Giorno di Pasqua (9 aprile 2023)

Nella vita, penso sia capitato a tutti, almeno una volta, probabilmente più volte, di dire: «E’ troppo bello per essere vero». Abbiamo reagito così di fronte a notizie inattese e rassicuranti o di fronte a soluzioni positive, impreviste, di situazioni preoccupanti, ingarbugliate o addirittura, a nostro avviso, senza sbocchi favorevoli. E nel nostro cuore s’intrecciavano reazioni contrastanti: la gioia per quanto sta accadendo e il timore che la realtà sia altra rispetto a quanto ci è stato detto o abbiamo intravisto.

Devono aver pensato questo Maria di Magdala e l’altra Maria, le quali, nel racconto del vangelo (Mt 28,1-10), dopo la paura provocata dal grande terremoto («Ed ecco, vi fu un gran terremoto») e dall’azione dell’angelo («sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa»), dopo aver ascoltato le sue parole («Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto»), Matteo annota che «abbandonarono in fretta il sepolcro con timore e gioia grande».

Le due donne, quando non era ancora pieno giorno (“all’alba”) erano andate al sepolcro per compiere quel gesto che spesso compiamo noi verso i nostri cari defunti. Per loro, come per i discepoli, il Maestro era morto e non restava che onorarlo con la pietà e la delicatezza con cui onoriamo i defunti (Marco e Luca raccontano che le donne vanno al sepolcro di Gesù, portando dei profumi). Non si aspettavano certo né di trovare il sepolcro vuoto né tanto meno che il Maestro fosse risorto (Giovanni racconta che Maria di Magdala, alla vista della pietra tolta dal sepolcro, torna di corsa dai discepoli con la notizia che il Signore era stato trafugato dal sepolcro e che non si sapeva dove era stato portato). Ecco perché la notizia data dall’angelo aveva suscitato in loro certamente una “gioia grande”, che restava però ostaggio del timore che fosse troppo bella per essere vera.

A risolvere il nodo di queste contrastanti emozioni è Gesù stesso, il quale “va incontro alle donne” (nei racconti pasquali è sempre Gesù che prende l’iniziativa, che va incontro, ai discepoli, alle donne, a Maria di Magdala) e le rassicura proprio riguardo al loro timore (“Non temete”).

Al cuore della nostra fede sta la notizia che Gesù, il crocifisso, è risorto; che Gesù, il Figlio di Dio, con la sua morte e risurrezione, come abbiamo riconosciuto nella preghiera della Colletta di questa Messa, («Ha vinto la morte e ci ha aperto il passaggio alla vita eterna»), che nella nostra vita è possibile prendere le distanze dal male, contrastarlo, che possiamo fa conto su una speranza solida che resiste ai rovesci della vita e alla sfida della morte, se ci fidiamo di lui, se ascoltiamo la sua parola, se lo frequentiamo nell’Eucaristia che celebriamo nella Pasqua settimanale che è la domenica e nei sacramenti della sua grazia, del suo amore.

Le due donne che vanno al sepolcro, con il timore e la gioia grande che convivono nel loro cuore, ci interpellano, ci chiedono se anche per noi il fatto che Gesù è risorto, è il Vivente, che con la sua morte e risurrezione ha sconfitto il male e ci ha aperto un orizzonte di vita sottratta alla presa della morte, a volte o spesso, nella vita, ci appare solo come una bella notizia, troppo bella per essere vera e realmente rassicurante, come una roccia su cui costruire la casa della nostra esistenza.

Ogni volta che nell’Eucaristia celebriamo la pasqua del Signore Gesù, Lui ci viene incontro e anche noi  rivolge l’invito a non temere, a non concedere spazio alle nostre paure. Lasciamo entrare nel nostro cuore turbato l’invito del Signore, perché sappiamo dire con la nostra vita che “veramente il Signore è risorto!”.

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