Celebrazione della Passione del Signore (Venerdì Santo 15 aprile 2022)

“Rinnovaci a immagine del Figlio tuo”, questa la richiesta rivolta a Dio Padre all’inizio della nostra celebrazione. Cosa comporta questo rinnovamento, come esprimerlo? Guardiamo alla madre di Gesù che, nel racconto di Giovanni, sta, con poche altre persone, presso la croce del figlio.

Maria, accanto alla croce, sta nell’ora di Gesù, che è l’ora della sua morte, una morte inflitta al figlio come gesto di rifiuto, di chiusura, ma che Gesù vive come gesto di obbedienza al Padre che ama gli uomini (cfr Gv 3,16) e come gesto di comunione (alleanza), di amore verso i discepoli (i suoi “fratelli”) e verso tutti gli uomini. Maria sta mentre si attua l’ora di Gesù, la sua “esaltazione”, l’attrazione di tutti gli uomini (”i figli dispersi”) a sé, nello spazio del suo amore e del suo fianco colpito, da cui esce esce “sangue ed acqua”.

Il fatto che Maria sta sotto la croce, dove si consuma una morte vissuta come gesto d’amore, offerta della propria vita da parte di suo figlio, fa pensare a un rapporto tra lo stare presso la croce di Gesù e la carità.

Maria, che era andata “in fretta” (cfr Lc 1,39), in aiuto della cugina Elisabetta, condotta dal figlio che portava in grembo, ora non va più, non si muove più. Nemmeno Gesù, che era passato in Giudea e in Galilea “beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38), ora non va più, sta sulla croce.

Lo stare, il non andare più di Maria, ha a che fare con la carità, perché è uno stare presso la croce di Gesù, uno stare che dice il senso della carità e le condizioni del suo esercizio. Il senso e le condizioni della carità, colti, quindi, a partire dalla croce di Gesù e stando presso la croce di Gesù.

Sulla croce Gesù ha sete (cfr Gv 19,28-30) e, quando è ormai spirato, un soldato lo colpisce al fianco, dal quale “esce sangue ed acqua” (cfr Gv 19,33-34). Consideriamo la sete di Gesù e la “ferita del cuore” in riferimento alla carità e al suo esercizio.

Il senso profondo della sete di Gesù è chiarito dal dialogo con la Samaritana (cfr Gv 4). La sete di Gesù esprime il suo desiderio di offrire la salvezza, il suo modo di donarsi, di servire gli uomini, che si “compie” sulla croce.

La “ferita del cuore” consente di conoscere la carità di Gesù (il dono della vita [“uscì sangue”] e l’offerta dello Spirito Santo [“ed acqua”]) e di trovare dimora (“stare”) in questa carità, quella del “cuore crocifisso”.

Stare presso la croce di Gesù dice «l’esigenza del “dimorare” nel luogo della carità, che è il cuore del Crocifisso, per poterla vivere anche come servizio ai fratelli» (G. Moioli).

Gesù crocifisso consegna al discepolo amato (e in lui a tutti i suoi discepoli, alla Chiesa) Maria come “madre”, perché impari da lei a “dimorare” nella carità, per poter “andare” in mezzo agli uomini nella carità.

Nello “stare presso la croce” di Gesù, imposta a Gesù da altri, ma vissuta da lui come gesto di alleanza, di carità, occasione di comunione, Maria diventa madre di una carità che impara ad abitare situazioni difficili, che sembrano impedirne i movimenti, bloccarla, una carità che non si lascia spegnere, non si ritira rassegnata, ma assume queste situazioni, le vive come occasioni di comunione, di incontro, di bene, come ambito in cui è possibile operare. Una carità che impara dalle cose che “patisce” e le vive secondo la logica della comunione, perché questa è la logica della croce di Gesù.

La preghiera universale che segue il racconto della passione è la prima espressione di una carità che si fa carico, delle persone, di ogni persona, come hanno fatto Gesù sulla croce e sua Madre ai piedi della croce di suo figlio.