Commemorazione dei defunti – 2 novembre 2018

La collocazione della Commemorazione dei defunti dopo la Solennità dei Santi non è casuale, ma intenzionale. Noi non saremmo qui oggi a pregare per i nostri defunti, né lo faremmo in altre circostanze, se non avessimo la speranza che i nostri cari non sono stati inghiottiti dalla morte, perché, come ci assicura il libro della Sapienza, «sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà» (Sap 3,1).

Ieri abbiamo ascoltato dalle Sacre Scritture che i Santi godono della compagnia del Risorto, l’Agnello glorioso seduto sul trono di cui parla il Libro dell’Apocalisse (cfr Ap.7,7-10), partecipano alla sua vittoria sul Maligno, il grande divisore

Questa speranza, alimentata dalla promessa di Gesù, di volerci con sé, accanto al Padre, giustifica la nostra preghiera per i defunti. Noi preghiamo per i nostri cari defunti, certamente perché vogliamo loro bene e perché l’amore che ci lega a loro non viene spento dalla loro morte. L’amore è più forte della morte.

Ma c’è un’altra ragione che sostiene e rafforza la prima. Ci viene indicata dalla preghiera con cui abbiamo iniziato l’Eucaristia, con la quale abbiamo chiesto al Padre di Gesù di “confermare in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova”.

A giustificare e sostenere la preghiera per i nostri defunti è, quindi, la speranza della risurrezione, nostra e loro. E’ la speranza che aveva Giobbe, ormai privato di tutto, dei beni, dei suoi familiari e perfino della sua salute: «Io so che il mio redentore è vivo… vedrò Dio… i miei occhi lo contempleranno e non un altro». E’ la speranza del salmista: «Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi». E’ la nostra speranza, quella che non delude, perché in noi ha preso dimora l’amore di Dio, di quel Dio che ci ha riconciliati con sé mediante suo Figlio (cfr Rm 5,5).

La speranza che alimentiamo per noi e per i nostri defunti è ulteriormente confermata e rafforzata da quell’ “accordo” di cui parla Gesù nel vangelo, tra Lui e il Padre: «Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me non lo caccerò fuori. E’ questa la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che io lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,37-40).

A noi, sono sempre parole di Gesù, è chiesto di “credere in Lui”, cioè di far conto su quanto il Padre e il Figlio hanno a cuore, che nessuno di noi si perda e sull’impegno del Figlio a risuscitare coloro che si fidano di Lui, che pongono la propria speranza in Lui.

Pregare per i defunti allora è il gesto della fede nel desiderio di Gesù e del Padre, che nessuno dei suoi figli si perda nella morte, nella promessa di Gesù di far partecipi i suoi amici della propria risurrezione. Una fede che sostiene e conforta il nostro amore per i nostri cari defunti, confermandolo più forte e più tenace della stessa morte.