«Non sia turbato il vostro cuore». Questo l’invito rivolto da Gesù ai discepoli, nell’ultima sera che trascorrono insieme. Quando il cuore è turbato abbiamo bisogno che qualcuno ci rassicuri, che ci offra una via d’uscita dal nostro turbamento.
Quella sera il turbamento dei discepoli era molto forte. E c’era una ragione: i discepoli avevano sperato a lungo che Gesù non desse seguito alla sua decisione di consegnarsi alla morte. Ora era chiaro che questo non sarebbe accaduto e che la loro speranza risultava definitivamente compromessa, delusa. Una speranza intensa quando viene delusa lascia il posto a un grande turbamento.
Gesù invita i discepoli a non arrendersi al turbamento del loro cuore, li sollecita a confermare la loro fiducia in Dio Padre e in lui («Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me»).
Per Gesù l’antidoto efficace al turbamento del cuore è la fede; per questo invita i discepoli ad aver fiducia in Dio Padre, perché Lui ha sperimentato l’affidabilità di questo Padre. A questo Padre affidabile Gesù consegnerà la propria vita, resistendo al turbamento del cuore che anche lui stava già sperimentando («Adesso l’anima mia è turbata», Gv 12,27).
Gesù invita i discepoli ad aver fiducia anche in lui, perché la sua partenza da loro non è un abbandono, perché continuerà a prendersi cura di loro, in un modo nuovo, sorprendente, che consentirà ai discepoli di stare sempre con lui, in una dimora stabile, quella dell’amore del Padre.
L’apostolo Paolo ci ha detto, nel testo della lettera ai Romani appena proclamato, che niente e nessuna situazione, nemmeno la morte, è in grado di separarci da Cristo, di portarci via da quella dimora («Chi ci separerà dall’amore di Cristo?… Io sono infatti persuaso che né morte né vita… né nessun altra creatura potrà mai separaci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore», Rm 8,37-39).
I due testi della parola di Dio, mi pare, spiegano bene da dove don Attilio ha attinto la serenità in questi ultimi anni della sua esistenza, segnata dalla sofferenza dell’invalidità. E’ la serenità che nasce dalla fede, dal sapere di avere con sé il Signore (Scrive nel suo testamento: «Vivo la vita in serena comunione con Gesù»), di poter contare su di lui, dal riconoscere la sua azione nella trama di un’esistenza attraversata da prove dolorose; che diventa rendimento di grazie (scrive ancora don Attilio: «Ringrazio il S. Cuore che in tutta la mia vita mi ha sempre protetto anche attraverso le vicende dolorose nel corso della mia vita»).
Questa serenità l’ho colta anche nelle sue parole di questi ultimi tempi («Sto aspettando il Signore, sono nelle sue mani») e nel racconto della sua vita, che lui affidava a brevi fascicoli, dove emergeva il riconoscimento dell’azione provvidente di Dio.
Ora l’attesa di don Attilio è conclusa e si compie anche per lui la promessa di Gesù ai discepoli («Vado a preparavi un posto… quando vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi», Gv 14,2-3). Ora don Attilio è definitivamente nelle mani del Signore, che ha servito con un ministero generoso e lungo (per ben 63 anni).
Signore Gesù ti chiediamo di accogliere don Attilio, di indicargli quel posto che tu hai preparato per lui, perché stia sempre con te, nella dimora dell’amore del Padre. E tu don Attilio accompagna il cammino della nostra Chiesa di Senigallia, del nostro presbiterio, accompagna in particolare il cammino dei ragazzi, ai quali ti sei dedicato a lungo nel tuo ministero.