La parola di Dio di questa domenica ci presenta situazioni concrete e, per certi versi, attuali, in cui si trovano anche le nostre comunità cristiane.
Le guerre e le liti nella comunità di Giacomo, l’incomprensione delle parole di Gesù da parte dei discepoli, la discussione tra di loro e il loro silenzio imbarazzato di fronte alla domanda di Gesù.
L’apostolo Giacomo aiuta la sua comunità a comprendere l’origine delle guerre e delle liti che creano tanto disagio («da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?»).
Giacomo individua nella gelosia, nell’inclinazione al litigio (“dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattiva azione”) e nelle passioni l’origine scatenante delle guerre e delle liti. Quali sono queste passioni? Giacomo ne indica due: il desiderio di possedere e l’invidia (parente stretta della gelosia).
Quando il desiderio di possedere non è governato, è lasciato libero di guidare i nostri comportamenti, di ispirare le nostre scelte, l’esito è la rottura di ogni relazione con gli altri, una rottura che trova nell’omicidio l’espressione più violenta (“uccidete”).
Anche l’invidia (il fastidio, che spesso diventa risentimento, per quello che gli altri hanno, sanno fare ed io non ho e non so fare) quando non è tenuta sotto controllo, può scatenare guerre, le guerre dei pettegolezzi, dei giudizi malevoli, delle gelosie.
Lasciamoci interrogare dalla parola di Dio: quali passioni in questo momento della mia vita abitano il mio cuore, muovono i miei comportamenti? Se sto vivendo delle tensioni, dei disagi nei rapporti, quale è la loro origine?
L’apostolo non si limita alla denuncia, ma indica anche come uscire da questa situazione negativa, individuando nella “sapienza che viene dall’alto” l’antidoto alle passioni, alla gelosia, all’invidia.
Che cosa è questa sapienza che viene dall’alto, da altrove?
È il vangelo a indicarci nelle parole di Gesù la sapienza che viene dall’alto. Ai discepoli imbarazzati di fronte alla sua domanda («Di che cosa stavate discutendo lungo la strada?») Gesù chiarisce chi per lui è veramente una persona grande, non chi si serve degli altri, ma chi si mette al servizio degli altri, in particolare di chi ha più bisogno di attenzioni, di cure, come un bambino.
Gesù può dire questo perché lui per primo si mette a servizio delle persone, un servizio che arriva fino a dare la propria vita, come aveva annunciato poco prima.
La scelta di Gesù di offrire la propria vita, le sue parole sul servizio che fa grande una persona, rappresentano quella sapienza che viene dall’alto, quel modo di vedere le cose, di trattare le persone, quello stile di vita, che da i frutti buoni di relazioni serene, al riparo dell’invidia, della gelosia, tra le persone, in una comunità.
Questa è la richiesta che abbiamo fatto a Dio, Padre di tutti, prima di metterci in ascolto della sua parola: «donaci la sapienza che viene dall’alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve».
E’ una preziosa coincidenza che questa parola di Dio sia stata proclamata nell’Eucaristia che rappresenta l’inizio del ministero nell’unità pastorale delle parrocchie di Castelleone di Suasa e di Corinaldo, di don Giuseppe Bartera, come parroco, di don Andrea Baldoni, di don Fabrizio Spingardi e di don Marco Mazzarini, come vice parroci. L’augurio, accompagnato dalla preghiera è che il loro ministero si lasci guidare sempre di più da questa sapienza che viene dall’alto, quella del servizio sull’esempio di Gesù, il pastore buone che dà la propria vita per le pecore.
Permettetemi un secondo augurio, anche questo accompagnato dalla preghiera, che il clima nelle comunità di Castelleone e di Corinaldo e il clima dell’unità pastorale, non sia quello della gelosia e del litigio, ma quello della stima, delle relazioni cordiali e della collaborazione. Nella consapevolezza che non solo la grandezza di una persona, ma anche la grandezza di una comunità cristiana, sta proprio nel servizio sull’esempio di Gesù.