La domenica, alla quale siamo introdotti da questa celebrazione, accanto alla festa liturgica della presentazione al Tempio di Gesù e alla giornata di preghiera per la vita consacrata, presenta anche Maria, che nella nostra chiesa di Senigallia preghiamo, come “Madonna della speranza”.
Il rito che ha introdotto l’Eucaristia ci dà la chiave di lettura di quanto offerto dalla domenica ormai imminente. L’introduzione alla benedizione delle candele ha parlato di una “Chiesa in festa”, nel giorno in cui Maria e Giuseppe hanno portato Gesù al Tempio, in obbedienza alle prescrizioni della Legge sui primogeniti maschi. Al Tempio Gesù incontra due persone anziane, Simeone e Anna, i quali “illuminati dallo Spirito lo riconobbero Signore e, pieni di gioia, gli resero testimonianza”, come racconta l’evangelista Luca (2,22-40).
La stessa introduzione ha parlato anche di noi “qui riuniti dallo Spirito Santo”, che, come Simeone e Anna, incontriamo Gesù nel casa di Dio. Gesù lo incontriamo non più come un bambino di pochi giorni, ma nel “pane spezzato” (la sua vita donata) per noi, che attendiamo di incontrarlo un giorno “nella sua gloria”. Prima di benedire le candele “i segni luminosi” con i quali andiamo incontro a Dio, abbiamo chiesto al Dio, “datore di verità e di luce”, di “guidarci sulla via del bene”, perché siamo in grado di “giungere alla luce che non ha fine”.
La luce che non si spegne (“non ha fine”) è Gesù, come ha riconosciuto Simeone, “uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele, e lo Spirito Santo era su di lui”, il quale, con in braccio Gesù, benedice Dio, perché “i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per rivelarti alle genti…”.
L’Autore della Lettera agli Ebrei, proclamata nella seconda lettura (2,14-18) spiega bene perché Gesù è la “luce che non ha fine”, perché è “la salvezza preparata da Dio per tutti i popoli… la luce che lo rivela alle genti”, perché mette fuori gioco (“riduce all’impotenza”) colui che “detiene il potere della morte” (il diavolo) e libera gli uomini, e noi siamo tra questi, dalla schiavitù imposta, in tanti modi, dalla morte.
Gesù, la luce intramontabile, al Tempio non ci va da solo, è ancora troppo piccolo per camminare, vi è portato da Maria e da Giuseppe. E dei tanti primogeniti maschi portati al Tempio in quei giorni, solo del figlio di Maria Simeone dice che è speranza per molti in Israele (“egli è qui… per la risurrezione di molti in Israele”).
La nostra chiesa diocesana prega Maria come “Madonna della speranza”. Riconoscere e pregare Maria come “Madre di speranza” trova la sua piena giustificazione nel fatto che Maria genera e porta Gesù, il Figlio di Dio, colui che è la speranza per ogni persona. Lo ha portato nella casa della cugina Elisabetta, suscitando l’esultanza della cugina e del bambino che portava in grembo; lo ha portato nel Tempio di Gerusalemme, per la gioia di Simeone e di Anna; lo porta a ciascuno di noi, come luce e salvezza per la nostra esistenza di “esuli figli di Eva”; lo mostrerà a noi, dopo “il “nostro esilio, in questa valle di lacrime”, come la preghiamo in una delle più toccanti preghiere a lei rivolte, la Salve Regina.
E con noi questo pomeriggio ci sono alcune persone che ci testimoniano con la loro esistenza di consacrati/e che Gesù non è una luce fioca, debole, che soccombe di fronte all’aggressione delle tenebre del male, ma è una luce forte, intramontabile, capace di illuminare il cammino di una esistenza e di rallegrare il cuore. Ci dicono che Gesù può costituire veramente una speranza, forte, affidabile, per la vita di ciascuno di noi, se ci lasciamo raggiungere dal suo amore e illuminare dalla sua parola.
Per questo vogliamo ringraziare il Signore per voi, per la vostra presenza e la vostra testimonianza nella nostra chiesa di Senigallia. Il nostro grazie diventa preghiera perché il Signore accompagni il vostro cammino di persone consacrate, perché sia generose con le sue benedizioni con chi tra di voi, ricorda anniversari particolari di professione religiosa.
La nostra vuole essere anche una preghiera di domanda, accorata e fiduciosa, perché molti giovani non abbiano paura a “scegliere come ideale di vita di servire il Signore nei loro fratelli”.