Anche in alcuni testi della terza Messa di Natale – la Messa del giorno, dopo quella della notte e dell’aurora – troviamo il riferimento alla luce, un riferimento più discreto, ma comunque presente.
Nel versetto al canto dell’Alleluja: «Oggi una splendida luce è discesa sulla terra». Noi sappiamo che questa “splendida luce discesa sulla terra” non è quella di un corpo celeste particolarmente luminoso né è provocata da un fenomeno atmosferico, ma è quella rappresentata dalla nascita del Figlio di Dio, accaduta molti anni fa e ancora garantita dalla sua presenza tra noi, come scrive Giovanni all’inizio del IV vangelo, appena proclamato («E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi»).
E proprio nel Prologo del IV vangelo (GV 1,1-18) troviamo in due passaggi l’accostamento tra il Verbo di Dio (un altro nome che qualifica Gesù) e la luce.
Nel primo passaggio («in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini») l’identificazione tra luce e vita è particolarmente significativa: le vita rappresenta una garanzia, una risorsa per gli uomini, come lo è la luce. Da parte sua la luce è garanzia di vita: senza la luce la vita si blocca, ogni attività s’interrompe (lo attestano i blackout di cui ci raccontano le cronache). E senza la luce di una speranza affidabile, di un senso persuasivo, ogni decisione, ogni investimento di noi stessi, risulta problematico, se non addirittura impossibile (lo attestano questi lunghi e dolorosi mesi contagiati dalla pandemia).
Nel secondo passaggio («Venne nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo») la sottolineatura riguarda la qualità – “vera” – della luce. Il Figlio di Dio che è venuto ad abitare tra noi è “la luce vera” perché “illumina ogni uomo”, in quanto ne è l’origine e ne rappresenta il compimento (scrive l’apostolo Paolo in Col 1,16-17 che «tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.. e tutte in lui sussistono»). L’aggettivo “vera” accreditato al Figlio di Dio ce viene nel mondo lascia intendere che nel mondo ci altre persone che, anche se si presentano come autorevoli maestri di vita, alla prova dei fatti non offrono alcuna luce che sciolga effettivamente il mistero della esistenza umana.
La liturgia della Messa con questa identificazione tra il Figlio di Dio e la luce vera che illumina la nostra vita ci aiuta a vivere con consapevolezza la celebrazione della nascita di Gesù, ma soprattutto ci invita a permettere che questa luce illumini la nostra vita, anche negli altri giorni, quelli che nel calendario precedono e seguono il giorno di Natale.
Ambedue i passaggi del Prologo parlano anche di un’opposizione che questa luce ha ricevuto e che continua a ricevere. Nel primo testo l’opposizione è quella della tenebre («la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta»); nel secondo testo l’opposizione proviene dal mondo e, addirittura, da quel mondo che più vicino («Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto»).
I due brevi accenni del IV vangelo riassumono il dramma che attraversa la storia dell’umanità: il mondo non riconosce il proprio Creatore. Un dramma che si ripete ogni volta che questa luce vera che è il Figlio di Dio non è riconosciuta come il garante della nostra vita, della sua piena espressione, come la luce autentica che realmente dissipa le tante tenebre che spesso si addensano e oscurano non solo i nostri giorni, ma anche i nostri cuori.
Il Figlio di Dio che è nato per noi, che cammina con noi sarà luce per il nostro cammino, una luce che non ci acceca né ci inganna, se noi non la oscureremo con le tenebre della presunzione di essere noi luce della nostra vita e di quella degli altri, di essere noi i garanti più affidabili della nostra esistenza e di quella degli altri; se non chiuderemo a essa gli occhi del cuore dell’intelligenza o se non rivolgeremo il nostro sguardo ad altre luci, che ci sembrano immediatamente più affidabili di quella rappresentata da Gesù, il Figlio di Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi, uomo tra gli uomini.