e l’impegno da parte nostra a condurre l’esistenza, con l’ “operosità della fede, la fatica della carità e la fermezza della speranza” (cfr 1Ts 1,3; Col 1,4-5).
- Nel Messaggio papa Francesco illustra l’impegno del cammino quaresimale alla luce delle “virtù teologali” della fede, carità e speranza e descrive il concreto apporto che il digiuno, la preghiera e la carità possono offrire a questo cammino
- L’impegno del cammino quaresimale: «In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’ “acqua viva” della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle».
- L’apporto del digiuno, della preghiera e della carità: «Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentate da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa».
- Il cammino quaresimale alla luce delle “virtù teologali”, praticando digiuno, elemosina e preghiera
- «La Quaresima è un tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di “prendere dimora” presso di noi (cfr Gv 14,23)».
Per il Papa questo comporta «prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa».
La pratica del digiuno e la fede:
- «Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta… a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento…».
Per il papa digiunare «vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vero o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore».
- Aiuta ad amare Dio e il prossimo: «Facendo esperienza di una povertà accettata chi digiuna si fa povero con i poveri e “accumula” la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso».
- «Vivere una Quaresima con speranza vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio “fa nuove tutte le cose” (cfr Ap 21,1-6). Significa ricevere la speranza di Cristo che dà la sua vita sulla croce e che Dio risuscita il terzo giorno, “pronti sempre a rispondere a chiunque [ci] domandi ragione della speranza che è in [noi] (1Pt 3,15).
Papa Francesco indica una buona pratica: «Siamo più attenti a “dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano” (Enc. Fratelli tutti, 223)».
La pratica della preghiera e la speranza:
«Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza vi viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza».
- «Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono e angoscia a causa della pandemia di Covid-19.
Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordiamoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: “Non temere, perché ti ho riscattato” (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire che Dio lo ama come figlio».
La pratica dell’elemosina e la carità
Per papa Francesco «il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, si trasforma in riserva di vita e di felicità». Dopo aver evocato il gesto della vedova di Sarepta che offre la focaccia al profeta Isaia (cfr 1Re 17,7-16) e di Gesù che benedice e spezza pochi pani per la folla (cfr Mt 6,30-44), conclude: «così avviene per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità».
Concludendo
Ritorniamo al titolo iniziale con la sua articolazione. I destinatari della comunicazione di Gesù (“Saliamo a Gerusalemme…”) siamo noi. Anche a noi Gesù, con quella comunicazione, rivolge l’invito a “partecipare” alla sua Pasqua.
Nel suo messaggio papa Francesco ci segnala come salire a Gerusalemme, come partecipare alla Pasqua di Gesù: avendo cura dei doni ricevuti da Dio, che sono la fede, la speranza e la carità, doni che chiedono di essere messi in condizione di dare alla nostra vita la forma di un’esistenza vissuta nella “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (cfr Gal 5,6) e “nella speranza che ci attende nei cieli” (cfr Col 1,5; 1Pt 1,3-5).
Accogliamo le proposte offerte dalla Diocesi, ai cammini decisi nelle comunità cristiane con l’atteggiamento di chi intende dare concretamente seguito a quella conversione che il Signore chiede a ciascuno di noi, personalmente e a noi come suo Chiesa