«Non sia turbato il vostro cuore». I discepoli, quella sera, l’ultima che trascorrevano con Gesù, erano turbati perché sapevano che avrebbero perso Gesù, il Maestro sul quale avevano investito la propria vita. Gesù li sollecita a non cedere al turbamento che rattrista il loro cuore e li invita a dare credito a Dio e a lui («Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me»), con la promessa che non li avrebbe abbandonati, perché li avrebbe presi con sé nella casa di suo Padre, dove c’era un posto disponibile per tutti («Vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi»).
Gesù propone ai discepoli di avere fede in Dio, suo Padre, perché lui per primo aveva sperimentato come la fede gli aveva consentito di superare il turbamento patito davanti alla tomba di Lazzaro, suo caro amico («Padre ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto…», Gv 11,41-42) e, nuovamente, quando la prospettiva della propria morte imminente lo aveva nuovamente turbato (Gv 12, 27: «Adesso la mia anima è turbata»).
Oggi l’invito di Gesù a dare credito a Dio e a Lui è rivolto a noi – a Simone, anzitutto, ai parenti, alle amiche e agli amici di Noemi, a chi l’ha conosciuta e apprezzata – turbati per la sua morte violenta, scioccante.
Perché dare credito a Dio Padre e a Gesù? perché non abbandonano Noemi nelle mani della morte, perché l’amore che Dio riserva ai suoi figli – e Noemi è tra questi – non soccombe di fronte alla morte che colpisce gli uomini, come ci assicura l’apostolo Paolo («Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore», Rm 8,38-39), perché Gesù promette anche a noi che non ci abbandona, perché ci vuole con sé, partecipi della sua vita risorta, sottratta definitivamente alla presa della morte.
Per Noemi si compie ora la promessa di Gesù. Per lei Gesù non è uno sconosciuto, un estraneo per la sua vita, perché ogni domenica lo incontrava qui, nella chiesa di Barbara, partecipando alla Messa, il gesto che Gesù ha lasciato come segno forte e rassicurante della sua vicinanza («Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi», Mt 28,20). E in questa chiesa Noemi, con alcuni suoi amici, ogni domenica, animava la Messa, l’incontro con Gesù risorto, cantando, guidando, con la sua chitarra, il canto dell’assemblea. Se il canto esprime gioia e serenità, possiamo pensare che Noemi era felice di incontrare il Signore, di ascoltare la sua parola, di sentirsi ripetere da Lui l’invito ad accoglierlo nel suo cuore e nella sua giovane vita. Pensiamo anche che senta sue le parole del profeta Isaia, proclamate nella prima Lettura :«Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza» (25,9).
Tra i tanti ricordi che tu Simone e che voi amici custodirete di Noemi, permettetemi di raccomandarvi quello di una ragazza piena di vita, felice di aver compreso che di Gesù poteva fidarsi. Custodire questo ricordo non come si custodisce un oggetto, ma come si coltiva una memoria che indica un percorso buono per la propria vita.