- Il principio ispiratore di ogni azione del cristiano
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).
Il cristiano è sollecitato ad agire, a compiere “opere buone”, non per “farsi pubblicità” né per una gratificazione personale, ma per “fare pubblicità” a un altro, per promuovere la figura di un altro, la figura di un Dio che, proprio grazie alle “opere buone” compiute dai discepoli di Gesù, può essere riconosciuto come un Padre affidabile.
- Quali sono le “opere buone” che parlano di Dio, che suscitano ammirazione e fiducia nei suoi confronti?
Cfr il riferimento all’azione di Gesù in Lc 5,17-26. L’evangelista, dopo aver raccontato della guarigione di un paralitico, annota: «Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”».
Perché la gente guardando alle azioni di Gesù “dà gloria a Dio”? Perché Gesù non agisce per iniziativa propria, in autonomia, ma in ascolto del Padre, su mandato del Padre (Gv 5,19: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo»; 8,28: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato»). Gesù non è un “battitore libero” della carità.
Cfr testi che dopo aver descritto la vita della comunità di Gerusalemme, il clima di comunione e di solidarietà tra le persone di quella comunità (At 2,42-47; 4,32-35; 5,12-16), segnalano e l’apprezzamento della gente.
Una conclusione: le “opere buone” che parlano di Dio, che lo rivelano come Padre che ha a cuore la vita delle persone, sono quelle ispirate da un amore (carità) che crea legami buoni, comunione e che si fa carico delle difficoltà, dei bisogni delle persone, in particolare dei più poveri.
- Le ricadute sull’azione degli operatori della Caritas
- La consapevolezza di non agire per iniziativa propria, in autonomia, ma di essere “mandati”.
«la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo; non porta se stessa – se piccola, se grande, se forte, se debole, la Chiesa porta Gesù… deve portare la carità di Gesù» (Papa Francesco).
La Caritas porta l’amore di Gesù operando a favore di chi è ferito dalla vita, giace ai margini della strada (cfr Lc 10,29-37, la parabola del buon Samaritano).
Lo porta per sollecitazione di Gesù e mandato della Chiesa (cfr At 6,1-7, l’elezione dei Diaconi).
- L’assunzione di uno stile. Portare l’amore di Gesù non è solo compiere opere di aiuto, di assistenza, di soccorso, ma anche compierle secondo lo stile di Gesù, accostare le persone come le accostava Lui.
- La cura della relazione con Gesù (stare con lui, perché la nostra azione caritativa porti il suo amore, parli di un Dio che è Padre), con la Chiesa (quella diocesana, le comunità parrocchiali) e delle relazioni con le persone, del modo con cui ci rapportiamo a chi ha bisogno di un aiuto (cfr Fil 1,9-10: «E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio…»): l’amore, parametro fondamentale che consente di conoscere la sofferenza delle persone e d’individuare [discernere] le modalità più adeguate per soccorrerle.