«Grande degnazione che Dio venga in cerca dell’uomo, grande dignità dell’uomo così cercato!»

(S. Bernardo)

«Almeno a Natale…». Probabilmente questa è l’espressione tra le più pronunciate o pensate nei giorni che precedono il 25 Dicembre. A ispirarla è il desiderio che almeno a Natale accada o siamo capaci di compiere quanto durante il resto dell’anno non accade o non siamo nelle condizioni di compierlo. E allora speriamo che almeno a Natale si riesca a comunicare tra le persone, magari familiari, a ricomporre dissidi e a guarire ferite; che almeno a Natale la cronaca ci offra notizie che rallegrano il cuore, lo aprono alla speranza; che almeno a Natale la gente si lascia convincere a fare cose buone.

Perché proprio a Natale alimentiamo questa speranza? Perché tra le tante nascite tra gli uomini quella di un bambino chiamato Gesù, avvenuta nella campagna di Betlemme, appare come una nascita capace di alimentare grandi speranze.

Per S. Bernardo la nascita del figlio di Maria dice fin dove si spinge il cuore grande di Dio, il Padre di quel bambino, fino a “venire in cerca dell’uomo”, che nel corso della sua storia non ha dato e continua a non dare prove esaltanti di sé, vista l’attitudine, confermata ampiamente anche dalle cronache di questi ultimi tempi, a compiere il male, a pianificare sofferenze da infliggere ai suoi simili, senza limiti di età, ad alimentare intolleranza e rifiuto nei confronti di chi la pensa diversamente o, semplicemente, proviene da altre parti del mondo e l’ostinazione a camminare “lontano” dalla casa del Padre, che è il suo amore per tutti, e a vivere sciolto da ogni legame con Lui, con il suo amore, come il figlio della parabola raccontata da Gesù nel vangelo di Luca (15,11-32).

Per S. Bernardo la nascita di Gesù dice anche che questa ricerca dell’uomo da parte di Dio conferisce all’uomo “grande dignità”, lo rende apprezzabile, una ricerca che non è mai venuta meno né ha conosciuto momenti di stanchezza, che continua ancora oggi, perché quella creatura che Lui desidera e vuole amare come figlio non si perda, non continui a restare lontano dalla casa del suo amore, ma torni a sentire nostalgia per quella casa e decida di ritornarvi.

Se a Natale riconosciamo questo, abbiamo la possibilità di osare una speranza che non resta prigioniera di quell’ “almeno a Natale” che dura lo spazio di un giorno e di pochi altri giorni, perché la venuta nel mondo del Figlio di Dio non si consuma nello spazio di un giorno, ma si distende nel tempo e perché, grazie a questa presenza, possiamo realmente far fronte al male, tenerlo lontano dal nostro cuore e non assecondarlo con le nostre mani.

L’augurio che rivolgo alle persone che abitano nel territorio della nostra Diocesi è che quanto rende “buono” il Natale dimori stabilmente nel nostro cuore e muova le nostre azioni, anche quando il 25 di Dicembre si allontanerà nel calendario e i segni della festa saranno rimossi.

+ Franco