Nel saluto con cui Elisabetta accoglie Maria nella sua casa, troviamo due aggettivi che consentono di comprendere il felice approdo della vita di Maria che celebriamo nella solennità odierna (Maria è “assunta” in cielo subito dopo la propria morte). Maria è salutata dalla cugina come donna “benedetta” e “beata (fortunata, persona da apprezzare)”. Mentre del primo aggettivo non viene detto il motivo (perché Maria è benedetta), del secondo si indica il perché della sua beatitudine: «ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Maria, quindi, è “beata”, perché ha dato credito alla parola di Dio, che inizialmente l’aveva turbata e provocato in lei tante domande (cfr Lc 1, 26-38), una parola che tracciava il cammino della sua esistenza («Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo…», Lc 1,31-33).
Anche Gesù, il figlio generato da lei, più tardi, rispondendo a un donna che manifestava pubblicamente il proprio apprezzamento per sua madre («Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato»; Lc 11,27), aveva inserito Maria tra i “beati”: «Beati piuttosto colo che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11,28).
Maria, poi, proprio perché “ha creduto” alla parola di Dio, fino a “dare carne” a questa Parola, il Figlio di Dio, partecipa in modo singolare alla vicenda di Gesù, fino alla sua vittoria sulla morte.
L‘apostolo Paolo, nel brano della prima lettera ai Corinti, proclamato nella seconda lettura, scrive che se «in Adamo tutti muoiono» (quindi anche Maria ha conosciuto la morte dei figli di Adamo), «così in Cristo tutti riceveranno la vita», quella vita non più minacciata dalla morte, «l’ultimo nemico ad essere annientato da Gesù».
Maria partecipa in modo singolare alla vittoria di Cristo sulla morte, come recita il prefazio della Messa della solennità dell’Assunta: «Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita».
Per questo singolare approdo della propria esistenza Maria rappresenta per “il popolo di Dio, pellegrino sulla terra”, per noi quindi, “un segno di consolazione e di sicura speranza” (dal prefazio della Messa).
Maria resterà “segno di consolazione e di sicura speranza” per noi. in cammino come “esuli figli di Eva in questa valle di lacrime” (come riconosciamo nella preghiera mariana della “Salve Regina”), se non ci limiteremo a celebrarla nella festa liturgica della sua assunzione al cielo, ma se guarderemo a lei come la “stella” che brilla sul nostro cammino, se ascolteremo anche noi il suo invito rivolto ai servitori durante un banchetto di nozze a Cana di Galilea: «Qualsiasi cosa (Gesù, mio figlio) vi dica, fatela» (Gv 2,5).
Ascoltando il suo invito, seguendo il suo esempio, potremo chiederle con serenità e fiducia che, al compimento del nostro cammino sulla terra (“dopo questo esilio”), ci “mostri Gesù, il frutto benedetto del suo seno”. E Maria sarà ben felice di esaudire la nostra richiesta.