Il Battesimo: un dono ricevuto per la nostra felicità Lettera del Vescovo Giuseppe Orlandoni sulla fede in occasione della visita e benedizione delle famiglie (Pasqua 2014)

Senigallia, Natale 2013

Il Battesimo: un dono ricevuto per la nostra felicità

Care sorelle e cari fratelli che vivete nella nostra diocesi, anche quest’anno mi permetto di fare capolino nelle vostre case grazie e questa lettera che i sacerdoti vi portano durante la benedizione pasquale.

Una fede bella che parli alla vita
Vorrei continuare con voi la riflessione iniziata lo scorso anno sulla fede e fare un passo in avanti facendo alcune considerazioni sul dono del sacramento del battesimo. Perché è un dono che – in genere – tutti abbiamo ricevuto, fa parte della nostra vita, dice il nostro essere cristiani, ma a volte rischia di non essere proprio nulla, perché rimane solo un fatto del passato, senza nessuna conseguenza per la nostra vita.
Perché è di questo che abbiamo bisogno: di una fede bella che parli alla nostra vita. I vescovi italiani l’anno definita “la vita buona del Vangelo”, mentre a volte si è segnati da un rapporto negativo con la fede, perché sembra essere nemica dell’uomo, della sua libertà, della sua realizzazione. Invece ogni aspetto del Vangelo è una parola buona per la vita, perché Dio ci raggiunge dentro la nostra storia e la rende nuova, perché è un Dio che ci ama sempre, con un amore che non dobbiamo meritare ma solo accogliere. E’ un Dio che non si fa servire, ma che ci serve mettendosi in ginocchio a lavarci i piedi. E’ un Dio che perdona sempre, che va a cercare i peccatori e quando li trova non li punisce, ma li perdona perché possano vivere bene. E’ un Dio che è amore e con l’amore vince la morte.

Cosa è per me il battesimo?
Se dunque Dio è fatto così come ce lo ha fatto conoscere Gesù, mi domando: cosa è per me il battesimo visto che è stato il primo passo per conoscere e sperimentare Dio, la porta d’ingresso della vita spirituale? Dobbiamo dire che in genere il battesimo non è un ricordo personale, perché l’abbiamo ricevuto quando non eravamo in grado di intendere e di volere. Non è un ricordo preciso della nostra vita, che possiamo focalizzare, ma resta avvolto nella nebbia della primissima infanzia. E’ un evento del pas­sato, di cui non abbiamo coscienza diretta. Nasce allora l’interrogativo: come il batte­simo può essere il sacramento-base, l’origine di tutto, l’inizio della vita cri­stiana, l’evento su cui tutti gli altri sacramenti si fondano? Come può esserlo se neppure lo ricor­diamo con memoria precisa e personale? E come posso sperimentare oggi il mio battesimo?
Tra le tante, metto in evidenza tre situazioni nelle quali facciamo o possiamo fare l’esperienza del battesimo oggi e sperimentare la vita nuova che ne deriva.

Come vivere i frutti del battesimo
La prima situazione è semplicissima: ogni volta che dico a Dio: “Padre”, che lo chiamo “Padre” – in concreto ogni volta che re­cito il “Padre nostro” -, e lo dico con il cuore, con coscienza, sperimento il mio battesimo, l’essere figlio amato dal Padre; sperimento che Dio mi ama, mi chiama per nome, mi fa suo figlio con amore infinito. È questo il mio battesimo: Dio che mi ha fatto suo figlio e quan­do invoco Dio come “Padre” attualizzo, profes­so, vivo il mio battesimo.
La seconda situazione può essere descritta così: ogni volta che trovo la forza di seppelli­re il mio passato e di guardare avanti, attualizzo il mio battesimo. C’è un testo molto bello di fratel Roger Schutz, fondatore della comunità di Taizè, che esprime molto bene questa realtà. Egli scrive: “Mi chiedi talvolta dove sia la sorgente, dove sia la gioia della speranza. Ti ri­sponderò: tutto il tuo passato, perfino l’istan­te appena trascorso, è già sepolto, sommerso con Cristo nell’acqua del tuo battesimo. Non volgere lo sguardo indietro; in ciò consiste una parte della libertà del cristiano, che è la libertà di correre avanti. Rinuncia a guardare indietro. Se la tua immaginazione ti presenta l’immagi­ne distruttrice del passato, sappi che Dio non ne tiene più conto, e questo anzitutto in grazia del battesimo e poi in grazia del sacramento della penitenza, che rinnova in noi la prima gra­zia di purificazione”.
La terza situazione la fotografa san Paolo nella Prima lettera ai Corinzi: “Siamo stati battezzati in un solo Spirito per for­mare un solo corpo” (12,13). Quando viviamo la comunione nella Chiesa, la solidarietà con gli altri, noi proclamiamo il battesimo, confessiamo la sua forza aggregante, che fa di tutti i cristiani un solo corpo con Gesù.
Si può dire che ogni volta che scegliamo secondo Gesù Cri­sto nelle realtà quotidiane è nella forza del nostro battesimo: in ogni scelta etica, morale, libera, se­ria, secondo Gesù Cristo, viviamo e attualizziamo il nostro battesimo.
Dunque il battesimo non è un certificato morto, ma è l’essere amati adesso dal Padre, l’essere fatti a immagine del suo Figlio Gesù, l’essere capaci di operare scelte secondo il vangelo, è sorgente di vita per oggi, per domani e per sempre.

Perché battezzare una bambina o un bambino?
La realtà del battesimo e della vita cristiana è stata descritta dal Sinodo che la nostra chiesa diocesana ha vissuto in questi anni. “La richiesta del Battesimo per un figlio rappresenta, talvolta, il primo contatto con la comunità parrocchiale; va curata in modo particolare l’accoglienza e la conoscenza della coppia, mostrando il volto di una comunità accogliente, aperta, disponibile e gioiosa.
I padrini, accanto ai genitori, sono espressione della comunità ecclesiale, che si prende cura della fede dei nuovi battezzati. Se i genitori del bambino sono persone di fede, la loro presenza non è indispensabile, anche se raccomandata; il loro servizio è necessario se i genitori, per vari motivi, non sono nelle condizioni di poter educare il battezzato alla fede cattolica.
Il tempo dell’attesa di un figlio è particolarmente favorevole alla riflessione spirituale della coppia, per l’esperienza concreta del mistero della vita in atto, frutto dell’amore di Dio e della cooperazione dell’uomo” (Libro del Sinodo, n. 257).

Non voglio adesso fare una trattazione sistematica del perché è bello battezzare un figlio, ma vorrei donarvi alcune suggestioni, perché il battesimo è una grande opportunità, visto che può cambiare la nostra vita, non solo perché in famiglia c’è una persona in più, ma perché possiamo riscoprire in modo nuovo le parole e la presenza di Gesù attraverso la comunità dei cristiani.
Il battesimo è infatti l’inizio della vita cristiana e battezzare un figlio significa dichiarare di essere cristiani, di voler seguire Gesù, accoglierlo nella nostra vita come il Maestro, il Salvatore, il Figlio di Dio. In un certo senso è passare una porta che ci permette di entrare in un luogo dove si vive il Vangelo e cioè la nostra stessa casa. Il battesimo è poi il fondamento della vita cristiana, perché battezzare un figlio significa accogliere il dono della vita proposta da Gesù. Egli ce ne fa dono, sostenendoci ogni giorno perché possiamo vivere liberi da ogni egoismo, violenza, ipocrisia. E’ una vita di relazione che si concretizza con Dio Padre nella preghiera, con gli altri nell’amore, con il mondo intero con l’armonia gioiosa. I cristiani, seguendo Gesù, sono liberi da ogni condizionamento, fino a superare anche la morte grazie alla risurrezione di Gesù.
Il battesimo apre infine la porta della comunità cristiana, perché si celebra in parrocchia e indica che noi apparteniamo a quella chiesa concreta fatta da volti concreti che cercano di vivere come Gesù.

Accompagnare nella fede i più piccoli
C’è un passo del Catechismo per i più piccoli “Lasciate che i bambini vengano a me” che dice così: “I genitori, per il posto che occupano accanto ai figli, che hanno chiamato alla vita per il tempo e per l’eternità, sono i diretti responsabili della scelta di battezzare o non battezzare. La comunità cristiana condivide con loro la responsabilità di questa scelta e li accompagna ad educarli cristianamente. Negli incontri prima e dopo il battesimo si svolge un vero e proprio itinerario di fede, commisurato alle esigenze delle singole famiglie. L’itinerario di fede aiuta a superare incertezze e motivazioni superficiali per comprendere che il battesimo è un dono di vita da coltivare per vivere meglio” (n. 72).
Battezzare una figlia o un figlio significa compiere un gesto di fede e intrecciare il nostro amore con l’amore di Dio. Nel battesimo accadono molte cose: ringraziamo il Padre per averci dato un figlio; esprimiamo la nostra fede in Gesù, presente nella nostra vita; trasmettiamo la vita cristiana con le parole e le esperienze che viviamo in famiglia. Affidiamo nostro figlio a Gesù, il Salvatore, affinché lo accompagni, e lo affidiamo alla comunità cristiana che ci aiuterà anche dopo il battesimo a curarlo, educarlo, compiere i primi passi nella vita cristiana. Questo è il battesimo e solo per questo occorre celebrarlo, perché per i propri figli occorre una vita sana e bella, ma anche la vita che viene da Dio amore.

Insieme, nella comunità
Si esprime così il Libro del Sinodo: “La comunità cristiana è feconda quando trasmette ciò che ha ricevuto, genera alla fede coloro che accolgono l’annuncio ed aiuta a rispondere all’iniziativa di Dio che ama per primo. Educare alla fede esige il testimoniarla e creare le condizioni affinché la persona, qualunque sia la sua età, possa fare esperienza nella sua vita dell’amore divino, sentirsi cioè cercata, chiamata, accolta da Dio; in questo modo sarà accompagnata a fidarsi di Lui, della Sua Parola, della Sua proposta. La scoperta del mistero divino e dell’amore di Gesù avviene, non tanto attraverso l’acquisizione di nozioni religiose, quanto nell’imparare a riconoscere e cogliere la chiamata di Dio nell’esperienza della vita quotidiana.
Nelle nostre comunità la catechesi è considerata una attività quasi esclusiva dei fanciulli. Occorre invece sottolineare che gli adulti sono in senso pieno i destinatari del messaggio cristiano; anche a loro va rivolta continuamente una proposta di catechesi, così che essi possano conoscere meglio la ricchezza della fede, che a volte è rimasta implicita o non approfondita. Essi, poi, sono gli educatori e i catechisti delle nuove generazioni cristiane e in questo tempo la Chiesa può dare ragione della sua speranza in proporzione alla maturità di fede degli adulti” (Libro del Sinodo, n. 249).

Un invito
Vorrei concludere questa mia lettera con un invito: cerchiamo la data del nostro battesimo, se per caso non la sappiamo, e facciamo un piccolo pellegrinaggio al fonte battesimale nel quale siamo stati battezzati. Possiamo farlo da soli o, meglio, insieme ai nostri cari, per ritrovare ogni anno le radici della nostra fede e ripartire con slancio. Magari possiamo utilizzare questa piccola preghiera:

O Signore, quando sono stato battezzato ero un bambino inconsapevole.
Ora però so la grandezza del dono che mi hai fatto:
mi hai innestato in Cristo tuo Figlio
immergendomi nella sua morte e risurrezione
e sono rinato tuo figlio.
Mi hai inserito nella tua Chiesa, comunità di salvezza,
come un membro attivo e responsabile,
mi hai dato un futuro e una speranza nella fede e nell’amore.
Grazie, Signore!
Aiutami, ti prego, a essere coerente al mio battesimo
vivendo una vita d’amore per te e per i fratelli sull’esempio di Gesù.
Amen.

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