Intervento al Convegno Reginale su “La comunità cristiana e le politiche sociali” (9 Novembre 2002)

Ancona, 9 novembre 2002

1. La Chiesa italiana, durante il Convegno ecclesiale di Palermo tenutosi nel 1996, ha maturato con particolare determinazione la volontà di “star dentro la storia con amore”. E’ da questa coscienza che sgorga l’impegno dei cristiani ad adoperarsi per venire incontro ai bisogni di quanti si trovano in situazione di difficoltà e di emarginazione nella nostra società.
Occorre peraltro precisare e approfondire la motivazione che spinge la Chiesa e perciò la comunità cristiana ad impegnarsi sul piano sociale e caritativo.
La Chiesa è stata istituita dal suo Fondatore perché continuasse nel tempo la sua stessa missione. Una bella definizione di Chiesa è quella che è stata data da S.Caterina da Siena: “la Chiesa è il prolungamento di Cristo nella storia”. Si comprende allora che la missione fondamentale della Chiesa è l’evangelizzazione. Dall’autocoscienza di Paolo di Tarso – Guai a me se non predicassi il Vangelo! (1 Cor 9,16) – fino alle prospettive aperte dalla Lettera Apostolica Novo millennio ineunte di Giovanni Paolo II all’inizio del terzo millennio e al documento dei Vescovi italiani Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia circa gli orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000 corre un filo storico interrotto. La Chiesa esiste esattamente per questo: per evangelizzare e cioè per annunciare la buona notizia che Dio ci ama e Gesù Cristo – Figlio di Dio e rivelatore del Padre, crocifisso e risuscitato, è il nostro salvatore.
Da questa missione, essenzialmente religiosa, deriva per la Chiesa la necessità di testimoniare nel mondo l’amore, la benevolenza, la misericordia del Padre verso tutti gli uomini, specialmente verso i più bisognosi.
In quanto prolungamento di Cristo nella storia, la Chiesa è chiamata ad imitare l’atteggiamento di Gesù, che è passato per le strade della Palestina “beneficando e sanando quanti erano sotto il potere del diavolo” (At 10,38). Gesù di Nazareth, il figlio di Dio e di Maria, è il vero “buon samaritano della storia” e la Chiesa non può fare a meno di imitarlo.
La Chiesa dunque si impegna nelle opere sociali e caritative per rendere credibile il messaggio che annuncia. La carità, l’aiuto, l’assistenza ai bisognosi è il grande segno che induce a credere al vangelo. Il servizio reso a chi si trova in difficoltà ed è costretto a vivere ai margini della società, è la via privilegiata attraverso cui passa l’evangelizzazione.
Da queste considerazioni si comprende allora che la Chiesa non è semplicemente un’agenzia umanitaria; non è una istituzione investita di un compito prettamente filantropico, non è una specie di “Croce rossa” della storia. Il suo compito essenziale non consiste nel sostenere “servizi sociali”, quasi a dover fare da garanzia di fronte all’inefficienza dello stato sociale. La sua missione è l’evangelizzazione, che però di sua natura comprende anche l’esercizio della carità. L’assistenza che essa è in grado di offrire si comprende solo dentro il contesto della missione evangelizzante.

2. In questa luce vanno letti gli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano all’inizio del terzo millennio: “Tutti i cristiani… sono chiamati a farsi prossimi agli uomini e alle donne che vivono situazioni di frontiera: i malati e i sofferenti, i poveri, gli immigrati, le tante persone che faticano a trovare ragioni per vivere e sono sull’orlo della disperazione, le famiglie in crisi e in difficoltà materiale e spirituale. Il cristiano, sull’esempio di Gesù, ‘buon samaritano’, non si domanda chi è il suo prossimo, ma si fa egli stesso prossimo all’altro, entrando in un rapporto realmente fraterno con lui (cf Lc 10,29-37), riconoscendo e amando in lui il volto di Cristo, che ha voluto identificarsi con i ‘fratelli più piccoli’.
Giovanni Paolo II ricorda che la pagina del giudizio in cui Cristo chiama ‘benedetti’ quelli che si sono fatti prossimi a lui nei piccoli (cf Mt 25,31-46) non riguarda solo l’etica, ma è innanzitutto ‘una pagina di cristologia che proietta un fascio di luce sul mistero di Cristo’. Ai credenti è chiesto di prendere a cuore tutte queste forme, nuove e antiche, di povertà e ad inventare nuove forme di solidarietà e di condivisione: ‘è l’ora di una nuova fantasia della carità’ (CVMC 62).
All’inizio del terzo millennio i Vescovi italiani confermano la validità delle scelte compiute nel decennio precedente e incentrate su Evangelizzazione e testimonianza della carità. In particolare ribadiscono che ogni attività evangelizzatrice è per sua natura indirizzata verso una concreta testimonianza della carità e che in ogni azione di carità va resa evidente la sua identità profonda di rivelazione dell’amore stesso di Dio (ibidem).

3. Nel suo impegno per rendere visibile l’amore di Dio per gli uomini la Chiesa è chiamata a rivolgere un’attenzione particolare, privilegiata, preferenziale verso i poveri. L’opera educativa della Chiesa ha anche come obiettivo la promozione di una solidarietà di base, che impegna tutti i credenti ad essere solidali con ogni uomo, in particolare con quelli che versano in stato di disagio.
La scelta preferenziale dei poveri non è per la Chiesa e per i cristiani una scelta facoltativa: è un dovere inderogabile che promana dall’esempio di Cristo ed è un’esigenza del vangelo di carità.
Quando parliamo di ‘poveri’ usiamo questo termine nella sua accezione più ampia, includendo sia le antiche che le nuove povertà. Tra le antiche povertà, intese in senso propriamente economico, si annoverano le persone e le famiglie che hanno un reddito minimo, insufficiente a soddisfare i fondamentali bisogni, i disoccupati, coloro che sono senza casa, i nomadi, i vagabondi e gli zingari…
Nel nostro territorio si incontrano anche “nuove” povertà. Si tratta di carenze e bisogni di tipo umano e interpersonale, che producono solitudine, sfruttamento, schiavitù, emarginazione. Pensiamo all’isolamento affettivo e fisico degli anziani, delle persone portatrici di handicaps fisici o psichici, dei tossicodipendenti abbandonati a se stessi, dei minori in situazione di disagio, dei detenuti od ex detenuti, degli immigrati stranieri in posizione giuridica irregolare. Pensiamo alle donne che attraverso la tratta sono rese schiave della prostituzione, ai minori che subiscono abusi e violenza, a tutti coloro che non trovano cittadinanza nelle nostre comunità.
La Chiesa sente il dovere di promuovere e sostenere una formazione specifica per i credenti che, a vario titolo, operano nella società civile e nelle istituzioni pubbliche, perché possano tradurre il messaggio cristiano nella costruzione del bene comune, sostenuti da una continua tensione morale.
Allo stesso tempo la Chiesa incoraggia e stimola alcune specifiche scelte di servizio, quali il volontariato, il servizio civile, la famiglia aperta e solidale.
Si intende incoraggiare e valorizzare il volontariato non solo per i servizi effettivi che svolge o per i risultati che consegue, ma anche per i valori che introduce nella comunità: spirito di servizio, gratuità, solidarietà, condivisione. La Chiesa si preoccupa che il volontariato corrisponda ad una più profonda scelta di vita, per evitare i rischi dell’assistenzialismo, del pressapochismo, della strumentalizzazione. Per questo insiste sulla necessità della formazione, in particolare della formazione permanente.
Anche il servizio civile viene incoraggiato come servizio al Paese, servizio accanto alle persone più deboli ed emarginate, servizio che offre un significativo contributo a realizzare i valori della non violenza e della pace.
Si vuole inoltre sostenere e promuovere la famiglia aperta e solidale nella consapevolezza che questa istituzione, basata sul matrimonio e riconosciuta cellula fondamentale della società dalla stessa Costituzione, è il luogo privilegiato di accoglienza, educazione, condivisione, solidarietà: è il luogo dove l’individuo diventa persona, ognuno si sente amato per quello che è e non per quello che fa.

4. Nel rapporto con lo Stato, con gli enti pubblici e con gli altri soggetti, persone singole o comunità più piccole, la dottrina sociale della Chiesa ritiene di fondamentale importanza il principio di sussidiarietà.
Questo principio tende a stabilire un ordine di competenze nella partecipazione responsabile delle persone, delle comunità, delle istituzioni alla vita sociale; è un principio che riconosce la priorità delle persone rispetto alle formazioni sociali e la precedenza della società rispetto allo Stato.
Lo Stato è chiamato a creare le condizioni favorevoli per la partecipazione dei vari soggetti al bene comune. Una società di ordine superiore non deve privare una società di ordine inferiore delle sue competenze e capacità creative, ma piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali in vista del bene comune.
Il principio in parola prevede da una parte la piena responsabilizzazione dei cittadini nella costruzione della società e dall’altra una funzione di coordinamento da parte dello Stato e del potere politico affinchè le azioni dei cittadini siano orientate al bene comune.
La sussidiarietà, se presa sul serio, richiede all’autorità pubblica un impegno per modificare la propria funzione: essa deve passare da una funzione di gestore dei servizi a quella di promotrice di servizi, sviluppando e stimolando l’iniziativa dei singoli e dei corpi intermedi, senza rinunciare allo stesso tempo al proprio compito di coordinatore delle esperienze e garante del bene comune.

5. In questa luce vorrei sottolineare l’importanza che hanno per l’edificazione della città dell’uomo i servizi e le iniziative promossi dalla Chiesa. Non si tratta di mera supplenza di provvisorie carenze dello Stato né tanto meno di concorrenza nei suoi confronti, ma di espressione originale e creativa della fecondità dell’amore
cristiano (cf Giovanni Paolo II, Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini, 1985)
Il clima valoriale dal quale fioriscono le opere e i servizi di carità della Chiesa è alimentato da una doppia convinzione, che riguarda la propria appartenenza al mondo e la coscienza di avere un contributo specifico da offrire allo sviluppo della società civile.
I cristiani appartengono al mondo per natura e a pieno titolo come membri dell’umanità e come seguaci di Cristo, Dio fatto uomo nell’incarnazione.
In quanto al contributo specifico che la Chiesa è chiamata ad offrire al mondo nelle sue opere sociali può essere applicato, per analogia, quanto si dice più in generale della presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo. La cristianità oggi è “minoranza”: per svolgere la funzione di lievito della massa, essa deve potenziare la sua significanza, cioè la qualità della sua presenza.
Le opere di carità dei secoli passati, gli ospizi, gli ospedali per incurabili, quando l’intervento statale era assente o inadeguato costituivano, con il loro stesso esistere, un segno di presenza cristiana e un richiamo al trascendente. Nel nostro tempo, in cui lo Stato si muove nella prospettiva della sicurezza sociale e in cui le risposte a molti bisogni sono entrate nell’arco dei diritti, le opere di carità della Chiesa costituiscono solo una delle tante espressioni del solidarismo sociale.
Tenendo conto delle carenze tuttora esistenti nel sistema dei servizi sociali, la Chiesa sembra chiamata a farsi carico di alcune urgenze:
garantire anzitutto servizi di buona qualità: non basta fare il bene, bisogna farlo bene;
personalizzare al meglio le risposte assistenziali contro il rischio dell’anonimato, della categorizzazione, della burocratizzazione;
rafforzare la dimensione preventiva rispetto a quella terapeutica e riparatoria;
coinvolgere e responsabilizzare attorno alle situazioni di bisogno la popolazione del territorio, superando il costume della delega;
segnalare all’amministrazione pubblica e, in particolare, ai credenti in essa operanti nuove forme emergenti di povertà e denunciare diritti non rispettati;
integrare i propri interventi diretti con un serio impegno politico dei credenti. La Chiesa può esprimersi nel sollecitare nuove risposte e nel suggerire precise priorità, strategie per un superamento delle sperequazioni esistenti, nuovi cammini di giustizia e di solidarietà. La carità oggi è credibile se parte dalla giustizia e sa coniugare le cosiddette “relazioni corte” con l’impegno politico.

Conclusione

In conclusione, come si legge nella celebra Lettera a Diogneto, i cristiani obbediscono alle leggi scritte, ma il loro stile di vita supera le leggi; passano la loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo. La Chiesa, pellegrina sulla terra, si impegna dando il proprio contributo al bene comune nella costruzione della città dell’uomo; ma sa che la sua meta è il Regno di Dio. La tensione verso il Regno non la distoglie dai suoi impegni terreni, ma le dà forza e luce per mettersi al servizio della promozione dell’uomo.

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