Festa del Patrono San Paolino (4 maggio 2021)

I testi della parola di Dio, proclamati nella Messa, parlano di tre comunità e dei loro pastori (cfr At 20,17-18.28-32.36; 2Cor 8,9-15; Lc 12,32-34). Le comunità di Efeso, di Corinto e il gruppo dei discepoli si trovano a vivere in situazioni particolari, impegnative.
Dall’invito che Paolo rivolge agli anziani di Efeso («Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo ci ha costituiti come custodi…»), che ha convocato a Mileto per il definitivo commiato («Io so che non vedrete più il mio volto»), veniamo a sapere che la comunità di Efeso si trova in pericolo («So che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge»). Paolo affida i cristiani di Efeso al Signore («vi affido al Signore e alla parola della sua grazia… detto questo si inginocchiò con tutti loro e pregò»).
La comunità di Corinto è sollecitata dal suo fondatore, l’apostolo Paolo, a mostrarsi attenta e generosa nei confronti della comunità di Gerusalemme, che si trova in una situazione di povertà, («la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza»). Duplice la motivazione: l’esempio di Gesù («da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà») e il vantaggio che loro stessi ne possono trarre («si tratta di una cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla, ma anche a volerla»).
Gesù si rivolge al gruppo dei discepoli (“un piccolo gregge”) e dopo averli precedentemente invitati a “non preoccuparsi per la vita, di quello che mangeranno; né per il corpo, di quello che indosseranno” (cfr Lc 12,22), li rassicura («Non temete»). A giustificare l’invito sta la buona disposizione di Dio Padre nei loro confronti («Al Padre vostro è piaciuto dare a voi il suo Regno [il suo amore]»).
Le parole rivolte da Paolo alle comunità di Efeso e di Corinto, quelle rivolte da Gesù al “piccolo gregge” dei discepoli, ci consegnano l’immagine di pastori che non solo hanno a cuore le persone, che sono attente alle situazioni che rappresentano una minaccia, ma che sollecitano anche le comunità a non lasciare campo alla paura, a non restare chiuse in se stesse, esclusivamente interessate al proprio benessere. Paolo invita i cristiani di Corinto a essere generosi nell’aiutare la comunità di Gerusalemme, senza alcun timore («Qui non si tratta di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza») e Gesù sollecita i discepoli a essere generosi nel dare («Vendete ciò che avete e datelo in elemosina»).
Anche quest’anno la celebrazione di S. Paolino di Nola, patrono della nostra Diocesi, si svolge in tempo di pandemia, una pandemia che pensavamo di superare in fretta (ci ricordiamo ancora le prime reazioni corali alla comparsa del virus, nella rassicurante affermazione ripetuta quasi come un ritornello: «Tutto andrà bene»?), ma che invece si è prolungata nel tempo e sta presentando un pesante conto in termini di vite umane perse, di salute compromessa, di sicurezza economica e di serenità della vita sociale.
La pandemia ci fa sentire tuttora una comunità in pericolo, un “piccolo gregge” impaurito dalle tante minacce.
In questa situazione a darci conforto e speranza, oltre che i risultati della ricerca medica, sono state numerose persone che nei diversi ruoli (di operatori sanitari, di servizi sociali, di amministratori pubblici, di responsabili della sicurezza, di volontari dei soccorsi e dell’azione caritativa, di pastori delle comunità cristiane…) si sono fatte carico, mettendo in gioco e a repentaglio la propria vita, fino a perderla per molti di loro (sarebbe più corretto dire fino a “donarla”) di tante altre persone, quelle alle quali il virus ha compromesso la salute, ha tolto persone care, le ha private del lavoro consegnando loro e le proprie famiglie alla povertà.
Queste persone, con la loro generosa disponibilità ci ricordano che se volgiamo veramente che “tutto vada bene”, dobbiamo abbandonare uno stile di vita esclusivamente preoccupato del benessere individuale, e riconoscere che siamo una comunità, dove il prendersi cura gli uni degli altri, in modo particolare di chi si trova in difficoltà, non è un lusso, o solo di qualcuno, ma uno stile di vita.
Queste persone, inoltre, ci sollecitano a conservare lo stile dell’attenzione solidale agli altri, anche quando avremo lasciato alle spalle la pandemia e la nostra vita riprenderà il suo pieno corso.
Anche S. Paolino di Nola, che onoriamo come nostro Patrono, invita tutti noi, pastori di questa Chiesa di Senigallia, amministratori della Città, operatori sociali e sanitari, responsabili della sicurezza, volontari della carità, a conservare questo stile alla nostra esistenza e al nostro operare a favore delle persone che abitano questo territorio.
Lui, uomo colto, ricco e di nobile famiglia, con una brillante carriera politica, ricca da traguardi importanti, come la somma magistratura del Consolato prima e successivamente l’incarico di Governatore della Campania, sposo felice, non si è chiuso in se stesso, non ha coltivato l’esclusivo interesse per il proprio benessere, ma ha condiviso la propria esistenza che appare a noi, come abbiamo riconosciuto nella preghiera iniziale, “un luminoso esempio di servizio pastorale e di amore ai poveri”.
A S. Paolino, oggi chiediamo d’intercedere presso il Signore per noi, “piccolo gregge” in sofferenza e impaurito, chiediamo anche di aiutarci a seguire il suo “luminoso esempio” di servizio e di amore. Nella consapevolezza che, come ci ammonisce papa Francesco: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla».

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