IV domenica di Pasqua (21 aprile 2024)

La richiesta che come comunità cristiana, radunata per celebrare la Pasqua di Gesù, abbiamo rivolto a Dio, Creatore e Padre (“raduna gli uomini dispersi nell’unità di una sola famiglia”) appare drammaticamente attuale. I fatti raccontati dalle cronache dicono non solo la dispersione degli uomini, ma anche e soprattutto un’opposizione tra gli uomini che alimenta rancore, odio e porta la morte, spesso fin dentro le nostre case, nelle relazioni d’amore più intense.

La nostra preghiera nasce dalla constatazione di questa tragica realtà, ma anche dalla fede in Gesù risorto che si presenta a noi come il Pastore buono (cfr Vangelo, Gv 10,11-8), desideroso di prendersi cura degli uomini, di tutti gli uomini, di quelli che appartengono al “recinto” della fede, dei credenti, ma anche di quelli che “non provengono da questo recinto”, che sono fuori, lontani o, addirittura, ostili.

Il vangelo ci dice che Gesù, per prendersi cura degli uomini, di ognuno di noi, è disposto a dare la propria vita, a differenza di chi è mercenario, al quale sta a cuore unicamente la propria vita.

La cura di Gesù non è circoscritta a pochi, ai più vicini, ma si estende a tutti e ha come destinazione la composizione di un solo gregge. Questa cura “universale” di Gesù ci deve far pensare, soprattutto in questi tempi, dove si delimitano molto, si mettono in sicurezza, i “recinti” delle diverse appartenenze, nazionali, culturali, religiose.

Proprio perché è in grado di risanare l’umanità ferita dalle tante divisioni, Gesù è, come ha annunciato Pietro a Gerusalemme (cfr 1a lettura, At 4,8-12), la “pietra d’angolo”, l’unico capace di assicurare la salvezza all’umanità.

Se limitiamo la nostra attenzione alle cronache, quelle di Gesù potrebbero risultare le parole di un sognatore; se invece le ascoltiamo con fiducia questa parole aprono il nostro cuore alla speranza e alla testimonianza.

Che cosa testimoniare? Che è possibile nel nome di Gesù risanare l’umanità ferita. Una testimonianza la nostra che ci vede impegnati a uscire dai tanti “recinti” dove spesso ci rifugiamo, seguendo l’esempio di Gesù, il pastore buono (bello), che si fa’ carico di tutti, si prende a cuore l’esistenza di ogni persona.