Senigallia, 10 settembre 1999
1. Mi è gradito porgere a tutti voi, che partecipate a questo a questo Seminario Nazionale di Studi, il saluto più cordiale e benaugurante mio personale, di questa Chiesa locale che è in Senigallia e della Commissione Regionale Marchigiana per la pastorale sociale e del lavoro che ho l’onore di presiedere.
2. Nel Convegno ecclesiale di Palermo, la Chiesa italiana ha riaffermato l’impegno a “stare nella storia con amore”, contribuendo al rinnovamento della vita sociale e politica del Paese. A questo impegno il vostro Movimento, che si definisce cristiano, giustamente non intende sottrarsi. Esprimo pertanto il più vivo compiacimento per l’iniziativa di questo Seminario di Studi, che si propone di riflettere e dialogare sulle ragioni e sulle vie da percorrere per promuovere lo sviluppo del Paese.
3. I temi che in questa sede vengono trattati stanno certamente a cuore alla Chiesa e sollecitano risposte ispirate ai principi della dottrina sociale cristiana. Come cristiani non possiamo non affermare la centralità della persona. E’ questo il fondamento del pensiero sociale della Chiesa e della prassi dei cristiani nell’impegno sociale e politico. “Principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana”: così proclama il Concilio Vaticano II (GS 25). Nell’ordine della creazione tutto è al servizio dell’uomo e del suo integrale sviluppo. Parimenti l’uomo è al centro dell’opera della redenzione. L’uomo viene prima di ogni altra realtà, compresa quella economica, politica, giuridica. Nel Vangelo è scritto che “il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”(Mc 2,27): le istituzioni hanno il senso e sono legittimate se si pongono al servizio dell’uomo. Questo vale anche per l’economia e per la legge, ormai universalmente dominante e accettata, del mercato. Certamente, la più recente dottrina sociale della Chiesa non rifiuta il mercato, il ruolo sociale dell’impresa privata, il profitto, ma chiede che queste realtà non siano assolutizzate, facendone quasi l’unica ideologia delle società contemporanee: l’insegnamento della Chiesa invoca che tali realtà siano opportunamente regolate perché servano effettivamente al servizio dell’uomo.
Una riflessione e un impegno dei cattolici sui temi dell’economia sembrano avere il carattere della priorità, poiché la qualità della vita, la cultura, l’organizzazione sociale, la giustizia, la democrazia sono realtà strettamente legate all’economia. Attraverso quali strade e politiche si può incidere sull’economia, perché questa sia in qualche modo “umanizzata” e cioè posta effettivamente al servizio dell’uomo?
4. La dottrina sociale della Chiesa, come è noto, non offre soluzioni prefabbricate ai problemi della società, ma indica importanti criteri che sono capaci di guidare e orientare le scelte.
a) Scelta preferenziale dei poveri.
Per i cristiani non si tratta di una scelta opzionale, facoltativa, ma costitutiva della loro identità e missione nel mondo. E’ una scelta evangelica, perché compiuta dallo stesso Signore e Maestro, di cui i cristiani sono i discepoli. E’ questa la discriminante di fondo che dovrebbe caratterizzare tutte le scelte politiche dei cristiani: dare priorità ai più bisognosi, emarginati, deboli.
Un problema grave e preoccupante è certamente quella della disoccupazione. Se è vero che oltre il 30% dei giovani mediamente nel Paese sono disoccupati e che la disoccupazione nel Meridione riguarda metà della popolazione, questo fatto non può essere taciuto, bisogna gridarlo ai quattro venti e sollecitare in tutte le sedi interventi atti a porvi rimedio. Certamente i disoccupati rientrano nella categoria dei “poveri” e i cristiani non possono non impegnarsi per prendere le loro difese e dare voce a chi non ha voce.
Un altro problema è quello dello stato sociale e assistenziale. Se è vero che una riforma del medesimo è ormai indilazionabile, non si può dimenticare che i bisogni dei più disagiati e meno protetti vanno comunque tutelati e soddisfatti.
b) Sussidiarietà.
Deve essere considerato, insieme alla solidarietà, il principio costitutivo dello Stato e dell’organizzazione sociale: né lo Stato né alcuna società devono mai sostituirsi all’iniziativa e alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse possono agire, né distruggere lo spazio necessario alla loro libertà. Scrive Giovanni Paolo II nella Centesimus annus: “Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua zione con quela delle altre componenti sociali, in vista del bene comune”(n.48).
Applicare il principio di sussidiarietà significa prospettare la costruzione di uno Stato che si differenzia sia da quello “minimo” (propugnato dalle concezioni liberal-liberiste), sia da quello assistenziale (che decide paternalisticamente ciò che è bene per i cittadini). Alla luce del principio di sussidiarietà lo Stato interviene a difesa dei più deboli o per favorire parità di condizioni nel gioco di mercato, mentre promuove e incentiva le formazioni sociali intermedie.
Tra queste ultime bisogna ricordare le organizzazioni del cosiddetto “terzo settore”, quelle cioè a base volontaria che svolgono attività senza fini di lucro in diversi campi della vita sociale: da quello socio-assistenziale a quello culturale, da quello sanitario e dell’istruzione, a quello propriamente economico(cooperative di consumo, di produzione, di risparmio). L’economia non può essere pensata soltanto in funzione delle imprese private(libero mercato) e dello Stato: un’economia dal volto umano passa anche attraverso le organizzazioni non profit del “terzo settore” a cui andrebbe riconosciuta la dignità di soggetto economico, considerando la funzione che esso effettivamente svolge (cfr Quale società civile per l’Italia di domani?, Documento preparatorio alla 43^ Settimana Sociale dei Cattolici italiani, Napoli 16-20 novembre 1999).
5. Sono questi alcuni semplici spunti che mi permetto di offrire alla vostra riflessione. Certo è che per percorrere la via dell’autentico sviluppo (“sviluppo integrale” come insegnava Paolo VI: e cioè sviluppo di tutto l’uomo, di ogni uomo, di ogni popolo) c’è bisogno di profezia. Il mio augurio è che il vostro Movimento, anche attraverso le riflessioni di questo Seminario, sappia offrire al Paese quel contributo profetico di cui ha bisogno e che può essere attinto alle fonti della nostra fede cristiana. Buon lavoro!