Per comprendere e apprezzare quanto Gesù sostiene nel vangelo di oggi ci poniamo una domanda: per me chi è la persona fortunata, la persona felice? per dirla con le parole di Gesù: chi è per me la persona “beata”? Ce lo chiediamo per verificare se la pensiamo come Gesù.
La parola beati, pronunciata più volte da Gesù, traduce un termine ebraico che letteralmente significa “felicità”, “prosperità”, “auguri a…”, “mi congratulo con te…”. Esprime a un tempo l’elogio fatto a quelle persone che progettano la propria vita in modo sapiente e l’annuncio di una grande felicità che le persone esperimentano quando sono raggiunte dall’azione di Dio. Nel discorso di Gesù la beatitudine è legata all’annuncio del Regno di Dio, della sua presenza a favore degli uomini, che si manifesta nella persona stessa di Gesù e nella sua azione. Dunque Gesù sembra dire: «Mi congratulo con coloro che sono raggiunti dal Regno di Dio, dalla sua azione a loro favore».
Gesù, proclamando queste beatitudini, mi vuol dire, anzitutto, che la presenza amica di Dio nella storia degli uomini rappresenta la più grande fortuna e benedizione per la mia vita. Per cui quelle situazioni che normalmente sono guardate con sospetto, perché ritenute non gratificanti, (quali dipendere da Dio, dai suoi doni, l’essere solidali col prossimo, impegnarsi per la pace e la giustizia, la cura del proprio cuore perché si lasci guidare da un amore gratuito e generoso) o, valutate negativamente perché cariche di sofferenza (quali l’afflizione, la persecuzione), nella nuova situazione creata dalla presenza della signoria regale di Dio, che con Gesù si prende cura degli uomini, possono diventare luoghi di un’esperienza di felicità e di pace. Gesù mi presenta una nuova realtà, a partire dalla quale posso guardare in modo nuovo la mia vita, con tutte le sue situazioni, anche quelle più controverse e dolorose (cfr Rm 8,31.25-39).
Anche il profeta Sofonia (cfr I lettura, Sof 2,3; 3,12-13) e l’apostolo Paolo (II lettura 1Cor 1,26-31) si muovono sulla linea di Gesù.
Il primo invita “i poveri della terra” a cercare il Signore, perché sarà loro offerta la possibilità di “pascolare e riposare senza che alcuno li molesti”. Il secondo fa sapere che Dio preferisce le persone che non posseggono alcuna sapienza che accrediti loro la stima dei sapienti di questo mondo, le persone che sono ritenute deboli perché non esibiscono alcuna potenza, a differenza di quelli che fanno sfoggio della propria potenza, le persone che, proprio perché non hanno titoli di nobiltà da far valere, sono disprezzate.
Infine Gesù con le sue parole mi indica i comportamenti che predispongono alla beatitudine, il cammino che conduce alla beatitudine. Io sono “beato”, “fortunato” quando riconosco la mia “povertà”, cioè quando non dico: voglio essere padrone di me stesso, non voglio dipendere da nessuno, neppure da Dio; quando sono “mite”, cioè lascio spazio agli altri, li accetto, non voglio sovrastarli, imporre i miei interessi a loro danno; quando sono “misericordioso”, cioè non resto indifferente di fronte a un bisogno altrui, sono disposto a perdonare chi mi ha ferito o ha commesso qualche torto verso di me, so conservare un cuore buono verso di lui; quando ho un “cuore puro”, perché orientato alla volontà di Dio; quando sono un “operatore di pace e di giustizia” negli ambienti e con le persone con cui vivo.