Festa della Madonna della medaglia miracolosa (26 novembre 2021)

Nella preghiera della Colletta, dopo aver dichiarato la nostra gioia per l’immensa bontà che Dio manifesta nella singolare condizione della Vergine Maria (“Immacolata”, messa cioè al riparo dal contagio del peccato,) chiediamo a Dio che la “materna protezione” della Vergine Maria ci garantisca il conforto che deriva dal fatto che Dio si prende cura anche di noi (“ci assicuri il conforto della sua provvida sollecitudine”) e che, come lei “liberamente serviamo, nella fede, al mistero della redenzione”.

Questa seconda richiesta dice il senso, la destinazione del nostro ministero: noi siamo al servizio della redenzione, del Dio che riscatta, libera, le persone dal male che avvilisce la loro esistenza e non solo la loro esistenza, ma anche l’intera creazione. Noi siamo diventati preti per questo, per consentire a Dio di esprimere la sua immensa bontà a favore degli uomini peccatori.

Oggi guardiamo a Maria, da Dio “associata in modo singolare al mistero del suo Figlio” (la Pasqua che libera gli uomini dal male), per comprendere ancora meglio come “servire” la redenzione degli uomini da parte di Dio. Consideriamo quanto ci richiama Maria, a Cana di Galilea, durante un banchetto di nozze, come racconta il vangelo di Giovanni (Gv 2,1-11).

Maria ci suggerisce un atteggiamento decisivo nell’esercizio del nostro ministero: l’ascolto.

A Cana Maria ascolta e invita ad ascoltare. La Madre di Gesù è attenta (ascolta) a quanto succede durante quella festa, non si lascia distrarre dal rumore della festa, né concentra l’attenzione su di sé; per questo si rende conto dell’accaduto (“venuto a mancare il vino”), che avrebbe compromesso quella festa di nozze.

Anche se non è esplicitato dal racconto evangelico, Maria “ascolta” il figlio, Gesù, perché nella segnalazione (“non hanno più vino”) riconosce che solo lui ì in grado di provvedere a quella mancanza e di assicurare il buon esito della festa.

Maria invita ad ascoltare. Anzitutto suo Figlio, perché si renda conto di quanto sta accadendo e vi provveda; poi i servitori, perché prestino ascolto a suo figlio (“qualsiasi cosa vi dica, fatela”).

E’ grazie a Maria che la festa di nozze a Cana di Galilea non s’interrompe e che i discepoli, dopo quel “segno” con il quale Gesù “manifesta la propria gloria” (si rivela), “credettero in lui”.

Saremo all’altezza di quanto il Signore ci chiede – collaborare con lui per la redenzione degli uomini – se, come Maria, sapremo ascoltare le persone, le loro vicende, soprattutto quando sono segnate dalla sofferenza, dallo smarrimento; se, nell’esercizio del ministero, accoglieremo il suo invito a “fare qualunque cos suo figlio ci dice”, resistendo alla tentazione dell’autoreferenzialità che ci porta a leggere la realtà, a svolgere il ministero tenendo come unico punto di riferimento noi  stessi.

Se coltiveremo l’ascolto come costante disposizione del nostro ministero, anche noi saremo nelle condizioni di riconoscere, come i discepoli, l’azione liberatrice di Gesù, che non lascia mancare alle persone il vino buono del suo amore e della speranza.

Chiediamo a Maria di continuare a svolgere la sua materna protezione nei nostri confronti, sollecitandoci a quell’ascolto che Lei, per prima, ha attivato a Cana di Galilea.