In occasione del centenario della nascita di Don Giussani (1922 – 2022) Comunione e Liberazione della diocesi di Senigallia ed il centro culturale Simona Romagnoli di Ostra, con il patrocinio del comune di Senigallia e della diocesi di Senigallia, presentano la mostra “Giussani 100”. La mostra resterà aperta dal 3 all’11 dicembre (orario giorni feriali dalle16 – 19,30; prefestivi e festivi dalle 10 – 12,30 e 16 -19,30) Ingresso libero. Info 333.5240701.
L’inaugurazione della mostra, allestita alla Rotonda a mare di Senigallia, sarà sabato 3 dicembre alle ore 18. Interverranno Mons. Giancarlo Vecerrica, Vescovo emerito della diocesi di Fabriano – Matelica, e Letizia Paoli Bardazzi, presidente dell’associazione italiana centri culturali. Porteranno il loro saluto Massimo Olivetti, sindaco di Senigallia, e l’On. Lucia Albano, sottosegretario al Ministero dell’Economia e Finanze.
L’itinerario della mostra, già stata presentata l’agosto scorso al Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini, offre la possibilità di conoscere la figura di don Giussani, alternando riflessioni e commenti sulla sua persona a momenti di ascolto diretto di brani audio e video ‑ alcuni inediti ‑ tratti da suoi interventi e discorsi. Fotografie, immagini e riproduzioni digitali documentano episodi e ambientazioni della sua vita.
Luigi Giovanni Giussani nasce il 15 ottobre 1922 a Desio, comune della Brianza a Nord di Milano. I genitori sono Beniamino, disegnatore e intagliatore, e Angelina Gelosa, operaia tessile. Lui socialista, lei cattolica, saranno fondamentali per la formazione umana e religiosa del giovane Giussani.
Entra in seminario a undici anni e viene ordinato sacerdote il 26 maggio 1945 dal cardinale Ildefonso Schuster.
Durante il liceo si appassiona allo studio della letteratura, in particolare all’opera di Giacomo Leopardi, perché la sua «problematica mi sembrava oscurare tutte le altre». Se ne appassiona talmente che impara a memoria tutte le sue poesie e per periodi interi studia soltanto quello, «…poi, a sedici anni scoprii una chiave di lettura della sua opera poetica che ha fatto di lui il compagno più suggestivo del mio itinerario religioso.
L’intuizione nasce durante una lezione sul prologo del Vangelo di Giovanni (successivamente Giussani stesso chiamerà questo episodio il «bel giorno»), in cui sente il professore dire: «Il Verbo di Dio, ovvero ciò di cui tutto consiste, si è fatto carne. Perciò la bellezza s’è fatta carne, la bontà s’è fatta carne, la giustizia s’è fatta carne, l’amore, la vita, la verità s’è fatta carne: l’essere non sta in un iperuranio platonico, si è fatto carne, è uno tra noi». In quel momento Giussani si ricorda dell’inno Alla sua donna del poeta di Recanati: «In quell’istante pensai come quella di Leopardi fosse, milleottocento anni dopo, una mendicanza di quell’avvenimento che era già accaduto, di cui san Giovanni dava l’annuncio: “Il Verbo si è fatto carne”»
Questa passione per la bellezza e l’attenzione per i gesti quotidiani sono due dei tratti della sua personalità che più colpiranno chi avrà l’occasione di incontrarlo di persona. Per lui infatti «se la bellezza è lo splendore del vero, allora il gusto, l’estetica, il gusto estetico, è la modalità con cui l’uomo percepisce il vero».
«Il Verbo di Dio si è fatto carne. Perciò la bellezza s’è fatta carne, la bontà s’è fatta carne, la verità s’è fatta carne»
Dopo l’ordinazione sacerdotale, i superiori decidono che il giovane Giussani rimanga in seminario per continuare gli studi e iniziare l’insegnamento. Nel 1954 consegue il dottorato in Teologia con una tesi su Il senso cristiano dell’uomo secondo Reinhold Niebuhr. In quegli anni, tuttavia, Giussani si rende conto che nell’apparente buona salute della vita del cattolicesimo italiano, con le chiese piene e milioni di voti dati alla Democrazia Cristiana, già si agita la crisi profonda: il divorzio tra fede e vita, la tradizione in contrasto con la mentalità presente, la morale ridotta a moralismo. Pur conoscendo dottrina e dogmi i giovani restavano profondamente “ignoranti” della Chiesa e se ne allontanavano. Per questo ottiene dai superiori di poter insegnare Religione in un liceo statale. A partire dal 1954 entra al Liceo classico Berchet di Milano, dove rimarrà fino al 1967.
«La mia vicenda è la vicenda di tanti che, volendo bene ai giovani, riescono, per grazia di Dio – in questo senso si può chiamare “carisma” – a comunicare loro certezze e affettività di cui altrimenti sembrerebbero incapaci»
Contenuto delle sue lezioni sono i temi che lo accompagneranno – in un approfondimento che non avrà mai fine – lungo tutto il suo itinerario umano e di educatore: il senso religioso e la ragionevolezza della fede, l’ipotesi e la realtà della Rivelazione, la pedagogia di Cristo nel rivelarsi, la natura della Chiesa come continuità della presenza di Cristo nella storia fino a oggi.
La sua presenza nella scuola dà un nuovo impeto a Gioventù Studentesca (il nome con cui Azione cattolica era presente nelle scuole superiori) e le dà il connotato di un vero e proprio Movimento.
È l’inizio della storia di Comunione e Liberazione.
Dall’anno accademico 1964-1965 don Giussani insegna Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, cattedra che manterrà fino al 1990. La sintesi organica di questo insegnamento verrà pubblicata tra il 1986 e 1992 nei tre volumi del “PerCorso”: Il senso religioso, All’origine della pretesa cristiana e Perché la Chiesa.
Il senso religioso diventerà un longseller, tradotto in 23 lingue e presentato ovunque nel mondo.
Nel 1968 Gioventù Studentesca viene investita dall’impeto della contestazione e molti dei membri aderiscono al Movimento studentesco, abbandonando l’esperienza cristiana. Nello stesso anno don Giussani pone le basi, attraverso una serie di incontri al Centro Culturale Péguy di Milano, per una ripresa dell’esperienza originale del Movimento. Il nome “Comunione e Liberazione” nasce l’anno successivo.
Dall’inizio degli anni Settanta si coinvolge direttamente con un gruppo di studenti dell’Università Cattolica. Sono anni di grande dinamicità e il Movimento si diffonde in tutti gli ambiti: la scuola, l’università, le parrocchie, le fabbriche, i luoghi di lavoro, spesso sfidando con successo ambienti culturalmente e politicamente ostili.
Con l’inizio degli anni Novanta si manifestano i primi segni della malattia che in modo sempre più grave lo accompagnerà per oltre un decennio, sino alla morte. Più d’uno ha rilevato il parallelismo tra la vita di don Giussani e quella di Giovanni Paolo II e di tutto ciò resta un sigillo struggente: l’immagine di quel loro incontro in piazza San Pietro il 30 maggio ’98.
Si consolidano amicizia e consonanza con il cardinale Ratzinger, Prefetto della Dottrina della Fede, come il cardinale stesso non mancherà di rilevare.
«Non solo non ho mai inteso “fondare” niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta»
Nella primavera del 2004 ottiene dal cardinale di Madrid Antonio Rouco Varela – al quale aveva inoltrato la richiesta – che don Julián Carrón si trasferisca a Milano per condividere con lui la guida del movimento di Comunione e Liberazione. È del nuovo millennio, tra il 2002 e il 2004, lo straordinario scambio epistolare con papa Wojtyła che si concluderà con una lettera in cui don Giussani scrive: «Non solo non ho mai inteso “fondare” niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta».
L’ultimo messaggio al Movimento è del 16 ottobre 2004, in occasione del pellegrinaggio a Loreto per i cinquant’anni di CL. Le parole iniziali sono: «Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza! Questa è la frase più importante per tutta la storia della Chiesa; in essa si esaurisce tutto il cristianesimo». Il 22 febbraio 2005 muore nella sua abitazione di Milano.
I funerali sono celebrati nel Duomo di Milano dall’allora cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, come inviato personale di Giovanni Paolo II. È sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano. La sua tomba è meta di continui pellegrinaggi dall’Italia e dal mondo.
«Don Giussani è divenuto realmente padre di molti, ha guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del mondo per il cielo»( Joseph Ratzinger)
Al termine della messa celebrata nel Duomo di Milano nel settimo anniversario della morte di don Giussani, il 22 febbraio 2012 don Carrón comunica di avere inoltrato la richiesta di apertura della causa di beatificazione e di canonizzazione del sacerdote di Desio. L’istanza è accolta dall’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.