III domenica di Avvento (13 dicembre 2020)

Tra le domeniche di Avvento solo a questa, la terza, è abbinato un “titolo”, la “domenica della gioia”. L’abbinamento è suggerito dal frequente riferimento, nei testi della liturgia, alla gioia.

L’anonima persona, di cui parla Isaia nella prima lettura (Is 61,1-2.10-11), dal Signore «mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore», dichiara la propria gioia piena («gioisco pienamente… la mia anima esulta»). A renderlo felice è il Signore, al quale si sente legato (“nel Signore”) e che si prende generosamente cura di lui (cfr le suggestive immagini che attestano la qualità della cura di Dio: “le vesti della salvezza”, “il mantello della giustizia”, il “diadema dello sposo”, i “gioielli della sposa”, i “germogli della terra” e i “semi del giardino”).

Come salmo responsoriale la liturgia di questa domenica propone il Magnificat, dove Maria di Nazareth dà voce alla propria gioia, perché il Signore ha “guardato” proprio lei che si sente così piccola e “ha fatto per lei grandi cose”.

L’apostolo Paolo, nella seconda lettura, rivolge ai cristiani di Tessalonica (1Ts 5,16-24) una serie di esortazioni (ben 8), nelle quali, al primo posto troviamo l’esortazione alla gioia (“siate sempre lieti”). L’avverbio di tempo “sempre” abbinato all’aggettivo “lieti”, fa ritenere la gioia, a cui invita l’Apostolo, una costante disposizione dell’esistenza cristiana, che non è “esistenza per la morte”, esistenza nell’angoscia, ma esistenza per la vita piena, già avviata in noi. Niente, nemmeno gli affanni, può diventare una giustificazione contro la gioia («Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione», confida l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto, in 2Cor 7,4). Questa gioia “pervasiva” è incompatibile, quindi, con l’abbattimento, l’avvilimento, il cattivo umore, l’atteggiamento scontroso e chiuso, la malinconia.

Le successive esortazioni («pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie… non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male… tutta la vostra persona… si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo»), garantiscono la possibilità di “essere sempre lieti”.

Le esortazioni dell’Apostolo propongono l’immagine di un’esistenza sicura di sé, sempre positiva, impermeabile alle situazioni negative, problematiche, di sofferenza, che spesso spengono la gioia nel cuore, rendono faticosa la preghiera e impraticabile il rendimento di grazie.

Di fronte al tono di queste esortazioni sorge una domanda: quello che Paolo chiede è praticabile? Non rappresenta forse ciò che tutti desideriamo e al quale tendiamo, sapendo però che non sarà così?

E’ lo stesso Apostolo è rassicurarci sulla praticabilità di quanto sollecitato da lui («Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo»). Dio opera a nostro favore e la sua azione incide in profondità (”vi santifichi totalmente”), è costante (“fedele è colui che vi chiama”) ed efficace (“farà questo!”).

Ciò che conferisce serenità alla nostra esistenza e la apre con fiducia a Dio, quindi, è sapere che siamo oggetto della sua cura: Dio opera perché tutto quello che capita nella vita dei suoi figli “concorra” al loro bene (cfr Rm 8,28-30)..

La stessa orazione iniziale (Colletta) va nella direzione di Paolo, perché riferisce di un Dio che “chiama tutti gli uomini a condividere la pace e la gioia del suo regno”. L’invito che Dio ci rivolge – la sua chiamata – è a prendere parte con Lui (“condividere”) la sua pace e la sua gioia, la pace e la gioia che Lui prova, esperimenta. Ora, quando Dio chiama, invita, non lascia mai sola la persona, ma la accompagna (“non temere, sono con te”) perché giunga là dove è invitata; non lascia mai a metà o incompiuto ciò che ha avviato.

Anche l’Avvento di quest’anno, dove abbiamo tanti motivi per non gioire, può diventare tempo propizio per esperimentare la gioia, che si alimenta in tante situazioni, nella serenità delle relazioni, nel buon umore, nello sguardo sereno sulle persone e sugli accadimenti della vita. Questa gioia sarà possibile se riconosceremo che anche nel tempo della pandemia il Signore “ci avvolge col mantello della sua giustizia”, se non riterremo inutile la preghiera fiduciosa, se con i nostri reiterati lamenti “non spegneremo lo Spirito”, se non smetteremo di “vagliare ogni cosa per trattenere ciò che è buono”, se manterremo l’impegno ad “astenerci da ogni specie di male”.